Processo a presidente e medici per l'assistenza in manicomio

Processo a presidente e medici per l'assistenza in manicomio Per due episodi accaduti nell'ospedale di Savonera Processo a presidente e medici per l'assistenza in manicomio Il sanitario di guardia era andato al galoppatoio; una dottoressa rifiutò di constatare il decesso di un ricoverato - Direttore e presidente non denunciarono i fatti alla magistratura Può allontanarsi un medico di guardia da un ospedale psichiatrico, mentre un malato ha bisogno di aiuto, per assistere ad un concorso ippico, come sostiene l'accusa, o per trovare lavoro ad un degente, come dice la difesa? Può rifiutare una dottoressa, co me medico di guardia, di consta tare l'avvenuto decesso di una paziente? In questi interrogativi c'erano praticamente i capi d'accusa con- testati dal pretore Briguglio, ieri mattina in udienza, a due psichiatri dell'ospedale di Savonera, il dottor Carmine Munizza, 36 anni e la dottoressa Adriana Ruschena, 35 anni. Le complicate risposte dei diretti interessati e dei coimputati, il direttore del manicomio di Savonera, professor Luigi I Ferrio, 48 anni e il presidente I degli ospedali psichiatrici, com mendatore Andrea Prele, 47 an ni, accusati di omessa denuncia ! dei fatti all'autorità giudiziaria, \ hanno offerto un significativo 'spaccato di vita ospedaliera. , Inutile cercare una « storia quo | tidiana » o comunque « aggiorna [molto successo. ta » nella cartella clinica dì Angelina Rossi, la degente di 80 anni il cui decesso non fu constatato dalla dottoressa Ruschena. L'ultima annotazione risale a tre mesi prima della morte. E' forse troppo definire la morte del paziente un evento di straordinaria amministrazione nella sua vita? Quali sono esattamente i doveri di un medico di guardia nei confronti di un alienato mentale condannato a morte? Queste sono l soltanto alcune delle domande a | cui il pretore Briguglio ha cercato risposta, per la verità senza « Mi ritenevo già punito con i iammonizione del direttore ha detto il dottor Munizza che era difeso dall'avvocato Zancan —. Per questo l'apertura di un procedimento penale, col rischio di più gravi sanzioni, mi ha stupito ». « Le condizioni dell'ammalata, ridotta ad una larva umana, piagata dai decubiti, erano tali — ha esordito la dottoressa Ruschena difesa dagli avvocati Spagnolli e Masselli — da non lasciare speranza. Quando mi hanno telefonato per spostare il cadavere ho risposto che non v'era alcuna necessità della mia presenza. In realtà, prima la si era lasciata morire e poi la si voleva spostare da li perché "puzzava, dava fastidio" ». « In entrambi i casi — ha detto il professor Ferrio, difeso dall'avvocato Tortonese — non ho ritenuto vi fossero estremi di reato. Mi sono basato sulla mia esperienza, maturata in casi analoghi valutati con il consiglio d'amministrazione». Il quarto imputato, commendatore Prele, difeso dagli avvocati Zaccone e Giordanengo, ha ribadito la convinzione ti che non fosse mio obbligo informare dei fatti l'autorità giudi- I zìaria. L'ho fatto soltanto dopo i la delibera del consiglio d'amministrazione, ma sempre come privato e non ritenendomi investito dei poteri del mio ufficio ». L'im¬ | ; | putato si è lamentato della cam- |pagna di stampa, che, a suo di- ■ re, « precedette e accompagnò i casi in questione, diventando ro- i vente proprio in occasione di im- portanti mutamenti nelle strut ture psichiatriche ». La deposizione del principale teste d'accusa, il primario di Savonera dott. Nicola Attisani, ha sollecitato un fuoco di fila di domande e obiezioni degli avvocati difensori. Attisani è lo psichiatra che — con un rapporto al prof, rerrio — aveva descritto gli episodi relativi al dott. Munizza • presente in un galoppatoio, mentre doveva essere di guardia in manicomio) e alla dott. Ruschena (ritardata constatazione di morte per la malata Angelina Rossi ). Bersagliato da tutti gli avvoca¬ ti, che hanno tentato di sgretolarne la credibilità, il primario non ha minimamente mutato la versione dei fatti già segnalati al prof. Ferrio. Il pretore ha d'altro canto tenuto con fermezza il processo dentro il solco del dibattimento giudiziario, senza perdere di vista il nocciolo della questione: se i vari imputati, per i fatti loro contestati, abbiano agito in modo da rendere verosimili ipotesi di reato. Il processo non è finito. La prossima udienza, fissata per il 28 aprile, sarà dedicata all'ascolto di altri testimoni, suore e infermieri, e alle arringhe dei difensori, prima della sentenza. I medici Carmine Munizza e Adriana Ruschena in pretura con il comm. Andrea Prele