Pace ai tifosi di buona volontà di Giovanni Arpino

Pace ai tifosi di buona volontà Non degradiamo il Comunale Pace ai tifosi di buona volontà Domani dovrebbe essere, secondo riti antichissimi e! umane speranze, un giorno di pace. E' Pasqua. Tra auguri, uova con sorpresa, brividi primaverili e sacrificali capretti, viene anche il derby torinese. Una festa in più, confidano in molti. Un pericolo, temono alcuni. Le colonne di via Roma, le mura dello stadio subalpino sono imbrattate da frasi minacciose, i propositi di qualche gruppuscolo di «ultras» forse allontaneranno parte del pubblico dal tradizionale spettacolo di football. Tra Juventus e Torino corrono sette punti di differenza in classifica. E' uno spartiacque pacifico o infido? Sul «prato» del calcio piemontese pende il sospetto degli organi disciplinari: un altro «sgarro» e i tifosi granatieri rischiano di non veder dribbling e gol per qualche domenica, proprio sul finire del campionato. E' accaduto già due volte a San Siro, in un'annata che ha visto i campioni italiani della Lazio estromessi dalla principale Coppa europea per le loro intemperanze. Sarebbe già onesto traguardo e soddisfazione collettiva se Torino, le sue squadre, il suo pubblico, non si allineassero su questi biasimevoli livelli. Derubarci tra di noi è azione idiota. Nessuno sportivo (in corsa o seduto) ha interesse a diventare orfano del gioco prediletto. A meno che non prevalga in lui un senso di autodistruzione che solo la medicina potrebbe curare. Conosciamo i tifosi, lo spettacolo, i personaggi che forniscono stimoli positivi o negativi al « fenomeno calcio ». E proprio da questa conoscenza deriviamo l'ardita speranza (che è anche un augurio) affinché la « Pasqua del derby » possa consumarsi senza gesticolazioni violente. Non pretendiamo un football incontaminato, ma solo una partita leale, con i suol fischi e i suoi applausi. Le uniche «bómbe» rispettabili sono quelle che un Cuccureddu o un Graziani, un Sala o un Viola possono «sparare» sui calci di punizione. La strategia della contestazione ha invaso i territori del calcio, e lo prevedevamo da tempo. Va fermata. Qualche rabbioso individuo non si rende neppur conto di distruggere l'unico giocattolo in suo possesso. Domani, piangerebbe lacrime di sangue, ritrovandosi a mani vuote. Se noi abbiamo bisogno di pallone, è anche perché il pallone ha bisogno di noi. La giostra non gira senza gli spettatori. Ma questi discorsi dettati dal più umile buonsenso fanno fatica a procedere nelle ragnatele d'un sociologismo contemporaneo che cammina sui vetri e neppur conoscendo quanto siano aguzzi questi vetri (e qui mi dissocio fermamente dalle analisi o dalle congetture di Umberto Eco, ospitate nella terza pagina del nostro giornale proprio ieri: il calcio è ancora una cosa diversa, caro Professore). I tifosi granata sono delusi. Non amano Fabbri. Perlomeno non lo amano quelli che gridano forte. Sul Torello è piovuta una tempesta di guai biblici. Ma bisogna tirar avanti. Se i buoi sono fuggiti e tu per dispetto bruci la stalla, non riavrai i buoi e dovrai edificare un'altra stalla. Forse il club torinese poteva pubbli¬ cizzare il rinnovo del contratto a Edmondo Fabbri dopo il derby, non prima. Certo doveva smussare alcuni antipatici attriti con un maggiore « savoir faire ». Ma non bastano simili ragioni per minacciare una «Pasqua sanguinosa», progetto che riguarda più la questura che non gli spogliatoi, le panchine, le tattiche e l'eventuale arbitraggio. Andremo allo stadio con l'equilibrio di sempre, senza pre- venzioni, disposti a registrare errori e virtù dei singoli, del « fischietto », degli strateghi che si contrappongono per novanta minuti. La strumentalizzazione del « fenomeno calcio » è l'ennesima pozione amara che il mondo contemporaneo cerca di farci inghiottire. Dobbiamo respingerla. Una partita non è la vita. Il campionato è grigio perché il livellamento tecnico-tattico, il calo di uomini importanti, il disperdersi delle pedine valide, non consente di trasformare una decente pasta e fagioli in un fagiano. Sono concetti che dobbiamo ripetere a costo di annoiare e annoiarci. Ma se scaraventassimo, per colpe collettive o di pochi cervelli bacati, quell'unica minestra, resteremmo a digiuno. Con quali vantaggi? Non lasciamoci derubare di questa Pasqua. Chi vuole interpretare il povero e dissestato pallone come elemento di disturbo, se ne stia a casa. Nel giorno dedicato alla gente di buona volontà, i malintenzionati si levino di torno. Lo stadio è di tutti, ma se si è amici. Giovanni Arpino

Persone citate: Cuccureddu, Edmondo Fabbri, Fabbri, Graziani, Torello, Umberto Eco

Luoghi citati: Lazio, Torino