Misteri e un giro di miliardi circondano la Montedison

Misteri e un giro di miliardi circondano la Montedison Con la doppia presidenza di Cef is Misteri e un giro di miliardi circondano la Montedison Bisogna evitare che, come è successo in passato, il contribuente paghi gli errori dell'industria petrolchimica - Il psi chiede che sia chiarito alle Camere il futuro della Montedison (società finanziaria e "nuova" Montedison per la petrolchimica) Giulio Mazzocchi Roma, 29 marzo, jC'è stato un momento, lo scorso anno, nel quale lo Sta-to si è trovato a essere il prò- prietario della maggioranza re- lativa della Montedison. Ma lo era senza «saperlo». L'ha saputo solo Cefis, presidente della Montedison. Dice oggi la «Lettera finanziaria dell'I? spresso » che Cefis ha conosciuto quello che il governo non conosceva spendendo 200 milioni di lire: se è vero, che cosa venne a conoscere? Cefis venne a sapere che il presidente dell'Eni Girotti (non vedendo rispettati dalla Montedison i patti stabiliti dalla programmazione per la spartizione dei settori chimici) aveva acquistato nuove azioni Montedison tramite la società fiduciaria Euramerica e la propria società estera «Compagnie bancarie» di Ginevra. L'Eni venne a possedere 178 milioni di azioni Montedison; aggiungendo i 32 milioni in mano Iri, si arrivò a 210 milioni di azioni Montedison in mano alle Partecipazioni statali. I nuovi acquisti dell'Eni contrastavano non solo con il «patto sindacale» fra azionisti di controllo Montedison pubblici e privati, ma anche con la legislazione sulle partecipazioni statali, che impone di chiedere l'assenso politico per acquisire il controllo d'una impresa privata. E con 210 milioni di azioni, si possiede il controllo di maggioranza relativa della Montedison, an- jche se si tratta d'una mino ranza formale di azioni, 1 Cefis non fece scandalo, j Però di lì a poco la voce del ; presidente dell'Eni, Girotti, j cessò di farsi udire per quane a - a a ; i r a l e to riguardava la chimica e non puramente il petrolio (ma che in quegli acquisti stia la chiave del silenzio che Girotti mantiene nei confronti dell'entità e dell'utilizzo della sua «rendita metanifera»?). Non solo venne il silenzio di Girotti, ma la stessa «Compagnie bancarie» passò di mano. Passò alla Montedison. Cefis dunque fece aggio sull'acquisto di un surplus di azioni da parte del denaro pubblico, per acquisirne il controllo. Cefis fece di più: il personaggio davvero possiede delle capacità di stratega finanziario senza uguali, specie perché, diversamente dai suoi tanti concorrenti, non ha mai — che si sappia — commesso l'errore di travalicare una delle norme di legge che regolano il settore pubblico. Quello privato, si sa, in Italia ha norme elasticissime, che soltanto nei prossimi anni l'appena istituita «commissione sulle Borse» dovrà restringere e far applicare a difesa degli azionisti di minoranza. Cefis, dunque, tacendo della nuova «scalata» Eni, accusò invece il presidente della Sir, Rovelli, d'una scalata privata. Ora si vede che la scalata di Rovelli ci fu, ma minima. Rovelli ha già accettato, su richiesta di Carli, di cedere quasi tutte le azioni Montedison che controlla. E qui s'apre il capitolo futuro della Montedison. Le cessioni di azioni Montedison in «supero» saranno fatte, da parte dell'Eni e di Rovelli, con un giro complicatissimo. Il complicato giro investe la Bastogi, ITtalcementi di Pesenti, la stessa Montedison. Ma il tutto dovrà avvenire solo dopo aver fatto la «grande operazione» di dividere in due parti la Montedison: una finanziaria di gestione per le attività varie (compresi i giornali e le società pubblicitarie), che si chiamerà «Fingeste e una società che raccolga tutta la petrolchimica Montedison. E ieri in questo senso s'è compiuto il primo atto, proponendo d'inglobare nella Montedison due piccole società chimiche che già controlla. Ma il fatto è che la musica dei giri azionari sarà suonata con decine e decine di miliardi. E chi li possiede mai in forma liquida, tra tutte le società indicate? Rovelli da Carli ha avuto assicurazione che non subirà «strozzature» di credito bancario, ma questo non basta perché regali le sue azioni. E poi anche le azioni comprate dall'Eni hanno avuto un prezzo. Chi pagherà? Una norma di legge, che richiama l'aggiotaggio, impedisce al cronista di dire quanto crede di sapere con certezza sul futuro vero acquirente di tutto. Ma quanto è noto già consente di indicare che il problema vero è quello posto dal documento economico del psi e dal suo responsabile, Giannotta: chiarire l'insieme della spesa per il passato e per il futuro; chiarire come si valuterà l'insieme della «separazione» Montedison; formare una società pubblica che assuma il controllo della quota pubblica della petrolchimica italiana, che al contribuente è costata centinaia di miliardi in forma diretta, migliaia in forma indiretta i prestiti, che svuotano le banche); e senza che il settore chimico «del futuro» sia ancora decollato — come ha ricordato Giolitti — mentre permane un nostro grave deficit chimico con l'estero. Tutti i problemi veri sono dunque ancora aperti e tanto più perché il governo, su richiesta del psi nell'ultimo vertice, ha bloccato la riconferma di Girotti all'Eni. C'è qualche altro, in Italia, disposto a prendere quel posto senza che si chiarisca il più grande pasticcio finanziario del secolo? A conforto del lettorecontribuente si può per ora dare una sola notizia positiva: nessun politico dell'arco «costituzionale» è più disposto a proporre per il trentennale della vittoria della Resistenza (25 aprile) l'amnistia che sotto l'usbergo politico avrebbe dovuto cancellare ogni sospetto di reato compiuto sin qui per allacciare «parentele» politiche a favore degli «amministratori» del denaro pubblico.

Luoghi citati: Ginevra, Italia, Roma