L'Egitto si fa conciliante Svolta nella lunga crisi ? di Igor Man

L'Egitto si fa conciliante Svolta nella lunga crisi ? Con un'imprevista "dichiarazione di principi,, del Cairo L'Egitto si fa conciliante Svolta nella lunga crisi ? Nel comunicato si dichiara che — se si trova un accordo sul disimpegno delle forze nel Sinai — gli egiziani s'impegnano ad astenersi dall'uso della forza per tutta la durata dell'accordo (Dal nostro inviato speciale) II Cairo, 20 marzo. Conciliante e imprevista «dichiarazione d'intenti» dell'Egitto. Proprio nel momento in cui la missione di Kissinger entra nella sua fase cruciale — « Le prossime 24 ore saranno forse decisive », si scrive al Cairo — il governo egiziano ha diffuso, tramite l'agenzia ufficiale « Men », un comunicato per affermare, in tono solenne, che, in caso di accordo sul disimpegno delle forze nel Sinai, l'Egitto si asterrà dal fare ricorso alla forza per tutta la durata dell'accordo stesso. Ma c'è di più: « Tutti gli arabi » (non solo l'Egitto quindi), sostiene la dichiarazione del governo, hanno accettato di fatto la non belligeranza con Israele, sottoscrivendo il « cessate il fuoco » del 22 ottobre 1973. In pratica, l'Egitto vuol dimostrare a Israele come ritenga superfluo impegnarsi alla non belligeranza, dal momento che questo problema è praticamente risolto da un anno e mezzo. Accettando, infatti, il « cessate il fuoco » (Risoluzione 338 delle Nazioni Unite), l'Egitto confermò al tempo stesso l'accettazione della Risoluzione 242, che dice fra l'altro: « Tutti gli Stati della regione hanno il diritto di vivere in pace, di avere frontiere sicure e riconosciute ». Mai finora — e di questo si lamentavano gli israeliani — l'Egitto aveva parlato, e tanto, di pace. Mai aveva fatto riferimento al diritto per « tutti » 1 Paesi del Medio Oriente (incluso Israele, quindi) di «vivere in pace entro frontiere sicure e riconosciute ». Con la sua dichiarazione, l'Egitto sollecita Israele a un accordo di disimpegno, considerandolo premessa indispensabile al raggiungimento della pace. II linguaggio è meno sfumato del solito, ci troviamo di fronte, appunto, a una vera e propria « dichiarazione di intenti », a un appello a risolvere, sia pure per gradi, l'annosa crisi mediorientale. « Fintanto che proseguirà il disimpegno e fintanto che saranno rispettate le clausole dell'accordo, nessuna delle parti dovrà fare uso della forza, in modo da consentire progressi su tutti i fronti ». Da notare come non venga specificato che un accordo di disimpegno tra Israele e l'Egitto debba essere immediatamente seguito da accordi analoghi con la Siria e la Giordania. « Non bisogna far confusione — ha detto ancora il portavoce del governo egiziano — fra i termini di una pace definitiva e quelli di un accordo preliminare che permetta di suscitare un sentimento di fiducia fra le parti, poiché alla base di ogni pace vera si pone la fiducia ». E' un invito abbastanza chiaro a « lavorare per la pace », nello spirito delle risoluzioni votate dall'Onu, con reciproca fiducia cioè. Nello spirito della Risoluzione 338, « i Paesi arabi non rifiuteranno di concludere la pace con Israele », e questo quando « Israele si dimostrerà pronto e capace di affrontare le realtà » che la pace stessa comporta. Vale a dire che un accordo di pace potrà essere raggiunto allorché Israele avrà onorato gli impegni assunti accettando la Risoluzione 338. L'Egitto, in definitiva, subordina ogni possibilità di progresso sulla via della pace alla buona fede di Israele, dando per scontata la propria. E chiede all'avversario di sempre di compiere un « gesto » in questa direzione: il secondo ritiro nel Sinai. Dai passi di Mitla e Giddi e dai campi petroliferi di Abu Rodeiss. L'iniziativa dell'Egitto viene considerata da questi osservatori «molto importante» (si fa notare fra l'altro, come nella dichiarazione non si faccia cenno ai palestinesi). Tuttavia, ci si domanda se l'interpretazione che l'Egitto dà della «non belligeranza» (un problema per lui praticamente risolto da un anno e mezzo) possa essere accettata da Israele. Certo, Gerusalemme si rende conto che II Cairo proclamandosi legato, in for-i eri ieose» me acuterelronte o) da me ro or-i za della 338, a non riprendere le ostilità, decidendo di riaprire il Canale e di ripopolare Porto Said, Ismailia e Suez, si impegna alla non belligeranza in maniera più concreta che non con un «pezzo di carta». I fatti contano più delle parole. Però è anche vero che il governo israeliano deve rispondere a una opinione pubblica assai politicizzata e a una opposizione agguerrita: deve po- Igor Man (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Persone citate: Kissinger