Eroi burleschi di Campanile di Achille CampanileGiovanni Bogliolo

Eroi burleschi di Campanile Eroi burleschi di Campanile Achille Campanile: « Vite degli Uomini Illustri», Ed. Rizzoli, pag. 168, lire 3500. Delle tante sottospecie del comico, quella burlesca, che si propone di provocare il riso attorno a personaggi e situazioni che per motivata consuetudine vengono ritenuti « seri », è certo la più delicata e la più ardua. Delicata, perché il rischio delle forzature e del cattivo gusto è tanto maggiore quanto più inerte è la materia che si vuol fare reagire comicamente; ardua soprattutto oggi che, dei due tradizionali procedimenti del genere burlesco — sviluppare secondo canoni stilistici elevati temi irrimediabilmente modesti oppure ridurre argomenti nobili a pedestri dimensioni di quotidianità — per l'abuso che si continua a fare del primo anche senza la minima intenzione di ironia, non resta che quello che ha scelto per il suo più recente libro Achille Campanile. E' un divertimento gradevole e leggero che richiede consumata arguzia inventiva e sagace dosaggio stilistico e non lascia indovinare le ferree leggi che lo governano. Anzitutto ci vuole un modello letterario, possibilmente famoso, su cui esemplare a grandi linee i temi e la struttura della parodia, un punto di riferimento preciso a cui rimandare continuamente il lettore con sorniona connivenza. Anche per poter celiare sul suo misterioso Zio di cui la Storia non ha tramandato notizia, Campanile ricorre all'opera di Cornelio Nepote, ed è una scelta felice I perché la struttura aperta di j un libro come Vita degli Uo mini Illustri consente alla sua ! comicità raziocinante e para i dossale di esprimersi nell'au j rea brevità che le è più con- geniale, dalla fulminea e gelida trovata al sintetico bozzetto, e di scovare nell'inesauribile serbatoio della Storia pretesti sempre nuovi e diversi di cordiale ilarità. Ma c'è un'altra regola non scritta che lo scrittore burlesco è tenuto a rispettare, ed è quella dell'amore per l'oggetto della sua parodia, del fondamentale rispetto per i valori incarnati dal modello; non è un caso che questo genere letterario sia nato come un frutto — agrodolce forse e presto bacato — del¬ la grande cultura umanistica e che oggi sia caduto quasi completamente in disuso. La burla di Campanile infatti non tocca mai il personaggio o la situazione storica, ma si accanisce a smontare tutte le artificiose sovrastrutture di retorica storica e iconografica che il tempo e la pigrizia mentale vi hanno indebitamente depositato. Così si ride francamente all'idea di Alessandro Magno che, tra le gravi cure della sua breve vita, trova il tempo di introdurre in Europa il pappagallo che, tra l'altro, essendo originario dell'India, doveva disquisire in un incomprensibile sanscrito e si scopre tutta l'involontaria comicità del senatore Papirio che aspetta per ore in senato che il barbaro invasore arrivi a tirargli la bianca barba; ma non ci si sogna per questo di mettere in discussione la reale grandezza del re macedone o lo spirito di romanità ! che, con forse eccessiva compunzione, incarna il vecchio senatore. La pratica del burlesco richiede anzi, da parte dell'autore come del lettore, una così matura e partecipe nozione dei valori della tradizione da non lasciarsi scalfire da un ammiccamento bonario ed epidermico né da una salutare risata. In questi casi Campanile si limita ad individuare quel tanto di assurdo e di postic ciò che ha in sé Vexemplum i e l'effetto comico si scatena, I per così dire, da solo; altre volte invece si abbandona a divagare con stralunato e loico rigore o deformando per assurdo il pretesto storico (come quando identifica Cristoforo Colombo con un navigatore inca naufragato in Europa) o sviluppandone probabili e impensate conseguenze. Sono queste le trovate più spassose e alcune — quella della moda dei gioielli lanciata a Roma dalla severa Cornelia o quella dell'infelice Beethoven che, per colpa della sua sordità, vive angustiato dall'insuccesso che il pubblico riserva ai ballabili che crede di aver composto — meritano di figurare nella più esclusiva delle antalogie. Quando poi la logica assurda non lo soccorre, Campanile ricorre alla sua più sperimentata e irresistibile risorsa, l'esasperazione di quella sua giocosa lucidità verbale che sfrutta implacabilmente tutte le possibiltà di equivoco della parola Udì tasso del tasso del tasso del Tasso ») o imbastisce allucinanti battibecchi tra Buffon e Voltaire e tra l'intransigente Alfieri e un suo malcapitato interlocutore. Forse qualche deroga alle regole del burlesco si può trovare nella civetteria di certe professioni di ignoranza, nelle grossolane inesattezze storiche che punteggiano il ritratto di Musset e soprattutto nelle allusioni moralistiche che appesantiscono il capitolo su Talleyrand e il dialogo tra Archimede e Sherlock Holmes; ma, se difetti sono, li mimetizza egregiamente la serena e disincantata saggezza che la pagina comica di Campanile riesce sempre a comunicare Giovanni Bogliolo

Luoghi citati: Europa, India, Roma