Rogo di Primavalle: le esitazioni di due testimoni hanno messo in forse l'alibi di uno degli imputati

Rogo di Primavalle: le esitazioni di due testimoni hanno messo in forse l'alibi di uno degli imputati Rogo di Primavalle: le esitazioni di due testimoni hanno messo in forse l'alibi di uno degli imputati Diana Perrone, figlia dell'ex comproprietario de "Il Messaggero", e Paolo Gaeta, ex fidanzato della ragazza, non hanno confermato l'alibi di Marino Clavo (latitante) - Ora la corte ascolterà Ferdinando Perrone, padre della ragazza Roma, 18 marzo. Dopo undici udienze favorevoli agli imputati il processo per il rogo che uccise, a Frimavalle, i figli del segretario della sezione missina ha segnato un punto a favore dell'accusa; l'alibi di Marino Clavo, latitante assieme a Manlio Grillo, e coimputato di strage con Achille Lollo, è stato messo in discussione. Chi doveva confermarlo ha avuto perplessità, esitazioni, silenzi. L'udienza, seguita da un folto pubblico, è stata drammatica, carica di emozioni. E' durata cinque ore: gli ultimi tre testimoni sono tornati a casa perché non c'è stato modo di ascoltarli. I primi sette testi erano ufficiali giudiziari che avevano verbalizzato perquisizioni e avevano raccolto deposizioni. L'elemento più interessante è venuto dal maggiore dei carabinieri Nazareno Volpe che interrogò Angelo Lampis subito dopo la strage. Questa deposizione non risulta agli atti perché non fu verbalizzata. «Perché?», ha chiesto il presidente. Il maggiore Volpe ha spiegato che Lampis veniva ascoltato in qualità di «confidente» dell'avvocato Michele Marchio, consigliere comunale missino. E' stata una rivelazione: nessuno finora aveva saputo che Angelo Lampis, imputato a piede libero per falsa testimonianza, fosse un «confidente». Finora tutti i missini interrogati avevano parlato di lui come persona sospetta, di cui tutti si fidava- no poco. Sul fatto che la confidenza di Lampis non fosse stata verbalizzata il presidente Giovanni Salemi ha commentato: «Facciano bene o facciano male, questa è l'usanza». Dopo l'osservazione di un avvocato della difesa circa il verbale di una perquisizione in cui non figura la firma di un ufficiale giudiziario, Giovanni Rillo, presente sul posto, la corte ha chiamato, uno dietro l'altro, Mario Scialoja (giornalista de L'Espresso), Diana Perrone (figlia di Ferdinando, ex comproprietario del Messaggero), Paolo Gaeta (ex fidanzato della Perrone), ed Elisabetta Lecco (la giovane che viveva con Marino Clavo). L'argomento da dibattere era l'alibi di Marino Clavo. Il giovane abitava nell'appartamento di via Segneri, in fondo a viale Trastevere, insieme con la Lecco, la Perrone e Paolo Gaeta. Si allontanò mentre le indagini vennero canalizzate contro esponenti di «Potere operaio» e fu intervistato, in una cittadina imprecisata della Toscana, da ; Mario Scialoja. Fornì l'alibi era tornato a casa verso le 24 del 15 aprile '73 ed era andato a dormire. Non poteva quindi essere stato a Primavalle. slmLMlsoTgscppi ime^^'El^a^ta0^: I cco, Diana Perrone e Paolo Gaeta. I tre concordarono in pieno questa versione. Spiegarono che Marino Clavo aveva i suonato al citofono; gli fu ' aperto e tutti si rimisero a dormire. Al terzo interrogatorio, sempre come testi, Perrone e Gaeta modificarono le precedenti dichiarazioni al punto da negarle. Si erano «confusi», avevano detto cose «imprecise». In pratica nega- Vrono"dr7ver*Visro"71iertrto ! aMarino Clavo tornare nell'ap- lpartamento dove abitavano tutti insieme. Jl^^rn^ S^nHpt!cnero con loro: «Vi rendete i vCno e o a l a l e conto — ha ripetuto più volte — che dovete dire la verità? Un imputato può anche dire il falso, ma voi no! E qui c'è qualcuno che dice bugie; che prende in giro la giustizia». Diana Perrone ha dovuto ammettere che le prime dichiarazioni erano non vere ed erano state rese per «aiutare un amico». In aula, solo Elisabetta Lecco ha difeso senza esitazioni l'alibi di Marino Clavo. L'atmosfera era tesa: sui volti di Paolo Gaeta e Diana Perrone si leggeva preoc- ! cupazione per il difficile momento. Giovanni Salemi li ha messi a confronto: Perrone e Gaeta, da una parte, e Elisabetta Lecco, dall'altra, sono rimasti sulle loro posizioni. C'erano state pressioni perché i due confermassero l'alibi di Clavo? «No», hanno risposto seccamente sia Paolo Gaeta, sia Diana Perrone. La ragazza subito dopo si allontanò da Roma. Perché, le è stato chie- sto? «Perché ero stanca e volevo riposare», ha risposto. I tre giovani hanno confermato di aver visto sia Achille Lollo, che conoscevano, sia Marino Clavo, il giorno dopo l'incendio di Primavalle nella sede del giornale di «Potere operaio» in via del Boschetto. Tutti militanti di questo gruppo extraparlamentare di sinistra, i giovani avevano commentato l'accaduto. «Si parlò di provocazione»; delpericolo che correvano loro, in quanto a Primavalle erano c°"» ^ » "voto ^ tato come testimone, e di ac eludere agli atti una copia de 11 Messaggero 16 aprile '73. Fabrizio Carbone co che facevano nel quartiere. Fu quella l'ultima volta che videro Marino Clavo, poi sparito dalla circolazione. Il dibattimento in aula si è acceso: tra gli avvocati di parte civile e della difesa si sono ripetuti i battibecchi, i commenti, le interruzioni. La corte, riunitasi in camera di consiglio, ha deciso di ascoltare Ferdinando Perrone, padre di Diana, che non era stato ci-

Luoghi citati: Roma, Toscana