Vietnam, nuova potenza? di Ennio Caretto

Vietnam, nuova potenza? A CHE PORTERÀ LA "BATTAGLIA DI PASQUA Vietnam, nuova potenza? Con una spaventosa macchina da guerra Hanoi e Vietcong potranno dominare tutta la Penisola Da anni, e anche oggi, Hanoi e il Vietcong affermano d'inseguire una soluzione politica e non militare della crisi vietnamita. Essi attribuiscono l'impossibilità di raggiungerla alle violazioni del trattato di pace ed ai rifiuti di Van Thieu. Nella persona fisica del Presidente e di alcuni suoi collaborato-1 ri indicano anzi l'unico ostacolo all'inizio delle trattative. Ma questa tesi è verosimile, adesso che le forze comuniste sono alle porte di Saigon, dopo la più massiccia e spettacolare offensiva di una guerra in corso da trent'anni? O non si tratta di un espediente per placare l'opinione pubblica mondiale, scossa dal disfacimento progressivo del Vietnam del Sud, e dall'improvvisa tragedia dei suoi profughi? Un popolo sconvolto Rispondere a tali domande non è facile. Non v'è dubbio che l'attacco di Pasqua era stato accuratamente preparato da Hanoi e dal Vietcong. E' egualmente certo, tuttavia, ch'essi sono rimasti sorpresi dalla facilità dell'avanzata. Oggi si trovano alle prese con una popolazione sconvolta, e più esposti, con problemi di rifornimento maggiori di quanto non pensassero. Forse, sferrare il colpo di grazia a Saigon sarà una tentazione irresistibile. Ma mol¬ te cose lo sconsigliano: il relativo equilibrio di forze nella regione della capitale; la ripresa delle forniture belliche americane al regime di Van Thieu; l'intervento umanitario di altre nazioni a favore degli orfani; la necessità di non provocare ulteriormente Washington. E' ragionevole che Hanoi e il Vietcong vogliano prendere tempo. Conforta questa ipotesi il disordine che regna a Saigon, non solo nelle strade, ma soprattutto nel governo. Se è vero, infatti, che l'esercito sudvietnamita dà qualche segno di riorganizzarsi, è ancora più vero che il potere si sta sgretolando, e la capitale potrebbe un giorno cadere da sola. Per questo sfortunato Paese — e per l'America — è perciò il momento di assumere l'iniziativa. Essa deve svilupparsi in ima direzione: un cambio della guardia più radicale e serio del rimpasto che Van Thieu compie in questi giorni. Il Sud Vietnam non avrebbe nulla da perdere, siano le intenzioni comuniste un bluff o siano sincere. Gli eventi di Phnom Penh, purtroppo, paiono aver insegnato poco ai militari dell'uno o dell'altro oceano. E' chiaro che il regime è responsabile della disfatta. Ha nutrito una classe di ufficiali corrotti e inefficienti; ha sbagliato i piani, anche nella ritirata; non è ricorso all'aviazione per paura che si am¬ mutinasse; ha tradito milioni di civili. Ogni crollo ha motivi psicologici, ma in questo caso sono inaccettabili. Permettere che Van Thieu resti sarebbe fatale per Saigon come fu per Phnom Penh la permanenza di Lon Noi. Chi dovrebbe sostituirlo dunque? Vi sono segni che gli americani spartirebbero volentieri il potere tra un governo di politici e le forze armate al comando di Cao Ky. In tal modo, riterrebbero possibili negoziati senza debolezze, nel quadro degli accordi di Parigi. Chi succede a Thieu Ma Cao Ky è screditato. L'ex maresciallo dell'aria è un abile pilota e un uomo di coraggio, non uno stratega né un riformatore. Egli sta a destra dello stesso Van Thieu, e manca di una base popolare. Quale governo di politici collaborerebbe con lui, se non uno di « cavalli di ritorno » dei tempi del dittatore Diem, ucciso nel '63. o dei tempi attuali? Hanoi e il Vietcong hanno i lasciato capire quale tipo di interlocutore vogliono: la « terza forza » neutralista, la cui bandiera, insieme con quella del regime, sventola ora su Da Nang, dietro al vessillo rivoluzionario. E in realtà, essa esprime la volontà della maggioranza, anche se comporta una certa debolezza militare. E' animata da tre uomini capaci: il ni l bonzo Quang Tri, l'ex gene- oo u ainh oi. nli ooze ao ro eco. è mo ga ta an se di rale « Big » Minh e il senatore Vu Van Mau. Sicuramente, questo sbocco non sarebbe senza rischi. Che successo potrebbe però avere il progetto di Van Thieu di un « perimetro di contenimento » della capitale e del delta del Mekong, con centri di trasferimento per 50 mila - 500 mila profughi? Quelle terre formano il granaio indocinese, e sostenterebbero qualsiasi popolazione. Ma non diverrebbero mai fortezze inespugnabili. Hanoi e il Vietcong sono una spaventosa macchina da guerra. Stanno emergendo come la terza potenza comunista, dopo l'Unione Sovietica e la Cina. Prima o poi, l'intera penisola cadrà sotto la loro influenza, eccettuata, forse, la Thailandia. Potrebbero accettare un neutralismo di tinta rossa nelle province non ancora « liberaon | te », come sta avvenendo nel li | Laos, non altro. it3. no di la la on la al in onta a il Dopo tanta violenza, sarebbe auspicabile che prevalesse la ragione. Il compito fondamentale di tutti, nel Sud Vietnam, è adesso di evitare altri orrori, altre paure ai suoi abitanti martoriati. « Terza forza » non è sinonimo di apostasia, e tra tanti generali a Saigon ne esisterà pur uno in grado di sorreggerla militarmente. Quanta tragedie si sarebbero risparmiate se non fosse stata soffocata. Ennio Caretto