Dov'è l'altro petrolio

Dov'è l'altro petrolio Dov'è l'altro petrolio I Paesi dell'Opec forniscono oltre 31 milioni di barili di petrolio al giorno, gli "altri" ne forniscono oltre 24 milioni - La supremazia dell'Opec è netta, ma dall'autunno '73 sono state scoperte imponenti giacenze in altri Paesi - La posizione di privilegio del Medio Oriente e V "oro nero di Mao" La morte di re Feisal e l'insuccesso di Kissinger ih Medio Oriente hanno destato il timore di un altro conflitto arabo-israeliano e insieme di una nuova crisi del petrolio. Da un punto di vista politico, la situazione non è molto diversa da quella dell'autunno del 73, e tale quindi da giustificare le apprensioni. Ma lo è completamente da un punto di vista economico, e i paesi dell'Opec non sono perciò in grado ne d'imporre un embargo ne di alzare i prezzi, riduccndo la produzione, o creando un rigido fronte. Che cos'è accaduto esattamente in questo anno c mezzo? In primo luogo, i paesi importatori di petrolio, scossi dall'inflazione c dair«oi7 deficit» o passivo commerciale, hanno moderato i ! consumi (clic nel mondo non comunista sono secsi da 48 milioni di barili al giorno a 46 milioni e mezzo). II problema del riciclaggio dei petrodollari s'è ritorto inoltre contro l'Opcc, che se li è visti respingere sui mercati finanziari, e non è in condizione di usarli per lo sviluppo i interno. Infine — e a lunga scadenza questo sarà il fattore più importante — è incominciata la corsa «all'altro petrolio», alla , produzione cioè dei paesi non organizzati, che non appartengono al cartello. I membri dell'Opec sono l'A-1 rabia Saudita. l'Iran, il Kuwait, j l'Iraq, Katar. gli Emirali, la Li- j bia c l'Algeria nel Medio Oriente; la Nigeria e il Gabon in Africa: il Venezuela e l'Ecuador in America: l'Indonesia in Asia. Insieme, forniscono oltre 51 milioni di barili di petrolio al j giorno, e posseggono riserve provate per 597 miliardi di bari- I li. I principali produttori indi- ] pendenti sono, andando dall'Europa all'Occidente, la Norvegia. l'Inghilterra, il Canada, gli Slati Uniti, il Messico, l'Argentina, la Malaysia, l'Australia, la Nuova Zelanda, la Cina, l'Urss, Oman e Bahrain. Insieme, forniscono oltre 24 milioni di barili di pe¬ irolio al giorno, eposseggono ri-1 serve provate per 185 miliardi l di barili. La supremazia dell'Opec è netta ma, come dicevamo, a breve termine. Dall'autunno del '75, infatti, nuovi giacimenti sono stati scoperti nei paesi fuori del cartello, che oltre alle liscrve effettive dispongono ora di altre, potenziali, impressionanti: fino a 500 miliardi di barili il Canada e '.'Alaska, oltre 150 miliardi di barili la Cina, quasi 50 miliardi di barili l'Inghilterra, 15 miliardi di barili il Messico. ; I1 ] Sono enti ni inoltre nel novero di questi produttori il Brasile, il Perù, il Vietnam del Sud. l'India, e potrebbero entrarci persino la Grecia e l'Italia. Il petrolio del futuro non è più quello dell'Opec. ma «l'altro». La posizione di privilegio del Medio Oriente, e in particolare 1 dell'Arabia Saudita, la prima l fornitrice al mondo con 8.5 mi j Ì ; ' | ; lioni di barili di petrolio al I giorno, non verrà intaccata fa- I 1 cilmente. Ma la crescente eccedenza di greggio, che paralizza molte petroliere, depositi e raffi-1 ncrie; le dilazioni nei pagamenti che con l'attuale costo del de-1 naro equivalgono a un ribasso; i | contrasti sulla qualità, quantità e impiego del prodotto: tutto insomma muta le prospettive dei paesi arabi. li indebolisce, e li mette sulla difensiva. II potere deWxaltro petrolio» incomincia a trovare la sua esemplificazione nella Cina. Essa se ne sta valendo per rafforzare i suoi legami con il Giappone, e ' allentare quelli con l'Urss; per condizionare la politica del Vietnam del Nord; per ravvicinarsi alla Thailandia, con cui intende imporre un solido equilibrio alla penisola indocinese. Qualche tempo fa, a Tokyo, il sottosegretario agli esteri Tsurumi Kiyohito mi ha detto che Pechino sta costruendo enormi oleodotti. porti galleggianti, piattaforme marine. Esistono giacimenti sfruttabili sulle coste e nelle acque del Mar Giallo, del Mar Cmcsc e del Mare Cinese Meridionale, e. all'interno, nel Sinkiang. non lontano dai confini con la Russia, e presso Lanchow, dove sorgono anche gli stabilimenti nucleari. « L'oro nero di Mao Tsetung ». come lo chiamano in Asia, è destinato a imprimere una svolta storica a quel continente. In piosieguo di tempo, porterà da un lato a un «miracolo economico» cinese, e dall'al- j : | ■ i i l I | I i I \ tro costringerà Mosca e Wash.ng- ton a praticare davvero una di- plomazia tripolare. La Cina s'è I 1 1 | accorta che la crisi del '75 non j ha danneggiato tanto le superpotenze, quanto paesi come il Giappone e l'Italia, e quelli in via di sviluppo. Sta investendo : gran parte della sua valuta estc| ra in importazioni d'impianti e ■ macchinari per la produzione di i petrolio. Probabilmente, cerchei rà anche un dialogo con la Cec, l per contenere la Russia a Occidente. I paesi consumatori ricorrono I sempre più volentieri a fonti non dell'Opec. Un caso tipico è quello del Giappone. Poiché di| pendeva per l'80 per cento del I fabbisogno energetico dal Medio i Oriente, esso decise di diversifiI care le sue fonti di approvvigionamento. Sempre il sottosegretario Kiyohito mi disse che il suo \ governo si sarebbe rivolto con maggior frequenza all'Indone-sia. alla Cina, persino al Perù. Per non irritare Pechino (ma questo me lo nascose) Tokyo ha I Ironie 1 Terzo Mondo rinunciato a collaborare coi sovietici allo sfruttamento dei colossali giacimenti del Tumcn, in Siberia, e alla costruzione di una seconda ferrovia transiberiana. Il Giappone aggira anche il problema dei petrodollari, esportando impiantistica e khów-how in cambio di greggio. Queste tendenze s'accentueranno ancora con i «boom», ormai prossimi, del petrolio del Mare del Nord, su cui l'Inghilterra conta per la sua rinascila economica; degli Stati di Chiapas e Tabasco nel Messico, ai quali già guardano da Washing1 lon; del bacino amazzonico deli l'Ecuador, del Perù e della Co! lombia, che potrebbe mutare il volto dell'America Latina. Il i principio informatore dovrebbe essere quello della « regionalizzazione» dei vari gruppi di produttori e consumatori: l'Europa, pertanto, consoliderebbe la sua posizione di sbocco naturale del Medio Oriente, e viceversa. L'anno e mezzo trascorso dalla crisi del '75 ha dissipalo alcuni miti: della scarsità delle risorse naturali (il pericolo esiste, ma si può sventare): della moitoIiticità e della potenza dell'Opec: della possibilità immediata di sostituire il petrolio con altre sorgenti d'energia, prima fra tutte quella atomica. Contemporaneamente, ha provocato una presa di coscienza nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo: ha dimostrato loro cioè che non v'è altra soluzione alle crisi che l'interdipendenza. In Messico, il presidente Echcvarria ha osservato: «Il vero deve essere quello del per ottenere che la ricchezza venga spartita anche con noi». Ennio Caretto ARABIA SAUDITA-1RAN-IRAO-KUWAIT-Q ATAR EMIRATI-LIBIA-ALGEHlA-NIGERtA-GABON- VENEZUEIA-ECUAOOR-INDONESIA NORVEGIA-INGHIITERRA-CANADA-STATIUNITI-MESSICO : AUSTRALIA-NUOVA ZELANDA-CINA-URSS-0MAN-8AHRAIN ARGENTINA-8RASIIE-PERU-INDIA-VIETNAM DEI SUO

Persone citate: Ennio Caretto, Kissinger, Mao, Tsurumi