Il vento del Nord e le bugie di casa di Giovanni Arpino

Il vento del Nord e le bugie di casa Il vento del Nord e le bugie di casa (Dal nostro inviato speciale) Amburgo, 20 marzo. // vento rivierasco non ha impedito al grande Eddy Merckx di conquistare la sua sesta vittoria a Sanremo. Il vento del Mare del Nord non ha « bastonato » la Vecchia Madama rome desideravano, più o meno consciamente, molti dei suoi maligni nemici (quelli che ci ricordano un famoso « adagio »: se le rane avessero i denti, mangerebbero tutti i parenti). Dice un ragazzo che ha sofferto molto la partita tra rossi e bianconeri per televisione: « Alla fine ero più stanco di Zoff ». Dice un filoso juventino venuto fino ad Amburgo: « C'è chi ha Cruyff, che fa da solo quindici punti, e c'è chi ha Zoff, che ne salva altrettanti ». Ed è un'espressione accettabile, non una sofisticheria. Ma cosa dice lui, « san » Dino? Lo incontro all'aeroporto, tranquillo e fresco come sempre. Non accetta la parte del » miracolatore » professionista, si è divertito al « replay » a co/ori della partita, nottetempo, vedendosi invelenito contro certi compagni come sempre succede in alcune fasi di gioco. Ormai anche i critici con trentennale esperienza, che hanno misurato Planicka ed Olivieri, Masetti e Ceresoli e Combi, giudicano il portiere bianconero come /'■ ottimo massimo ». Per regolarità, stile più che sobrio, decisione: è migliorato (e ripete di poter-dover migliorare) negli ultimi anni. Arriverà a quaranta di certo, emulando e forse superando Jashin. E dice: - lo esamino la partita sempre in modo critico, professionale. E quindi potrei anche discutere su certi momenti del nostro centrocampo, su taluni attimi di fortuna, sugli errori dei tedeschi. Però visto che mi temevano, ho anche pensato di aggredirli. Personalmente. Andargli incontro ogni volta, " chiudergli " le angolazioni, costringerli a tirare subito ». E' un'opinione di serenità quasi platonica, che dimostra la classe intima di Dino Zoff. Ma lui, per l'ennesima volta, svicola. Sa che tutta la squadra ha « parlato » in una maniera ineccepibile, e quindi che è il « collettivo » bianconero a uscire vincente dal doppio confronto tra l'Amburgo e la Juve. Questo persuaderà I detrattori abituali? Abbiamo letto titoli e articoli incredibili sulla gara di mercoledì notte. Un tale, romano, ha descritto la partita come - noiosa e senza pericoli per la squadra torinese ». Forse stava giocando a poker con un compagno, nella tribuna battuta dal vento, ambedue in pelliccia, mentre venti milioni di spettatori restavano col fido sospeso davanti agli schermi. Un altro, meneghino tetragono, sostiene che la Juve ha rinunziato a se stessa, che doveva attaccare di più, che certe partite all'italiana non bisogna più farle. Ma cosa scrivevano a Milano quando la grande Inter (grande davvero, personalmente l'ho sempre ammirata) vinceva in certi turni di Coppa? Allora su quei fogli parlavano di • difesa epica », sfoderando paroloni eschilei, e s'affrettavano a elogiare le stringhe delle scarpe di Mazzola, Jair, Suarez, che in un unico contropiede avevano segnato il mirabile golletto vincente. La Juve poteva anche segnarlo, quel gol, con Capello, Anastasi. Altafini e Viola, in quattro occasioni. Ha contrastato sul piano della manovra per tutto il primo tempo, nella ripresa è stata schiacciata anche dal vento. Ma si deve aggiungere questo: in un « replay » visto subito dopo la partita alla televisione tedesca (molto precisa) nei famosi sei minuti iniziali della ripresa, col bombardamento teutonico in area juventina. la palla sembrava battuta e ribattuta come su un bigliardino pazzo. Mal un piede » pulito » a toccarla, ma stinchi, cosce, polpacci, tacchi, schiene, in una baraonda tortuita e sbirolenta che non trovava mai la scarpa adatta a spedir dentro o fuori quell'incredibile oggetto rotondo. Mi fa Nuccio Parola: « Il vento. E che vento. Roba da foche o da corsari. Il pallone era del peso giusto, ma attento!, vi è pallone e pallone, come vi sono ruote e ruote di macchina, che sono di uguali chilogrammi, ma nell'attrito, nell'impatto agiscono diver- samente. E cosi è stata la balistica ad Amburgo: spioventi che si innalzavano, rimesse di Zoff che quasi tornavano indietro, palla improvvisamente diabolica e improvvisamente morta ». Parola non ha sbagliato alcuna mossa allo stadio anseatico, dall'immissione di Spinosi alla sostituzione finale di Bettega, che moltissimo aveva dato, con un Damiani capace, in quegli ultimi minuti, di scompaginare le estreme, rabbiose trame dei rossi. Il « collettivo » ha funzionato a dovere, con uno Scirea che in partite simili acquista autorità sempre più ampia, con un Furino e un Viola e un Capello che ostruiscono ma sanno anche reimpostare. Inutile aggiungere lodi a quelle dettate nei pochi, avarissimi minuti di commento telefonico della notte passata. Basta sentire cosa dice il signor Loraux, che di football se ne intende (da parte nostra vorremmo pennellargli addosso due cose sole: è un grande arbitro da » finali », ma cosa succederebbe se perdonasse tanto nell'arco di venti partite di campionato? Ce ne ri inane il dubbio, anche se un amico sostiene: partite come quella di ieri andrebbero messe In onda una volta alla settimana in Italia a scopo didattico, sia per i giocatori sia per i tifosi sia per i « fischietti ». Seconda cosa, ed è una finezza autentica: tre volte Loraux ha fatto ripetere alcune rimesse laterali, non per sbagli dei giocatori ma per non smentire il suo guardalinee in errore di segnalazione: qui sì che « noblesse oblige ». E si legga In questa stessa pagina, per favore, ciò che il cinquantenne belga ha dichiarato a Bruno Bernardi). Torniamo al clima bollente (ma anche polare: a Roberto Canuto « Gianduia » colavano lacrime di freddo larghe come caramelle) della partita. A qualcuno il football piace caldo. Siamo tra questi. L'utopìa del calcio all'olandese ha contagiato per eccesso il nostro « sistema pallonaro », già in crisi, e il campionato delle mezze figure è lì a dimostrarlo. Ora, la Juventus ha offerto la conlerma: ereditando il meglio del football italiano antico, correggendolo con alcuni supporti dettati dalla necessità tattica del momento. Chi non se ne rende conto, vada subito a masticare altri alfabeti. Chi continua a passare il cerino acceso della critica premeditata — su una squadra che dà esempio di agonismo, tattica, orgoglio, ed in quest' chiari di luna — nemmeno s'accorge di bruciarsi le dita. Nell'identico numero del giornale meneghino in cui piangono lacrime di coccodrillo sulla Juve che non ha perso, si legge, a pagina 2, una lezione sul pirandelliano * piacere dell'onestà ». E' un « piacere », filosofico e operativo, che potrebbe trasferirsi anche a pagina 18, cioè tra le colonne (si fa per dire) sportive. E pensare che con i quattro punti da « Anno Santo » donati all'Olimpico romano e con la fenomenale corrida d'Amburgo la Juve ha incenerito tutte le false polemiche d'una stagione balorda. Ultima annotazione: sappiamo cosa rimugina il buon Anastasi: e come rimangono incerti molti suoi tifosi. Pietruzzo non ha del tutto smaltito II carico di medicine inflittegli per una lebbre che molto lo debilitò, ha un viso verdognolo e patito, deve risentire presto all'intorno il calore umano dei compagni e dell'ambiente. Ma può recuperare. Sono ancora lontane, per lui che è uomo serio, le crude leggi del calcio mercanteggiato. In una Juventus che insegue coppa e scudetto, il « punterò » Anastasi ha il suo posto. Si curi, si aluti, creda in se stesso: pensando già da oggi all'Inter in arrivo e speranzosa, com'è naturale, di speculare sulle « ruggini tedesche » de//a Madama. Ma qui di ruggine ne mastichiamo tutti I giorni, e non vogliamo saperne alla domenica. Giovanni Arpino Dino Zoff

Luoghi citati: Amburgo, Italia, Milano, Sanremo