LE SEGRETE FINANZE VATICANE di Carlo Falconi

LE SEGRETE FINANZE VATICANE LE SEGRETE FINANZE VATICANE Papi e forzieri Il crack Sindoni! c l'annunciata costituzione d'una commissione pontificia per la ristrutturazione del personale alle dipendenze del Vaticano hanno aggiunto recentemente nuovi capitoli da facile brivido al già turgido romanzo delle finanze vaticane. E, com'era da aspettarsi, un po' dappertutto è stato un ridestarsi dei soliti appelli alla S. Sede perché abbandoni una buona volta e per sempre il segreto sui propri bilanci divenuto negli ultimi decenni ancor più rigido ed ermetico di quelli del Sant'Uffizio e della Segreteria di Stato, più volte compromessi negli ultimi tempi. Tanto è caparbia l'ingenuità che i bilanci che verranno accordati possano essere in grado di eliminare anche soltanto le più grossolane mistificazioni sull'entità e sugli usi e abusi del patrimonio della S. Sede. Il segreto sulle finanze vaticane è nato dopo il 20 settembre del 1870 come misura difensiva dalle manomissioni che si temevano sempre possibili da un momento all'altro da parte dello Stato italiano. E in effetti la Breccia di Porta Pia non si era aperta soltanto nelle mura di Roma ma anche nelle casseforti del Vaticano che, privo dei cespiti provenienti dagli ex Stati pontifici, dovette acconciarsi a vivere soprattutto delle offerte che gli provenivano da ogni lembo del mondo cattolico sotto la forma del cosiddetto Obolo di San Pietro. Una cosa, comunque, e fuori di dubbio: che per tutto il periodo della durata della Questione romana, fino al 1929 cioè, il segreto sulle finanzevaticane coprì soltanto uno stato cronico di depressione economica anziché di prosperità. Dodo la Conciliazione e il rinsanguamento apportato dai provvidenziali miliardi incettati, il segreto non aveva più ragion d'essere, ma si preferì conservarlo per proteggere il gioco complesso di quelle operazioni che i consiglieri finanziari vaticani si affrettarono ad avviare per mettere a frutto quelle somme favolose. Poi, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, esso continuò a coprire le ben più vaste speculazioni favorite dalle condizioni eccezionali concesse a Pio XII dagli Stati Uniti, oltre che dalla situazione di privilegio fatta alla S. Sede dal regime democristiano in Italia. Fino a quando durò il potere temporale, invece, la necessità di elaborare dei bilanci statali e le caratteristiche miste di quasi tutti i dicasteri della Curia facevano sì che la situazione finanziaria del Vaticano fosse per chiunque un libro aperto. Speciali circostanze poi di critiche o di sospetti non facevano esitare i dirigenti supremi della S. Sede a mettere ancor più chiaramente le carte in tavola. Una di queste occasioni fu la costituzione, nel 1849, durante l'assenza di Pio IX rifugiatosi a Gaeta, della Repubblica Romana. L'accusa più frequente, rivolta in quei giorni al governo pontificio, fu che si trattava di un governo esclusivamente di preti e di frati occupati a impiguare la Chiesa e se stessi a scapito dei sudditi laici ridotti, nei migliori dei casi, ad esser remunerati per servigi da subalterni. Ebbene, con ogni probabilità su iniziativa del cardinal Antonelli, già stato protesoriere e poi tesoriere di Santa Romana Chiesa e allora prosegretario di Stato, nel '49 venne preparato e pubblicato a Napoli dalla Stamperia Reale un imponente volume di 96 grandi tavole intitolato prolissamente ma efficacemente « Statistica di tutti gli uffici ed impieghi governativi giudiziarii ed amministrativi co' rispettivi assegni annui per l'esercizio del Do- minio Temporale della S. Se de all'epoca del 1848 nonché de' tribunali e congregazioni ecclesiastiche ». ★ ★ Con molta onestà la presentazione dichiarava lo scopo della pubblicazione (« per rettificare le idee inesatte che sussistono presso taluni sul numero degli Ecclesiastici che occupano impieghi nell'Amministrazione Temporale de' domini della S. Sede »), precisando che la statistica offerta « indica in tutti i suoi dettagli il numero di impieghi go vernativi, co rispettivi soldi, coperti da Ecclesiastici, ed il numero di quelli coperti da Laici, a tutto il 1" gennaio , 18-jb; epoca anteriore a cani- biamenti avvenuti nel personale degl'impiegati governativi negli Stati Pontifici ». E a controprova, aggiungeva « si è poi giudicato conveniente di far seguire siffatta statistica da altra concernente tutt'i dicasteri puramente Eccclsiastici, dalla quale risulta come in questi siano annessi pur anche i Laici ». E la dimostrazione della tesi, almeno a prima vista, era schiacciante. Infatti nell'amministrazione dello Stato risultavano addetti soltanto 243 ecclesiastici contro 5.059 secolari, e mentre i primi godevano di assegni annui per complessivi 190.316 scudi, i secondi raggiungevano un quoziente di ben 1.186.194. Non solo, ma il numero di 243 ecclesiastici, come avvisava una nota, doveva essere ridimensionato in modo notevole essendo comprensivo di 134 « cappellani delle carceri e case di condanna, addetti esclusivamente al culto », e « l'ammontare del soldo annuo goduto dagli Impiegati secolari » era da intendersi al netto di « accessori e gratificazioni ». * * Nell'insieme poi dei tribunali e delle congregazioni ecclesiastiche, e cioè di tutti i dicasteri, uffici, ecc. con funzioni puramente ecclesiastiche, oltre a 161 membri del clero, il personale contava anche 316 laici e la proporzione era quasi mantenuta anche nel quoziente degli stipendi: 36 mila 120 scudi per gli ecclesiastici e 61.836 per i secolari. Quello che il lettore scopriva soltanto dopo un esame più attento delle statistiche era che, nonostante la non indifferente partecipazione di laici agli organismi governativi e a quegli ecclesiastici, gli ecclesiastici detenevano però tutti i più importanti posti di responsabilità e generalmente anche di reddito. Generalmente, ma non sempre. Tanto più che questo non era senz'altro astronomico. Basti pensare che il cardinale Segretario di Stato aveva un « soldo annuo » di 1272 scudi (e Monsignor Sostituto di 1200): non certo un eccesso di fronte ai 720 scudi dell'archivista laico della stessa Segreteria di Stato. Il Monsignore Segretario degli Affari ecclesiastici straordinari poi toccava appena i 600 scudi. Nella Segreteria dei Brevi comunque si stava meno alle strette: il cardinale segretario percepiva 2040 scudi e Monsignor Sostituto 1920, mentre il primo secolare in graduatoria toccava a stento i 780. Tra gli uffici ecclesiastici, ad ogni modo, ce n'era uno, la Dataria apostolica, dove anche i laici raggiungevano degli introiti notevoli. Nella Dataria anzi essi erano ad¬ dirittura 55 contro soltanto 9 ecclesiastici e parecchi di loro avevano una retribuzione annua superante il migliaio di scudi. L'ufficiale chiamato Missis li sfiorava (912), il prefetto del Perobitnw ne riceveva 1165, l'Officiale dei Brevi 1386, il cassiere delle Componende 1440, l'amministratore delle stesse 1476 e il revisore delle matrimoniali 2706. Questi traguardi, non c'è dubbio, erano eccezionali: nella generalità i secolari avevano compensi modesti, come del resto modesti erano in genere quelli degli ecclesiastici di piccola taglia (i quali però potevano firrotondare altrimenti, con prestazioni di ministero, ecc.). Ma questi problemi di giustizia distributiva oggi colpiscono relativamente. La prima e più forte impressione che queste tavole riserbano e quella, quasi incredibile, della tranquilla sicurezza con cui aprono (o sembrano aprire) i recessi più segreti della burocrazia vaticana del tempo, senza timore di mettere con ciò a repentaglio la sopravvivenza della Chiesa. Carlo Falconi

Persone citate: Antonelli, Pio Ix, Pio Xii

Luoghi citati: Gaeta, Italia, Napoli, Roma, Stati Uniti