Chiesto il rinvio a giudizio di sei dirigenti dell'lpca di Ciriè, "fabbrica della morte,,

Chiesto il rinvio a giudizio di sei dirigenti dell'lpca di Ciriè, "fabbrica della morte,, Le sostanze impiegate nella lavorazione provocavano il cancro Chiesto il rinvio a giudizio di sei dirigenti dell'lpca di Ciriè, "fabbrica della morte,, Il processo riguarda solo una parte delle vittime - Il p.m.: "La normale diligenza impone all'imprenditore di tutelare l'integrità fisica dei lavoratori" - Ai dipendenti non furono fornite informazioni sui rischi eventuali, né indumenti protettivi - Mancavano attrezzature per evitare "la respirazione di sostanze cancerogene" Itro Calorie direttore tecnico del !10 stabilimento; Sereno e Alfredo Ghisotti, proprietari e ammini strafori della società; Silvio Chi sotti, responsabile del servizio manutenzione impianti e dirigen Ite dell'ufficio tecnico: Paolo Ro- Per sei dirigenti dell'Ipca. lo | stabilimento «maledetto» di Ciriè, 11 pubblico ministero dott. Wltzel lia chiesto 11 rinvio a giudizio con l'accusa (11 avere procurato colposamente la morte, per cancro, di 1!) dipendenti e lesioni ad altri cinque. 11 giudice istruttore dott. Maddalena dovnì decidere se accogliere o no le richieste. I nomi degli accusati sono: Pie dano, direttore amministrativo; I Giovanni Mussa, medico di fabj brica. Le qualifiche degli impu1 tati riguardano il periodo di indagine del magistrato, cioè fino I al 1972. In particolare, il p.m. chiede il rinvio a giudizio di Pietro Caj Iorio, Sereno Ghisotti, Alfredo jGhisotti, Silvio Ghisotti, Paolo Rodano e Giovanni Mussa per rispondere degli omicidi colposi ! in danno di Giuseppe Baima, Guij do Benedetto, Giacomo Beria, > Mario Bonaudo. Domenico Care- I sto. Giuseppe Chiesa, Giacomo l Cottino, Emilio Franco, Innocen- i i . ,-, , If ?alT,P°' ^iet™ icario Cuia. Carl° Meroni' Domenica MessiI na. Giuseppe Possio, Giovanni Prato. Mariano Qualdioli, Pa- I squale Trivero, G. Battista Turi- 1 «n^a™ pffr&e" j ! le .lesi°ni,. co|?°.serf.in „dann° di , ' ^'S1 Luun cniaao. t^no tiau- | p"3',1]; ,P'etJ° ,Ma^?a' Antonio j Qualdioli e Sergio Picco. Gli im- ; putati sono difesi dagli avvocati ! Mussa e Zaccone; i parenti delle vittime si sono costituiti parte civile con l'assistenza degli avvo- cati Graziano Masselli, Ugo Spa- | Guidetti Serra, gnoli, Gianaria Magnani Noya. La tragedia dell'lpca continua ancora, anche se lo stabilimento i non produce più coloranti nocivi. | Si legge infatti nella requisitoria che «risulta probabile la compar- ' sa in futuro di molti casi analoghi I poiché — sebbene appaiano elimi-1 nate nello stabilimento le cause [| della patologia professionale —{l'esperienza insegna che il periodo j cii "latenza" delle manifestazioni clinico-sintomatologiche di quel. tipo di tumore può protrarsi per parecchi anni, da un minimo di 4 | ad un massimo di circa 35 dall'inizio dell'esposizione alle sostanze j ; cancerogene». Non è escluso quindi che, fra I ! non molto, la magistratura debba | I iniziare un nuovo processo a carij co di questi imputati, chiamando[ li a rispondere della sopravvenuta ; morte di altri dipendenti, nei quali i terribili sintomi del male si manifestano soltanto adesso. E', questo, uno degli aspetti più tra gici della vicenda, unica nella sto ria degli omicidi colposi in Italia Quasi una spietata gara tra il giù dice, alla ricerca di dati certi e in contestabili per perseguire il rea. to, e il cancro causato dai colo- j ranti organici che si producevano ' nell'Ipca | Una gara crudele non solo per {quello che riserverà il futuro, ma ! anche per quello che è accaduto ■ in passato. Le vittime dell'lpca, I infatti, sono state molto più delle 19 elencate al termine della requi-1 sitoria. Secondo le perizie, le so-l stanze cancerogene «prodotte e I ir.anipolate» nello stabilimento di Ciriè dal '29 al '69 (benzidina, al- ! fanaftilamina, betanaf«lamina ) hanno provocato la morte, per cancro alle vie urinarle, di 24 ope- ni; per cancro polmonare, cirrosi ! epatica o tumore vescicale di 4 la malattia (papilloma vescicale) d' 18. Non tutti i parenti delle vittime, però, hanno diritto a costituirsi parte civile, essendo molti reati, nel corso degli anni, prescritti o amnistiati. E' un altro aspetto, non meno crudele, della vicenda umana e giudiziaria. L'accusa del pubblico ministero Witzel parte da una chiara premessa: «L'esercente dì un'industria ha il dovere di informarsi e j di aggiornare le proprie conoscenza sugli eventuali pericoli derivanti dalla produzione e dall'impiego I delle sostanze trattate, e di conse-1 j guenza sui modi per prevenire, ' evitare e comunque limitare al massimo tali pericoli: ciò è sempre stato imposto dalla comune prudenza, diligenza e perizia, ed è stato espressamente sancito dal | codice civile che all 'articolò 2087 ] stabilisce: "L'imprenditore è te | nuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, Ve-1 sperienza e la tecnica, sono necessarte a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei presta-, I tori di lavoro». I Tra i vari addebiti mossi dal ; > 1111111111 illuni 111111111111111 ■ 1111 p.m. agli imputati, vi è quello dinon aver «reso edotti i lavoratoridei rischi specifici a cui erano esposti»; di non aver fornito ai dipendenti «i necessari mezzi diprotezione, dando maschere antl-gas inefficienti e inadeguate, nondando stivali di gomma — bensìzoccoli —, né guanti e tute gom-mate, né indumenti personali dìricambio»: di non aver disposto ] «la pulizia del vestiario con deler | gente acido»; di non aver «fatto eseguire, fino al '61, analisi per la ricerca nelle urine di amine aro matiche (sostanza cancerogena n.d.r.) e, fino al '71, eseguendo ta ì n.d.r.) e, fino al '71, eseguendo ta- 1 li analisi con metodo scarsamente, sensibile ed approssimato che non consentiva diagnosi precìse né, \ quindi, tempestivo intervento te- | rapeutico». La colpa più grave, se- condo il p.m., sarebbe stata quella di non aver adottato accorgimenti tecnici per evitare «la manipolazione e la respirazione» delle sostanze cancerogene. Nella requisitoria si osserva infine che «fin dal '27 era stato emanato un regolamento sull'igiene del lavoro comprendente norme che, pur se dettate a generica tutela della salute del lavoratore, abbracciavano tuttavia una parte rilevante delle cautele preventive cui si è accennato. Pertanto, fin dall'inizio dell'attività, i responsabili dell'lpca dovevano e potevano conoscere il grave pericolo specifico connesso alla lavorazione dei coloranti». Sergio Ronchetti | I L'ing' P*°'° «* «" diret.ore dell'lpca. l'ing. Silvio Ghisot.i - Pietro Ca.orio

Luoghi citati: Ciriè, Italia