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r Indocina: la storia è una tragedia giorno dopo giorno La lunga fine di Da Nang 30 anni di guerra Credo di essere stato l'ultimo giornalista italiano a visitare la tragica Da Nang. Era la metà di dicembre, la stagione secca, dal mare soffiava un vento caldo. La città luccicava al sole, disordinata e abulica. E le chiese cattoliche svettavano tra gli edifici bassi e le capanne. Vedevo gente dappertutto, a piedi, in bicicletta, sulle piccole «Honda» giapponesi, mi pareva che vagasse senza meta. 1 negozi vendevano i beni di consumo lasciati dai «G. I.», c alberi di Natale di plastica, bianchi, con le luci rosse. Nella baia, tra i rottami delle navi da sbarco Usa. stazionavano unità da guerra, ed entravano pochi mercantili e pescherecci. Restava ancora qualche americano, addetto alla manutenzione degli aerei e alla assistenza ai rifugiati. Ricordo che cercai invano una mappa: non ne esistevano, o era un segreto militare. Conservo il lasciapassare per Da Nang del «Centro di guerra psicologica» a Saigon. Al mio arrivo lo mostrai all'ufficiale di guardia, e ottenni di fare un giro dell'aeroporto, dove venerdì scorso sono morte centinaia di persone. Era una base enorme, con decine di elicotteri, cacciabombardieri, e bunker*. Ogni cinque minuti, un apparecchio si levava in volo. C'erano batterie antiaeree mimetizzate, depositi di esplosivi. Per la prima volta, ebbi la sensazione che nel paese non sarebbn mai finita la guerra. «Compiamo bombardamenti sul territorio vietcong ogni mattina». mi disse l'ufficiale «ma dedichiamo il pomeriggio all'addestramento dei piloti». M'indicò la catena di monti che circonda la città: «li nemico — aggiunse — è subilo dietro quelle cime». «Che cosa accadrà?» gli chiesi. Scrollò le spalle, e non rispose. Non trovai autopubbliche, e mi rivolsi al banco dcll'«Air Vietnam», la compagnia di navigazione. Un impiegato svelto s'offri d'accompagnarmi tutto il giorno con la sua «Vespa» per 25 dollari. Si chiamava Phuoc, aveva il viso butterato dal vaiolo, parlava un po' d'inglese. Incurante delle proteste, abbandonò i passeggeri. «Andremo — mi spiegò — dove non vanno gli europei». Mi portò di là dal fiume, sul traghetto che sostituiva il ponte fatto saltare dai guerriglieri comunisti. C'era un campo di rifugiati, con migliaia di persone sporche ed emaciate. «Qualcuno è qui dal '6S», dichiarò Phuoc. «Abitanti di Hué, che non sono voluti tornare nell'aulica capitale dopo il massacro del Tei. Qualcuno invece è giunto appena ieri o la scorsa settimana, scappando davanti alla avanzata dei vietcong sulle montagne». Insieme con Phuoc mi aggirai per la periferia, ai mercati generali, al porto. Dappertutto notavo la povertà e i soldati armati, razza padrona. Bambini mi prendevano per mano, implorando dieci piastre, vecchie coi denti segnati dalle bacche rosse mi porgevano bastoncini d'incenso. «A Da Nang dovremmo essere 400 mila — disse Phuoc — ma siamo molti, molti dì più. Non c'è lavoro, manca il cibo, tutti hanno paura clic la cilici cada. Tuttavia, dove altro andare?». Più tardi mi avrebbero rubato un giaccone di pelle. «Dovete scusarci», insistette Phuoc. «Con la vendila dì quel giaccone, si slamerà per un mese una famiglia». Affermò che era slato diverso «sotto gli americani». «Non li amavamo, ma c'era modo di arrangiarsi. Ora ci sentiamo traditi. Siamo senza protezione e senza idee». Più mi ci addentravo, e più mi pareva che la città vivesse in un'atmosfera irreale, quasi in rassegnala attesa della fine. Ma allo stato maggiore confutarono questa mia affermazione. «Abbiamo il controllo degli avvenimenti ». mi dichiarò il generale Thanh. «Qui non ècoine sul della del Mekong, dove infuria la guerra del raccolto del riso. Ogni tanto, i guerriglieri comunisti tentano di bloccare la strada per Hué, ma non ci riusciranno». Mi elencò le sue forze: «Tre divisioni corazzate, tre brigate dell'aria e tre del thare, dodici battaglioni provinciali, una divisione di fanteria». Definì il comandante della guarnigione di Da Nang, Ngo Quang Truong. «uno stratega insuperabile». E' lo stesso che venerdì, all'apparire dei vietcong, ha cercato scampo in mare, consegnando loro la popolazione, il principale responsabile degli orrori dei giorni successivi. Quel pomeriggio incontrai il tenente Thinh. Era un asso dell'aviazione militare. A 32 anni, aveva all'attivo circa 1500 missioni. Non sapeva che cosa fosse vivere senza la guerra. Ricordava lo sbarco dei marines americani a Da Nang nel '64, e, prima ancora, le ondate dei profughi dal nuovo Slato comunista del Nord. Mi condusse a casa, a salutare la moglie e i tre bambini. Salimmo su una jeep riverniciata di bianco, e lasciammo la città. Si fermò tra l'aeroporto e i monti. «Di qui si distinguono a occhio mulo le strade costruite dui vietcong», mi disse. «Le bombardiamo quotidianamente, ma invano. Tra breve, potranno colpirci cui missili". Sembrava rassegnato: «Non creda all'alto comando. Abbiamo i giorni con¬ tati». Gli chiesi che ne sarebbe stato della sua famiglia: «La farò fuggire». E di lui: «Sono un soldato e un uomo onesto». Thinh si rifiutò d'accompa- guaimi a Hué. «Non sfidi'la sorte», mi consigliò. «Le incili- sioni dei guerriglieri sono frequenti». Mi citò un macabro motto dei marines: «The lasl to Icnoìv, the first to go». L'ultimo a capire, il primo a perire. «Questa era una bella città», osservo. «I francesi la consideravano la migliore stazione balneare del Mar della Cina. Gli americani hanno portalo il boom, ma l'hanno anche condannala». S'incupì. «Torse diverrà la capitale dello Sialo vietcong. Ci mancano la benzina e le munizioni, il morale è basso, la truppa è slanca». Mi additò la gente: «Aumenta ogni giorno E' fatalista, oppure non capisce, comunque, ha imparalo a vivere nell'incertezza. Sono pochi quelli che vanno a dormire la sera spaventati. Più grave, per loro, è il problema di mangiare». La mattina successiva andai al consolato americano, al porto. La notte era trascorsa nella calma più assoluta, le strade s'erano vuotate assai prima che cominciasse il coprifuoco. Un funzionario mi parlò dei profughi. «Dal trattato di pace di Parigi del 73. non ci sono più siale grosse offensive comuniste. Molti sudvietnamiti sono tornati a Hué, 200 mila su 350 mila, altri a Quang Tri, più a settentrione. Rimanevano soltanto le macerie, ma hanno ricostruito tulio: la tenacia di questo popolo è incredibile. Visitiamo le due città in elicottero ogni settimana, e non ci pare vero. E' chiaro però che queste regioni hanno una spada di Damocle su! capo. Chi può prevedere che cosa succederà?». Tracciò una linea su una mappa: «Ecco la frontiera: la nuova Quang Tri è a due passi, e finora non è slata attaccata». Il funzionario credeva che non tutte le speranze di pace fossero perdute. «Sappiamo che i vietcong si stanno rafforzando, che potrebbero tagliare il Sud Vietnam in due e chiudere Da Nang in una sacca. Ma significherebbe la ripresa detta guerra. La vorranno veramente?». Nonostante le apparenze, a suo parere, nutrivano speranze anche gli abitanti del la città. «Aspellano, ma non s'abbandonano alla disperazio- ne, non si lasci impressionare. // conflitto ha sfibralo lutti, unclie il nemico». Come avreb- bero reagito se Da Nang fosse stata invasa? «Ne sarebbero rimasti terrorizzali. Non è solo rifililo del collettivismo marxista: è anche timore della rigidi là del Nord. Storicamente, le due parli di questo Paese non si sono mai affratellale». I miei appunti terminano qui, su questa cauta nota d'ottimismo, che la delegazione nordvietnamita a Saigon più lardi condivise. Un ufficiale I comunista proclamò che anche nei territori di Hanoi incornili- ì ciava la ricostruzione. Mi dichiarò che Van Thieu sarebbe stato sconfitto con la pace. «La popolazione di Da Nang sceglierà la libertà. Sarà essa stes- | sa a deporre il dittatore». E' I quanto la propaganda vietcong sostiene ora, informando il mondo che la gente ha accolto trionfalmente i guerriglieri. E' difficile immaginare questa scena, quando i testimoni oculari riferiscono del panico al porto e all'aeroporto, dell'ammutinamento di un esercito codardo, del massacro dei civili. I La tranquillità di Da Nang. Io I scorso N'alale, era un'illusione, \ su di essa soffiava già vento di morie Ennio Caretto i VIETNAM — Il regno del Viet-naro nasce nel 1803. a opera di Nguyen Anh. che con l'aiuto dei francesi prevale sulle altre fami-glie feudali. Nel 1858 Napoleone li!, prendendo a giustificazione persecuzioni avvenute nell'Annam contro alcuni missionari, invia una fiotta che occupa Da Nang (allora chiamata Tourane), quindi Saigon. Nel 1863 vi è l'annessione della Cocincina e la Cambogia diventa un protettorato. Con l'aggiunta del Laos, viene formata nel 1887 l'Unione Indocinese: una colonia francese. HO CI MIN — Nel 1941. Ho Chi Min (sono con lui Pham Van I Dong e Vo Nguyen Giap) fonda la Lega pei l'indipendenza del Viet I "»"' (Vietmln). che guida la resi \ s,enza. del P°Pol° allorché, scoppiata la guerra mondiale, i giapponesi si impadroniscono del ter- ritorio. Terminato il conflitto, il 2 i settembre 1945 Ho Chi Min prò j clama a Hanoi la Repubblica de I mocratica del Vietnam: nel '46 la j Francia riconosce l'autonomia di ; Vietnam, Cambogia e Laos, ma il 23 novembre i francesi bombarda no Haiphong «per dare una lezio ne al Vietmin». Si scatena la guer | ra di liberazione, mentre l'ex im | peratore Bao Dai torna, con l'ap j poggio di Parigi, sul trono di Sai gon. Nel '50 Truman decide di inviare ai francesi aiuti economici; giungono anche alcuni osservatori militari. DIEN BIEN PHU — Malgrado gli aiuti Usa, il 7 maggio 1954 cade la guarnigione francese di Dien Bien Phu. E' la fine del periodo coloniale francese. Nel luglio, a i n e i e è . - Ginevra si tiene una conferenza che decide l'indipendenza di Cambogia. Laos e Vietnam. Quest'ultimo viene diviso in due. all'altezza del diciassettesimo parallelo. A Nord vi è Ho Chi Min; a Sud. Bao Dai deve lasciare il posto, nel '55. a Ngo Din Diem. che ha l'appoggio degli americani. La decisione presa a Ginevra, che entro il '55 il Paese dovesse essere unificato e scegliere il proprio regime con libere elezioni, è resa vana dalla posizione americana. Eisenhower dichiara infatti che -l'America non si sente legata a queste decisioni ». Un gruppo di » consiglieri militari» si installa nel Sud Vietnam. NGO DIN DIEM — Il presidente della nuova Repubblica sudvietnamita riceve massicci aiuti militari e economici dagli Stati Uniti. L'esercito arruola 150 mila uomini; la polizia forte di oltre 50 mila effettivi, diventa uno strumento di Diem. La Commissione di 1 controllo, voluta da Ginevra, non | può che protestare per -l'ostruzionismo americano e sudvietnamlta alle ispezioni militari-. IL CONFLITTO — Il 1960 vede la nascita del Fronte di liberazione nazionale (Vietcong). I «consiglieri» americani aumentano: nel '61, allorché vengono denunciate le prime infiltrazioni di nordvietnamiti a Sud del diciassettesimo parallelo. Kennedy li porta a oltre 15 mi'a. La neutralità del Laos viene ribadita nel '62 a Ginevra. Nel '63 la polizia di Diem stronca sanguinosamente le dimostrazioni buddiste di Hué: molti bonzi si danno fuoco per protesta contro il dittatore, che il primo novembre viene rovesciato da un colpo di Stato e ucciso. Gli succedono via via. Nguyen Kahn, «Big» Minh e Nguyen Cao Ky. L'ANNO CRUCIALE — Nell'agosto 1964 l'America denuncia ; l'attacco a alcune navi Usa nel Golfo del Tonchino (nel '71. il «Dossier McNamara» rivelerà che i si trattò di incidenti «montati») e il Senato autorizza il presidente Johnson a -respingere e prevenire ogni attacco armato contro le forze degli Stati Uniti: Si iniziano i bombardamenti sul Nord Vietnam, mentre i «consiglieri» sono già 23 mila e i soldati 160 mila, comandati dal generale Westmoreland. L'8 marzo 1965 i marines sbarcano a Da Nang. Nel '66 i B52. i grandi bombardieri statunitensi, aprono i bombardamenti sulle regioni di Hanoi e Haiphong. Le truppe Usa sono ormai oltre mezzo milione di uomini. A Saigon, Van Thieu vince le elezioni e diviene presidente. IL GENERALE GIAP — Nel 1968 i vietcong scatenano una grande offensiva, guidata dal generale Giap, che coincide con il Tet, il Capodanno buddista. I combattimenti divampano anche nelle strade di Saigon. Cade l'antica città di Hué: nei 40 giorni che occorrono alle truppe americane per riconquistarla, vi avvengono veri e propri massacri. In America, Johnson annuncia, in ottobre, la cessazione dei bombardamenti sul Nord e decide di ritirarsi dalla vita politica. In novembre, Nixon entra alla Casa Bianca. IL NEGOZIATO — Si aprono a Parigi, nel gennaio 1969, i colloqui di pace. Nixon promette ai soldati americani in Vietnam «un rapido ritorno a casa-. Il piano del neo presidente consiste in un ritiro delle forze straniere nel Paese e in un «cessate il fuoco». Il Sud Vietnam dovrebbe decidere il proprio destino con elezioni garantite II tcsAcLmNvrspdddgcbvlsmsrcptnragLlrmsQvVva l | da un controllo internazionale e e a e , - o n piano viene definito -assurdo- da Hanoi. Si iniziano in agosto gli I incontri segreti di Kissinger con i I nordvietnamiti. Il 3 settembre muore, a 79 anni. Ho Chi Min. Intanto, è cominciato il ritiro del contingente americano. LA CAMBOGIA — Nel 1970 un colpo di Stato rovescia in Cambogia il regime neutralista di Norodom Sihanuk. Quest'ultimo si rifugia a Pechino, mentre !a guerra si estende al suo Paese. Nel '71 viene invaso il Laos dai sudvietnamiti, che cercano di spezzare la «pista di Ho Chi Min», un'impor- tante via di rifornimento dei vietcong. Questi infliggono una dura sconfitta alle truppe di Thieu. In America, il tenente Calley viene condannato per gli omicidi di My Lai. NUOVA OFFENSIVA — Nel 72, mentre si discute un nuovo piano Nixon. Giap lancia una seconda violenta offensiva; gli americani reagiscono riprendendo le incursioni aeree sul Nord e minando i porti per impedire i rifornimenti di armi via mare. In luglio riprendono a Parigi i colloqui, favoriti dalla trattativa segreta tra Kissinger e Le Due Tho. In ottobre e dicembre vi è una nuova ondata di bombardamenti su Hanoi. LA «PACE» — Nel gennaio 1973 viene finalmente firmato a Parigi l'accordo. In 23 articoli, sono descritte le condizioni politiche e militari della pace. Gli americani smobilitano le loro truppe, ma in realtà la guerra continua, con decine di migliaia di morti e reciproche accuse di violazioni al trattato di Parigi. VERSO LA FINE — All'inizio del '75 i vietcong scatenano una nuova offensiva, e i risultati che raggiungono sono forse superiori alle loro stesse aspettative. A peggiorare la situazione dei regimi di Lon Noi e di Van Thieu viene l'opposizione del Congresso americano a stanziamenti di circa 300 milioni di dollari chiesti dal presidente Ford per aiuti a Phnom Penh e Saigon. Il 19 marzo cade Quang Tri. prima delle città-chiave sudvietnamite. Il 26 è la volta di Hué. Oltre la metà del Sud Vietnam è ormai in mano dei vietcong. Il 29 cade Da Nang. Il primo aprile Lon Noi abbandona Phnom Penh per un viaggio «di riposo» che significa l'esilio, mentre I Khmer rossi — i guerriglieri comunisti la cui forza si è accresciuta nel '70, allorché gli si son aggiunti i sostenitori del deposto Sihanuk — conquistano la cittadina fluviale di Neak Luong, sul Mekong. e chiudono così, praticamente, l'accesso alla capitale cambogiana, stretta ormai in una morsa. f. m.