Arrivano anche in Italia gli orfani sudvietnamiti di Liliana Madeo

Arrivano anche in Italia gli orfani sudvietnamiti Possibile adottare i piccoli profughi indocinesi Arrivano anche in Italia gli orfani sudvietnamiti Un gruppo di suore francesi a Roma si occupa dell'adozione - La spesa si aggira sulle 250 mila lire più il viaggio - Pratiche rapide - Nel nostro Paese ne sono arrivati sei Roma, 9 aprile. «Chiunque fosse interessato ad adottare orfani vietnamiti si rivolga a: Cerasoli 4268»; il cartello è attaccato con lo scotch sui vetri della porta del bar dell'aeroporto intercontinentale di Fiumicino; le lettere sono scritte alla meglio con un pennarello; la signora Giusi Cerasoli di cui si fa il nome è una sindacalista della Cisl, impiegata alla compagnia aerea americana Twa. Con questo cartello è venuto fuori un altro aspetto della tragedia vietnamita in cui anche il nostro Paese è implicato: l'episodio dei piccoli asiatici « esportati » presso famiglie occidentali. Il « giro » quindi non passa solo attraverso gli Stati Uniti (verso i quali sono diretti voli charter di bambini «presumibilmente» orfani), l'Inghilterra (dove il ministro degli Interni ha promosso un'inchiesta sull'importazione di bambini dal Vietnam del Sud: alcuni di essi non sarebbero orfani e avrebbero invece genitori che sono rimasti all'oscuro della sorte dei loro figli), la Francia (dove il ministro degli Esteri è intervenuto con una circolare per disciplinare e chiarire la procedure dell'adozione). Anche in Italia — adesso lo sappiamo — c'è un'organizzazione che procura un bambino asiatico da adottare in modo rapido e a prezzo modico. Sono le suore della Divina Provvidenza di Poriteux che procurano il «materiale umano». L'ordine religioso è francese. In Italia c'è un solo istituto, quello di Genzano, ai castelli romani. Nel Vietnam ne esistono nove. Grazie ai loro collegamenti diretti, le suore riescono a garantire agli aspiranti genitori una procedura sbrigativa e una scelta documentata dei piccini da adottare. Dispongono di un vasto campionario di fotografie: dietro a ciascuna c'è il nome del piccino, la sua data di nascita. Si può scegliere, confrontare le immagini, rinviarle indietro senza farne nulla. Di bambine disponibili, per il momento, non ce ne sono. I maschietti sembra che siano più numerosi. Una suora, interpellata per telefono, dice: «La nostra attività va avanti da almeno un anno. La madre superiora sa tutto, ma adesso è a Roma per affari. I piccini non sono passati materialmente per l'istituto, li abbiamo consegnati subito ai genitori adottivi. Il numero esatto non lo ricordo, diciamo sei. Le domande negli ultimi tempi sono cresciute del cinquanta per cento. Noi non ci guadagniamo niente. Le spese, in tutto, sono: il viaggio e 250 mila lire, che servono a pagare un legale di Saigon il quale svolge le pratiche per l'adozione». Le suore mandano dall'Italia i soldi e i documenti, dal Vietnam arrivano i bambini. I documenti — che si possono procurare in pochi giorni — consistono nel certificato di nascita di entrambi i coniugi, la dichiarazione finanziaria rilasciata dalla competente autorità (cioè una dichiarazione del datore di lavoro), lo stato di famiglia, due lettere di raccomandazione rilasciate da una «competente autorità» (un parroco, ad esempio), i motivi dell'adozione, una procura firmata dai coniugi e autenticata dal notaio. Il piccino arriva presto, dopo qualche mese, sembra. Se invece si segue la procedura ufficiale — sia quella per l'adozione di cittadini ita¬ liani, sia quella internazionale che avviene tramite la Croce Rossa e il Centro italiano per le adozioni internazionali — occorre attendere anche un anno e più. La disciplina è regolata da una legge del 5 giugno '67, approvata dopo tre anni di polemiche: da allora 120 minori, per lo più indiani, coreani e filippini, hanno trovato una famiglia nel nostro Paese. Il dottor Carlo Moro, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma, dice: «Nel caso dell'adozione internazionale le cautele devono essere particolari, da parte dell'operatore del diritto. Bisogna evitare che il minore sia lasciato in balìa dell'egoismo degli adulti, desiderosi — più che di aiutare un bambino in stato di bisogno — di riversare su un figlio il proprio affetto. Si deve accertare che il nucleo familiare sia particolarmente maturo, sensibile, preparato sul piano psicologico e pedagogico: va quindi decisamente escluso chi vuole adottare un minore di razza diversa per avere subito un bambino, per seguire una moda, perché spinto da motivazioni narcisistiche. Non vorremmo che al colonialismo di vecchio tipo si sostituisse una forma nuova e ancora più spregevole di colonialismo, col reperire bambini dai Paesi in via di sviluppo per appagare le nevrosi della civiltà opulenta». Le uniche organizzazioni con cui il Tribunale dei minori collabora sono la Croce Rossa Internazionale e il Centro italiano per le adozioni internazionali. Esiste un accordo con il ministero degli Esteri e le questure, in base al quale è consentito nel nostro Paese l'ingresso dei minori stranieri solo dopo che sia stata vagliata la loro posizione e quella delle coppie che intendono adottarli. «Questa vicenda delle suore di Genzano — dice il dottor Moro — mi è completamente sconosciuta». Liliana Madeo

Persone citate: Carlo Moro, Cerasoli, Genzano, Giusi Cerasoli, Moro