La lunga guerra tra i peronisti di Livio Zanotti

La lunga guerra tra i peronisti A CORDOBA, CENTRO NEVRALGICO DELL'ARGENTINA La lunga guerra tra i peronisti (Dal nostro inviato speciale) Cordoba, marzo. « Beco, faccia conto che questo sia l'albero e tutt'intorno ci sia il bosco: da Cordoba è possibile osservare l'uno senza perdere di vista l'altro. La situazione più conflittuale dell'Argentina che è anche una sintesi dello stato del Paese ». Questo mi dice un anziano sindacalista della fronda peronista, amico e consigliere fidato dell'ex vicegovernatore Atilio Lopez, assassinato nell'agosto scorso a Buenos Aires da una banda fascista a tutt'oggi impunita. Mi parla sulla terrazza di un alto edificio del centro: « Qui stiamo tranquilli, non perché 10 abbia qualcosa da temere, sono un onorevole burocrate senza molta importanza, per dirla con l'ironia dei nostri critici, ma è meglio non mettere la mano nella bocca del cane ». Dall'orizzonte nuvoloso la Sierra sembra avanzare sulla città. Le ciminiere delle fabbriche automobilistiche, tutte concentrate qui da vent'anni, indicano la periferia estrema. Come un'urbe separata appare il popolare quartiere « Clinicas », dove gli studenti della piccola e media borghesia rurale vanno a pensione in casa degli operai durante gli anni dell'università. 11 governatorato, in cui lavora l'uomo più discusso del momento, il commissario prefettizio colonnello Raul Lacabanne, è un palazzo tra gli altri. La folla affaccendata di sempre percorre la Avenida Colon, spina dorsale del reticolo di strade che squadra il centro. Sulla piazza San Martin, alcuni gendarmi con l'elmetto e il mitragliatore fanno la guardia alla prefettura. L'aspetto esteriore della città non è cambiato: malgrado gli attentati delle ultime ore, malgrado la tensione rinnovata dall'approssimarsi del primo anniversario del rovesciamento del governo provinciale di Obregón Cano e Lopez, il « navarrazo », come 10 chiamano i cordovesi dal nome dell'allora capo della polizia, Antonio Navarro, che con i suoi agenti estromise di forza governatore e ministri dal potere. Dopo una vacanza di convenienza in Spagna, 11 tenente colonnello Navarro è tornato a Cordoba e ha promesso di intervenire alla celebrazione del suo minigolpe. Poco condiscendente verso certe forme di narcisismo politico, a suo parere imprudenti, il delegato normalizzatore del partito giustizialista, l'avvocato Armando Casas Noblega, ha proposto invece di ricordare solennemente la prima elezione di Perón alla suprema magistratura dello Stato, avvenuta trent'anni fa di questi giorni. « Siamo a punto e daccapo, l'armistizio è finito e si torna in battaglia », dichiara rassegnato il mio interlocutore. Spostata nei termini, la lotta interna al peronismo è ripresa intensa e a Cordoba si esprime in tutto il suo vigore. La « Tendencia Revolucio- naria », radicale e guerrigliera, che pur senza riuscire ad essere maggioritaria durante la presidenza di Héctor Càmpora era arrivata a caratterizzare il giustizialismo, è staI ta espulsa e frazionata. Ad affrontarsi sono adesso il settore moderato, deciso a manovrare nell'ambito del lega1 lismo istituzionale, e quello 1 « ultras », che fa la voce gros| sa e pretende tutto il potere per i puri del « Movimiento ». Autorevolmente consigliato dalla capitale, Lacabanne ha detto no a tutti, proibendo ogni manifestazione puoblica. «Il colonnello sta con i fai- chi. ma anche le colombe han- no tirato fuori gli artigli e ne è venuto fuori un pareg- gio ». commenta il sindacalista. In città, la gestione di Lacabanne è vista come un ol¬ traggio. L'ultimo dei molti commessi dal prepotente cen- tralismo della capitale sulla autonomia delle province, della quale Cordoba è indo- nato alfiere dal momento stesso della sua fondazione, giusto quattro secoli addie- tro. Se ne lamentano impresari e operai, sindacalisti e studenti, i partiti politici pra- ticamente all'unanimità, fat- ta eccezione per il gruppo pe- ronista capeggiato dall'avvo- cato di estrema destra Julio Antùn che dice: « Mi faccio carico da solo della purezza del movimento ». L'economia ristagna. In un'attesa esasperata, tutti si domandano se il commissario verrà mantenuto al suo posto. Qualche settimana addietro il capo della polizia, Héctor Garcia Rey, si dimette e sembra che La cabanne vacilli. Poi Rey fa sapere che la sua rinuncia non era indeclinabile e allora si capisce che a liquidarlo ha contribuito lo stesso colonnello, preoccupato di vedersi compromesso formalmente nell'azione del suo subordinato. Analoga impressione producono le successive 1 dimissioni del ministro pro I vinciale degli Interni, Garcia | Lavai, fautore del dialogo I con ropposizione e pertanto contrario alla politica del commissario prefettizio. Il „,.hinptf_ Hi T .inhmnp «ta spineti j protettore di Garcia Lavai, : Terminato il colloquio, i 1 giornalisti domandano a Ro \ camora se il commissario j conserva la fiducia del gover i no. « La fiducia è relativa. j Tutti viviamo finché non dob biamo morire. Cordoba ci I geografico, nervoso, direi ne vralgico del Paese », rispon de il ministro. Lacabanne ' reagisce andando a visitare j il ministro della Previdenza sociale e segretario della pre \ sidentessa, Lopez Rega. Più ; tardi dichiara: « Resto al mio preoccupa perché è il centro franando. Lui va a Buenos Aires a conferire con il ministro degli Interni, Alberto Rocamora, considerato un posto, soltanto il capo dello Stato può chiedermi di andarmene ». Il braccio di ferro tra le due tendenze che agiscono su Lacabanne è eviden- te. I radicali, che a Cordoba hanno un particolare prestigio da difendere, insistono negli attacchi. « Rocamora è abbastanza intelligente e abile per darsi conto dei guai che produce l'attuale commissario prefettizio. La nostra posizione, tradizionalmente forte, è stara migliorata ultimamente dall'avanzata fascista sui sindacati, che noi abbiamo difeso come •?spressione di una volontà di base », mi dice il senatore Angeloz, presidente dell'Unione civica radicale di Cordoba. Il leader nazionale della sinistra radicale, Raul Alfonsin, rincara la dose: « Speriamo che il colonnello Lacabanne, che si è fatto una faina per la sua abilità nel reprimere, ci mostri di faccia e di profilo alcuni degli autori dell'attentato contro il giornale La voz del interior. Vedremo allora chi sono ». Il quotidiano cordovese ha ripreso da pochi giorni le pubblicazioni, dopo che un gruppo terrorista ne ha dinamitato la sede come rap j presaglia per le sue incessan- ' ti denunce dell'attività squ;idristica dell'estrema destra. Perfino il presidente del Senato, il cordovese José Antonio Allende, conservatore e cattolico, ha rotto il suo riserbo per esprimere il desiderio che « si concretizzi il processo istituzionale di Cordoba », ovvero che vengano irdette nuove elezioni nella provincia. Livio Zanotti

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