Il p m: "Non fu un assassinio ma eccesso in legittima difesa,,
Il p m: "Non fu un assassinio ma eccesso in legittima difesa,, Il "delitto dell' arancia n al mercato rionale Il p m: "Non fu un assassinio ma eccesso in legittima difesa,, Chiesta la condanna a due anni per omicidio colposo del commerciante che uccise un giovane con la pistola - "Mi veniva addosso - ha detto l'imputato - roteando una catena di ferro" Due anni di carcere per omicidio colposo: questa la richiesta della pubblica accusa ieri in assise, al processo del venditore ambulante che al mercato rionale della «Venchi Unica», in una lite scoppiata per II furto di un'arancia, uccise un ragazzo che lo minacciava con una catena in difesa del fratello. Per il pubblico ministero Notarbartolo l'imputazione che si deve contestare a Nicola Guglielmo, il venditore ambulante che il 24 aprile del 1973 uccise con un colpo di pistola al fegato, il diciannovenne Lorenzo Cuoco, è quella di omicidio colposo e non quella di omicidio volontario con la quale è stato rinviato a giudizio: sparò per legittima difesa, il suo unico torto fu quello di «eccedere» usando un'arma mortale. In breve il fatto come è stato rievocato dal presidente della corte Luzzatti in apertura d'udienza. Alle 17,30 del 24 aprile del 1973 scoppia una lite nel mercato della «Venchi Unica». Un ragazzo, accu- sato di aver rubato un'arancia, si azzuffa con un commerciante, Antonio Cambria, che riceve un pugno in pieno viso rimettendoci due denti. Ma il quattordicenne Gioacchino Cuoco viene circonda-to dagli ambulanti e ripagato del-la stessa moneta. Fugge a casa dove il fratello maggiore, Lorenzo, 19 anni, vuole sapere chi «io ha ridotto così». Insieme ad alcuni amici sì mette a capo di una spedizione punitiva che si conclu. derà tragicamente. Quando Nicola Guglielmo lo vede avanzare in mezzo alla folla spaventata roteando una pesante catena di ferro, estrae la pistola che tiene nascosta nella tasca della portiera del furgone, posteggiato vicino al banco di vendita. Spara un colpo solo, ma per Lorenzo Cuoco, colpito al fegato, non c'è più niente da fare. Si accascia esamine, lasciando cadere la catena — che è stata sequestrata ed esibita al processo — e muore . a e a o è a d e un'ora dopo il ricovero all'ospedale Martini. Le testimonianze degli amici del morto e quelle dei colleghi di lavoro dell'imputato, non potevano che essere contrastanti. Antonio Cambria, il commerciante che ha il banco di vendita attiguo a quello del Guglielmo, ha ripetuto in aula quanto aveva già detto al giudice istruttore: «Fu Gioacchino Cuoco ad aggredirmi colpendomi con un pugno al viso che mi ha spaccato le labbra e rotto due denti. Circondato dagli altri commercianti fu costretto a desistere dal suo atteggiamento minaccioso. Ma tornò di li a poco con il fratello che roteava la catena sopra la testa». Per gli amici della vittima invece non si trattava di una spedizione punitiva. «Volevamo discutere», ha detto uno di loro, rlcor.oscendo a stento la catena che gli veniva mostrata dal presidente Luzzatti. Per il patrono di parte civile, avvocato Perla «il fratello della vittima, Gioacchino, aveva subito una brutale aggressione. Quando Lorenzo se lo vide arrivare a casa conciato a quel modo, il maglione tutto insanguinato, il viso tumefatto dai pugni, volle riparare un torto. D'accordo, minacciò il Guglielmo con una catena. Ma perche il commerciante non fuggì come facevano tutti? E soprattutto perché sparare, ammesso che fosse indispensabile, centrando il bersaglio?». A conclusioni opposte è arrivato l'avvocato Lageard, uno dei difensori dell'imputato, che ha preso la parola dopo la requisitoria del p m. Notarbartolo, conclusasi, come si è detto, con la richiesta di due anni di carcere per omicidio colposo. «Nicola Guglielmo ha reagito nell'unico modo e con l'unico strumento che aveva in quel momento a disposizione. Non esisti sproporzione tra una pistola e una catena di ferro fatta roteare con forza sopra la testa». Il processo riprende stamani con l'arringa del secondo difensore del Guglielmo, avvocato Del Fiume. L'omicida mostra la catena con cui fu minacciato
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