Il Burchiello di Casanova di Marziano Bernardi

Il Burchiello di Casanova VILLEGGIATURE D'UNA VOLTA SULLE RIVE DEL BRENTA Il Burchiello di Casanova Il mattino del 2 aprile 1734 un bambino che quel giorno compiva nove anni guardava stupito, appena sveglio, dal suo basso lettino le cime degli alberi « camminare » nel cielo di là dell'alta finestrella d'una adorna stanzetta dove la madre l'aveva posto a dormire la sera prima. Quel bambino era Giacomo Casanova, e quegli alberi non camminavano. Camminava invece lento lento, un miglio all'ora, trainato dal cavallo lungo l'alzaia il Burchiello, la signorile barca — « vaghissimo Naviglio », come la chiama il Goldoni, tanto diversa dalla comune « Barcaccia » usata dal popolo — che viaggiava sulla Riviera del Brenta da Venezia a Padova e viceversa. Più tardi lo stesso Casanova la descriverà: « Una specie di casetta galleggiante, in cui vi è una stanza adattata a salottino ad ognuna delle due estremità, e un camerino per la servitù a prua e a poppa: è a forma di rettangolo ed ha finestre a vetri con imposte ». Questo primo viaggio acquatico del futuro avventuriero, condotto fanciullo a studiare in Padova, dove l'accompagnavano l'abate Grimani ed il poeta Baffo, ci riporta ad una età, a un costume e ad una tipicità di luoghi che soltanto le antiche carte scritte o figurate ormai possono rievocare perché il tempo vorace e distruttore tutto, o quasi, in quei luoghi ha cancellato o trasformato. Sono le carte relative alle villeggiature dei patrizi e dei ricchi borghesi veneziani sulle rive del Brenta (a proposito: il Brenta o la Brenta? Gli autori, sia di ieri che di oggi, non sono d'accordo sul «sesso» di questo fiume), che narrano delle soste del re di Francia Enrico III nella Villa Foscari alla Malcontenta e nella villa Contarini alla Mira; dei passaggi per l'amena contrada del signor di Montaigne, dell'amabile presidente De Brosses, del- l'attentissimo viaggiatore La Lande, di Wolfango Goethe e di Carlo Goldoni, infine degli eroi del Fuoco dannunziano. Famosi viaggiatori Le narrazioni concordano nel celebrare il fascino di queste sponde popolate, tra i piccoli borghi, d'innumerevoli ville che quasi ripetevano talvolta col susseguir- si delle armoniose facciate lo spettacolo fastoso del Ca nal Grande: veramente una « Venezia in campagna ». Perciò il viaggio sul Burchiello appariva delizioso non soltanto al bimbo Casanova, ma a letterati, poeti, artisti illustri. De Brosses, soddisfatto della comodità ed eleganza del battello, confessava di non avere « la minima fretta di arrivare », fornito com'era « di molti viveri, di vino delle Canarie». Goethe dichiarava « simpatica e piacevole » la gita sul Brenta « per il fiume col sistema delle cateratte » e con ogni tanto una discesa a terra « per gustare della frutta che vi offrono in abbondanza ». Il La Lande asseriva di non aver « mai visto rive così ri¬ denti e così ben popolate », ripetendo senza saperlo l'elogio della « Vita sobria » dell'umanista Alvise Cornaro così a fondo studiato dal compianto grande Giuseppe Fiocco (.Alvise Cornaro, il suo tempo e le sue opere, Vicenza, Neri Pozza, 1965). Goldoni 1 cantava il «Padovan Burchiello I La deliziosa, comoda Vettura, I In cui per Brenta viaggiasi bel bello ». Soltanto la impaziente sposa di Gaspare j Gozzi (Sermone sopra la Villeggiatura) , annoiata dalla len- tezza del Burchiello, dava in smanie: « La ultima fiata I Questa fia che m'imbarchi. In poste, in poste l un'altra volta! »: cioè con la carrozza postale su via di terra. Ma fra tutti i « memorialisti » dell'incantevole Riviera che nel Settecento, proprio j mentre la Serenissima s'avviava al tramonto, toccò il | cuimine delle sue molli, sva gate, vacue e pettegole piacevolezze, nessuno può gareggiare con Gianfrancesco Costa, benché la sua descrizione si attui non con parole ma con immagini. Pittore, incisore, scenografo, studioso e finalmente, sul finir della vita, professore di architettura all'Accademia veneziana, egli otteneva nel 1747 dall'Eccellentissimo Senato un decennale I « privilegio privativo » per j un'impresa che sviluppava più pittorescamente quella prece dente del padre Vincenzo Co ronelli: l'illustrazione in 140 tavole incise all'acquaforte e riunite in due volumi di circa altrettante ville della « Brenta Felice ». Ne riuscì una documentazione straordinaria, certo la più completa che esista, di quei palazzi, ville e «casini» in cui il patriziato e l'alta borghesia di Venezia sfogavano le goldoniane Smanie per una villeggiatura che poi si risolveva in una noia di cinque mesi combattuta da passeggiate, visite reciproche, pranzi, giochi d'azzardo, messe nelle cappelle gentilizie, qualche amoretto; ed un riflesso di questa vita, insieme con le precise immagini delle architetture, si scorge nella serie di stampe del Costa che già nel 1837 il Cicognara dichiarava « opera importante e rara » ed oggi nelle edizioni originali è divenuta introvabile. Perciò l'editore Bestetti di Milano l'ha ora splendidamente ristampata integra con un ampio bellissimo saggio introduttivo e commento, quasi tavola per tavola, di Giuseppe Mazzotti, il maggior conoscitore vivente della storia delle ville venete, ch'egli ha tanto contribuito a salvare, almeno in parte, vina. dalla definitiva ro- Descrittore vivace Gianfranco Costa, che come scenografo lavorò nel 1743 anche al Teatro Regio di Torino con il Crosato, non fu un grande incisore, e porre sullo stesso piano il capolavoro del Canaletto Le Porte del Dolo (n. 3 del «Catalogo completo delle incisioni del Canaletto» a cura di Harry Salamon, Torino, Salamon e Agustoni editori, 1971 ) con l'acquaforte del Costa che puntualmente ricalca la stessa veduta, però con l'aggiunta del Burchiello navigante oltre la chiusa e i » o a e e o e e à . e i e e o o della «Barcaccia» ancora di qua della «Porta», sarebbe assurdo. L'impegno grafico del bravo Costa dal punto di vista stilistico s'accontenta d'essere decoroso pur toccando qualche volta un livello notevole; in compenso la sua descrizione è esatta e vivace, il Burchiello va e viene con altre imbarcazioni, macchiette di gentiluomini, dame, popolani animano le sponde della Riviera. Completa risulta la rappresentazione d'un patrimonio architettonico, di un «bene culturale» che ha ormai perduto la sua antica nobile connotazione. Nel suo ammirevole commento Bepi Mazzotti (Mazzotti è Bepi per tutti gli amici) lo fa rivivere qual era due secoli fa, prima che abbandono e rovina lo riducessero a un monco fantasma. E non soltanto annota le tristi modificazioni avvenute, ma anche ricorda e descrive «palaz - | zi e casini» che il Costa trascurò. Talvolta sembra che | abbia anche lui pranzato, mai gari col De Brosses, alla «O- e 3 n o l o o » oie e ò o e steria del Botteghin», o che sia stato ospite del Nobil Homo Valmarana nel fastoso palazzo del quale non riman gono che due «Barchesse». Ma le sue parole scivolano sul tempo come l'ombra d'un sogno fuggente; e alla sua indignazione per «l'indegna carnevalata dei manifesti pubblicitari » che deturpano certi muri superstiti della «Brenta Felice» risponde l'indifferenza della nostra civiltà tecnologica. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Milano, Padova, Torino, Venezia, Vicenza