Sul caso De Vincenzo è interrogato Levati di Vincenzo Tessandori

Sul caso De Vincenzo è interrogato Levati Le accuse di fratello Mitra Sul caso De Vincenzo è interrogato Levati Il magistrato vuole chiarire gli interrogativi posti dalle frasi dell'ex frate contro il giudice Le accuse al giudice istruttore Ciro De Vincenzo, sospettato di connivenza con le Brigate rosse, al di là delle ipotesi formulate dalla Cassazione, poggiano soprattutto sul contenuto dei colloqui fra l'ex frate Silvano Girotto e il dottor Enrico Levati. Molti i « ragionevoli dubbi », tuttavia, sul significato di alcune frasi riferite da «fratello mitra » o registrate dai carabinieri. Per trovare risposta a questi interrogativi, è partito sabato mattina, per l'Asinara, dove ieri ha ascoltato il dott. Levati, l'avv. generale dello Stato, Rodolfo Prosio, che conduce l'inchiesta preliminare sul giudice con i sostituti procuratori generali Bruno Caccia e Carlo Corderò di Vonzo. Negli appunti-denuncia sul magistrato, compilati dal gen. Dalla Chiesa, alcune frasi sono sottolineate in rosso. « De Vincenzo aveva fischiato a Levati che a Pianello era in atto un'operazione » riferisce Girotto agli inquirenti il 26 settembre. E nelle intercettazioni radio, invece, quando il discorso viene portato dal frate sull'argomento magistrato, la voce attribuita a Levati dice: | « E' democratico. Non gioca il ruolo persecutorio, cioè. Ha rilasciato tutti, anche quelli che non doveva rilasciare as- ! solutamente ». Queste « valutazioni processuali» attribuite al medico Levati sono sembrate «elementi concreti » per l'apertura di un'inchiesta sul giudice De Vincenzo. Levati ha dovuto spiegare all'avvocato generale che cosa gli avrebbe consentito di trarre certe conclusioni. Il viaggio del dott. Prosio durerà fino a sabato: dopo la Sardegna andrà a Roma, dove si incontrerà con i colleghi della prima sezione penale della corte di Cassazione che hanno esaminato la denuncia del generale. Più difficile, per l'inchiesta, stabilire il valore degli appunti su De Vincenzo scritti a mano, con grafia quasi il¬ leggibile da Antonio Bellavita, direttore della rivista Controinformazione, latitante, e trovati in mezzo a quella specie di ipermercato della notizia che dovevano essere le tre stanze del « covo rosso » a Robbiano di Mediglia. L'istruttoria corre quindi il rischio di risultare incompleta e il fatto, in definitiva, potrebbe rivelarsi dannoso per il giudice sospettato. L'inchiesta promette di I complicarsi ancora. Da Mii lano è giunta la notizia che I Aldo Bonomi, ex collaboratore di Controinformazione anch'egli autore di appunti trovati a Robbiano, è stato interrogato nei giorni scorsi dal giudice istruttore milanese Lombardo, che aveva condotto l'inchiesta sull'« anarchico individualista » Bertoli. A Robbiano di Mediglia c'era un fascicolo intestato a Bertoli. Il magistrato milanese cercava di stabilire come l'autore della strage di via Fatebenefratelli avesse potuto espatriare. Bonomi ha dichiarato di non aver conosciuto Bertoli né persone a lui vicine. Parallele all'inchiesta sul magistrato milanese, proseguono le indagini dei carabi nieri del Nucleo speciale sulla seconda parte delle attività delle «Brigate rosse» (quelle, cioè, oggetto dell'inchiesta torinese). Per un giorno inte ro il giudice Giancarlo Caselli, che conduce l'istruttoria, è rimasto nella caserma dei carabinieri di via Valfrè, esaminando i documenti sequestra ti nei vari «covi» delle « brigate». Sono stati oggetto di particolare studio, sembra, il materiale scoperto nelle basi di Piacenza e, di nuovo, i documenti, definiti « cospicui », trovati a Robbiano di Mediglia e nel Veneto, dei quali, tuttavia, esiste già un inventario. Nonostante l'impegno, gli inquirenti non sono in grado di prevedere quando si chiuderà l'istruttoria. « Stiamo lavorando » ripete con monotonia il dott. Caselli. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Cassazione, Mediglia, Piacenza, Roma, Sardegna, Veneto