Oggi calcio in dieci dialetti di Giovanni Arpino

Oggi calcio in dieci dialetti TREDICI AEREI, TRENI E PULLMAN DA NAPOLI A TORINO Oggi calcio in dieci dialetti Torino parla oggi di football ìn dieci e più dialetti. Alle 15,30, nel cerchio centrale del campo, i due capitani di Juventus e Napoli, «Pietruzzu» Anastasi siciliano e «Totonno» Juliano partenopeo verace, si stringeranno la mano mormorando complimenti ed auguri con chiare e leali riserve scaramantiche. Gli farà eco un coro persin troppo vigoroso di ululati piemontesi, calabresi, sardi, friulani e vesuviani. Da Napoli, magnifica e dolorosa, sono arrivati in tanti, con tredici aerei, treni, pullman, con la speranza che la «sfida» tra bianconeri e azzurri decida le sorti dello scudetto. Torino accoglie gli ospiti con antico «savoir faire». Non solo è cosciente d'essere una città pilota, ma, anche limitandosi al calcio, non dimentica che da queste parti si è discusso di dribbling e gol in ogni lingua, nell'argentino di Sivori e nell'inglese di Charles. Sono arrivati in tanti, ribattezzando la partita come «l'incontro del secolo». Che sia ve- l | ro o no, importa poco. L'esage- e l i i ao ui, on n, » a o o ooal a di a, ltne- razione e il paradosso appartengono di diritto al bagaglio sia immaginativo sia linguistico di ogni tifoso. 11 sospirato scudetto forse non deciderà oggi le sue sorti, magari deputerà qualche imprevedibile campo periferico, qualche duello indiretto per la conclusione decisiva. Ma è il contesto sociale di questa partita che interessa. E cioè l'occasione sportiva come specchio della realtà in cui viviamo. Il «meglio» di Napoli è il «Napoli», dicono nella metropoli del Sud. Forse è vero. La società azzurra ha conduzione efficiente, un assetto rispettabile, un programma d'avvenire. Per questo le sue masse tifose credono in quei colori, li seguono, li incoraggiano a costo di sacrifici immensi. Guardano allo specchio dello sport come ad un emblema della verità pur raggiungibile. Un settimanale milanese ha già dedicato due pagine a JuveNapoli «prima» della gara, quando solitamente certi com¬ menti si aggrappano al «dopo». Continuano a infittirsi i tentativi di trasmettere l'incontro anche in circuito chiuso televisivo, a vantaggio di grandi masse popolari: è quasi certo che l'operazione — un po' perché iniziata tardivamente, un po' per la concomitanza di altri spettacoli sportivi — non potrà andare a buon fine. Ma è comunque un sintomo di quel futuro e tutt'allro che improbabile «soccer film» già sperimentato a Wembley per il confronto tra i «leoni» inglesi e i tedeschi di Beckenbauer. Sono arrivati con le loro bandiere, il loro frasario, la loro gesticolazione. A tutti, prima di partire, «capitan Totonno» ha consigliato saggiamente di disporsi al godimento d'un pomeriggio civile. Perché, come ogni napoletano autentico, Juliano desidera anzitutto che i'immagine proverbiale della sua città non si disintegri, non si deformi in allucinazioni c comportamenti parossistici. Oggi il «cerea» (sempre più raro) si sente un po' in sogge¬ zione di fronte al «paisà». Ma è uno stato d'animo non privo di sorriso. Torino, nelle sue osmosi sociologiche, nei suoi impegni e doveri di città di frontiera, non ha mai rifiutato il dialogo con le genti. L'occasione è dunque d'un incontro fraterno, al di là di ogni peccato d'intemperanza, e capace di far dimenticare le forsennate campagne sloganistiche che potrebbero ridurre anche lo spettacolo sportivo a un fenomeno di «estremismo come malattia infantile». Purtroppo, i gradini del Comunale non possono accogliere al completo due intere metropoli, la «città di mare con abitanti» che è Napoli, piagata e sublime, e la città operaia «dei mille soldatini blu» che è Torino, severa ed ansiosa. E tuttavia: pigiali ma allegri. Una partita, come ripetiamo da tempo, non è la /ita, anche se ne fa parte. Auguriamoci che la bonaria cadenza parmense di Michelotti sparga balsamo, non assenzio, sulle fasi di gioco. In un fiume di concitazioni verbali pepate da tanti dialetti diversi, andiamo allo stadio. Il sottoscritto per ritrovarsi gomito a gomito con l'amico Pacileo, giornalista del «Mattino», giovane gentiluomo napoletano con occhiali, barba, binocolo, cravatta a farfalla e tanti intimi patemi «veraci». Ma sono patemi simili ai nostri, che di scudetti avuti e perduti sappiamo anche troppo. Juventus-Napoli è solo il primo episodio di un valzer possibile sia alla Vecchia Madama torinese sia agli «scugnizzi» di Vinicio. Dietro questa gara è il modulo societario che conta, una solidità antica e nuova. Può darsi che proprio oggi abbia inizio un lungo fraseggio pallonaro tra la Mole c il Vesuvio. Ne esistono già le premesse. Forse non è vero che un bel gioco debba durar poco. Tra bianconeri ed azzurri, dopo i novanta minuti di questa domenica, si aprirà un dialogo importante, nella storia del calcio italiano. Cerchiamo di ricordarlo: l'avvenire è comune. Giovanni Arpino

Persone citate: Anastasi, Beckenbauer, Michelotti, Pacileo, Pullman, Sivori