Isolare Saigon di Ennio Caretto

Isolare Saigon Isolare Saigon (Segue dalla 1* pagina) distanza ravvicinata, ma una guardia deviò il colpo). La «terza forza» buddista e pacifista, che esprime la volontà popolare, non possiede i mezzi per un cambiamento legale di governo. Se le pressioni americane su Van Thieu non daranno frutti, un «golpe» dell'esercito diverrà inevitabile, con tutte le terribili incognite che ciò comporterebbe, poiché Hanoi e i Vietcong hanno ripetutamente proclamato che tratteranno solo con gruppi di coalizione, non con generali compromessi dal regime. E' una macabra corsa contro il tempo, in cui sono in gioco milioni di vite umane, soprattutto di bambini innocenti. E' impossibile illustrare il Sudvietnam oggi, sull'orlo della disfatta, dopo trent'anni di guerra, davanti a un esercito non di liberazione ma d'invasione, che dichiara di volere una soluzione politica ma che continua ad avanzare. Il Paese è prigioniero di un uomo che ignora che cosa sia la ragione ma che è inefficiente anche nell'uso della violenza. E' travolto dai profughi, di cui mezzo milione hanno in vaso Vung Tau, il delta del Mekong, l'isola dove sopravvivono come bestie, e di cui un milione vaga ancora nei territori occupati dalle forze co muniste. E' scosso da polemiche indegne sull'esodo degli orfani, su cui molti, è vero, hanno speculato, ma che ha anche risposto a uno slancio internazionale giusto e sincero. Le radio di Hanoi e del governo rivoluzionario provvisorio, il cui premier, Huynh Tan Fhoat, ha parlato a soli cento chilometri da Saigon «davanti a una folla plaudente», descrivono un'esistenza idilliaca in quella che è adesso terra loro. Non si capisce allora perché la gente non si sia tutta fermata, se non era classificabile tra i «collaborazionisti dell'imperialismo». Non si capisce soprattutto perché essi non concedano alla «terza forza» di Saigon il tempo di agire in seno all'esercito di Van Thieu, e sugli americani. Pochi mesi sono nulla, in confronto a trent'anni. Intanto, nel mar cinese meridionale, la presenza della settima flotta degli Stati Uniti si fa sempre più minacciosa. Ci sono già due portaerei e tre incrociatori, che presto diverranno quattro e sei rispettivamente, ci sono già cinquemila marines pronti allo sbarco, che presto diverranno diecimila. A Washington, e nell'opinione pubblica americana, qualcosa sta mutando. Qui a Saigon si ricomincia a parlare dei «B52», le superfortezze volanti, e di truppe mercenarie. Forse è solo la voce della disperazione. Ma non si può escludere che sia il preludio a un altro, tragico capitolo della vicenda indocinese, la cui responsabilità è bene ricordarlo, è indivisibile, esattamente come la pace, e che è precipitata con l'offensiva di Pasqua. Ennio Caretto

Persone citate: Van Thieu

Luoghi citati: Hanoi, Saigon, Stati Uniti, Sudvietnam, Washington