Proietti: come irritare i fans della Invernizio di Sandro Casazza

Proietti: come irritare i fans della Invernizio L'attore nel romanzo popolare fine '800 Proietti: come irritare i fans della Invernizio Sta registrando "Ladri dell'onore", per la regìa di Gregoretti, negli studi della tv torinese: scene madri e lacrime, col veleno nascosto dell'ironia come per "Sandokan" E' al trucco. Bastano pochi minuti perché Gigi Proietti si trasformi in un personaggio. Un po' di cipria, un antico abito marrone, le ghette, il farfallino: ecco Attilio Morra, uno dei «Ladri dell'onore», così come lo descriveva Carolina Invernizio. Nello sguardo e nei gesti ha però una carica di ironia che forse non sarebbe piaciuta alla scrittrice torinese. «Sarà una lettura critica del romanzo, non si tratta del solito telesceneggiato — spiega l'attore provando allo specchio «occhiate cariche di sottintesi» —. Si arrabberanno certo i fans della Invernizio. Si scateneranno come i "salgariani" al tempo del "Sandokan". E' bene fare questo tipo di verijiche. Conoscere la maturità culturale degli italiani. Vedere se è possibile lare ironia alla tv». E' una storia densa di adulteri, con bimbi scambiati nelle culle e tante «scene madri» che fecero palpitare i cuori delle nostre nonne. Il romanzo fa parte del ciclo televisivo sulla narrativa popolare dell'Ottocento diretto da Ugo Gregoretti alla Rai di Torino. «Questo genere di spettacolo popolare mi affascina — dice Proietti — E' il momento di tornare al pubblico». Dopo anni di teatro in «cantina», dopo gli sperimentalismi teatrali con Carmelo Bene e cinematografici con Tinto Brass, l'attore romano sembra interessato a nuove formule espressive: «Le avanguardie sono ormai un capitolo chiuso. Molte ricerche si sono arenate in vuoti intellettualismi. Bisogna ritrovare il rapporto diretto con la gente, oppure rischiamo di lasciar inaridire tutto il lavoro teatrale compiuto in questi ultimi anni. I discorsi si sono involuti, stiamo tornando indietro invece di progredire. Il pubblico è disorientato nel gusto. La tv in questo campo non ha fatto molto. Basta sentire le reazioni ad ogni operazione culturale che rompa la normale routine come l'Orlando di Ronconi». Per Proietti è compito dell'attore «riagganciare» gli spettatori. Un ritorno al «mattatore» con poteri magnetici sulla platea? La tentazione di diventare sulla scena «O Cesare, o nessuno» che ha toccato anche Gassman?: «A me piace vedere Gassman che si muove avanti e indietro sul palcoscenico — dice —. Il grande attore è insopportabile solo quando gigioneggia o recita in un brutto spettacolo; senza questi difetti si trasforma in una splendida macchina di emozioni. Perché negare la sua funzione artistica? Non rappresenta un passo indietro. E' solo una solida base di partenza che abbiamo abbandonato, dimenticato quando ci siamo infilati a lavorare nelle cantine senza riuscire a trovare autentiche alternative culturali». Ma questo attore, nuovo «per impegno sociale» e insieme vecchio «per potenza espressiva», deve anche sapersi autogestire. Ha l'obbligo di partecipare attivamente alla costruzione dello spettacolo in cui vuole inserirsi. «C'era il progetto di rifare con Gassman il teatro popolare, ma tutto è finito nel nulla. Tenterò da solo. Sto cercando a Roma un teatrino per la prossima stagione. Ho già un'idea per il testo: "I sette peccati del capitale". Dopo aver raggiunto la popolarità entrando e uscendo da panni che altri hanno preparato, più o meno su misura, per me, sento il bisogno di dire qualcosa di più personale. Forse sarà presun¬ zione. Adesso però voglio affidare a Proietti qualcosa pensata da Proietti». Anche il cinema, dove ha ottenuto tanto successo con film come L'urlo, Le farò da padre, e recentemente Conviene far bene l'amore, non offre all'attore alcuna possibilità di scelta. «Ai produttori si può dire soltanto se accetti o no la parte che ti propongono. Non c'è alcuna possibilità di "partecipare". Il cinema è un fatto di investimenti; servi per quanto può rendere il tuo nome. Quando ti capita di lavorare con un'equipe di amici le cose cambiano. Finora è successo soltanto con Brass. Abbiamo scritto insieme un film, dovevamo realizzarlo. Ai primi cenni di crisi economica, il progetto è saltato. Mi piacerebbe fare il regista, spero un giorno di stare dietro la macchina da presa e di girare una storia mia senza attori come Proietti». In studio lo attendono letto a baldacchino, consolle, specchi dorati, poltrone fiorite, guazzi alle pareti e tante, tante «cose di pessimo gusto». E' la cornice d'epoca. Proietti lascia posto ad Attilio Morra con uno sberleffo ed una strizzatina d'occhio maliziosa. Una voce fuori campo legge: «Gli adultera possono essere svelati da una lettera malcelata, da un biglietto mal recapitato, da un gonfiore gravidico mal dissimulato». Lui alza lo sguardo al cielo, porta le mani giunte alla bocca. Poi puntando l'indice verso il ventre della moglie, l'attrice Carmen Scarpitta, accusa: «Sofia, voi mi nascondete qualcosa». Ancora una metamorfosi su ordinazione, che ormai Proietti rifiuta. Sandro Casazza Luigi Proietti: dal teatro di cantina al grande pubblico

Luoghi citati: Roma, Torino