II filosofo a scuola

II filosofo a scuola II filosofo a scuola La formazione di Wittgenstein nella Vienna ancora asburgica W. W. Bartley iii: « Ludwig Wittgenstein, maestro di scuola elementare », trad. e introd. di D. Antiseri, Ed. Armando, p. 204, lire 3000. La letteratura filosofica dedicata al Wittgenstein è ormai sterminata: il pensiero di un autore profondamente enigmatico, e che pubblicò assai poco durante la sua vita, offre un'ottima occasione per esprimere, occupandosi di esso, le proprie predilezioni. C'è stato presentato un Wittgenstein neopositivista, un altro kantiano, un terzo ancora difensore dell'ortodossia del linguaggio quotidiano, oltre a una miriade di altre sfumature interpretative. Da tutte queste letture, tuttavia, se pur son venute suggestioni teoriche, non è ancora risultato un ritratto soddisfacente del Wittgenstein e dei suoi intenti effettivi. In quelle prospettive, ad esempio, rimane incomprensibile e misteriosa la svolta radicale nella concezione del linguaggio che si ha fra il Trattato logico-filosofico, pubblicato nel '21 ma già in elaborazione sin dall'anteguerra, e le Ricerche filosofiche, comparse nel '53, due anni dopo la morte di Wittgenstein, e che documen tano il nuovo orientamento da lui sostenuto a partire dal '29, allorché divenne professore a Cambridge. Per una migliore comprensione del pensatore che ha dato al nostro secolo ben «due filosofie», più che l'attenzione a una pura vicenda di idee giova forse l'interesse per gli eventi concreti della sua vita reale ed intellettua- le. Non è quindi sorprender! te che tra i più penetranti | studi sul Wittgenstein vi siano i due recenti volumi di A. Janik ed E. Toulmin, Wittegenstein's Vienna, e di W. W. Bartley, ora in versione italiana: pubblicati entrambi nel '73 hanno, come caratteristica comune, un'impronta biografica. Il saggio di Janik e Toulmin — a cui dedicai un elzeviro nello scorso luglio — mostra la ricchezza di fermenti culturali negli ultimi vent'anni della Vienna asburgica, in cui si formò Ludwig, figlio minore di Karl Wittgenstein, il magnate dell'industria siderurgica austriaca. Su questo sfondo diventa possibile una interpretazione originale del Trattato, la quale coglie il proposito genuino di Wittgenstein: delimitare in modo rigoroso il dicibile, cioè la scienza, per mostrare ciò che la trascende, il senso della vita, che non è esprimibile, bensì testimoniabile in un comportamento umanitario di stampo tolstoiano. Il libro di Bartley, che, data la contemporaneità, non risente di quello di Janik e Toulmin, conferma in modo autonomo la ricerca di questi autori. Il punto di partenza non è qui storico-culturale ma psicanalitico; ed il misticismo etico wittgensteiniano è convalidato attraverso l'interpretazione freudiana di quelli che Wittgenstein chiamava i « suoi sogni » e che accompagnano la tragica tensione spirituale della sua giovinezza (ben tre suoi fratelli s'erano suicidati), il cui momento più drammatico esplode al suo ritorno dalla prigionia di guerra. V'era in lui dominante l'esigenza di sublimazione di forti istinti omosessuali, per cui provava al tempo stesso attrazione e ripugnanza. Qui la biografia potrebbe scadere nel pettegolezzo, anche se la psicanalisi s'è mostrata talvolta utile nello studio di grandi uomini, come Leonardo o Newton. Ma non è questo il caso del Bartley che si vale del suo esame psicanalitico solo come chiave interpretativa (e non la sola) di alcuni tra i comportamenti più « strani » del Wittgenstein nel dopoguerra e che pur sono perfettamente « coerenti » quando siano considerati come testimonianze della sua etica umanitaria: la rinuncia, a favore dei fratelli, alla cospicua sua parte di eredità e la decisione di fare il maestro elementare, dal '20 al '26, in paesini della Bassa Austria. E' nello studio di questi anni, sinora ritenuti poco importanti, e attraverso ricerche pazienti anche presso gli exallievi superstiti, che l'opera del Bartley ottiene i risultati più originali. L'attività di maestro del Wittgenstein coincide con il periodo in cui il governo socialdemocratico sviluppa in Austria un programma di riforma della scuola elementare, ispirato ai principi fondamentali di una scuola « attiva »: l'autoformazione dell'allievo la cui educazione va attuata tenendo conto dell'ambiente e dell'integrazione del fanciullo in es so. Wittgenstein seguì con en- tusiasmo tale orientamento, conquistandosi la simpatia dei ragazzi, se non quella dei genitori ostili a tanti innovamenti. Nel '26, anzi, pubblicò un Dizionario per le scuole elementari, frutto delle sue esperienze di insegnamento. Così gli anni, che sono parsi ai più come perduti per la stranezza di un carattere stravagante, furono in realtà gli anni in cui Wittgenstein, attraverso l'insegnamento del tedesco a bambini che parlavano abitualmente il dialetto, venne modificando la sua con- cezione del linguaggio. Egli si rese conto di quanto fos- sero diversi i modi di signi- ficare usati in quell'ambiente rurale rispetto alla sua raf- finata teoria del linguaggio ideale delineata nel Trattato e rispecchiante l'uso scientifico del simbolismo. Il concetto di « gioco linguistico » — in cui il significato dipende dal modo di apprendimento e di uso delle parole, — che è tipico delle Ricerche filosofiche, nacque con molta probabilità a contatto con quei fanciulli, che ancora conservano da adulti, dopo cinquant'anni, il ricordo di un singolare maestro di cui per lo più ignorano i fasti accademici. Francesco Barone Wittgenstein, di Levine (Copyright N.V. Rcview of Hook?. Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)

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