Lungo sonno della legge che salva i parchi liguri

Lungo sonno della legge che salva i parchi liguri Se almeno servisse per migliorarla Lungo sonno della legge che salva i parchi liguri Doveva essere approvata entro gennaio, ma tutto è ancora fermo e le previsioni sono pessimistiche - Le zone interessate della regione (Nostro servizio particolare) Genova, 15 marzo. La legge regionale sui parchi dorme dal mese di dicembre. Doveva essere approvata entro gennaio, secondo i programmi. Siamo alla metà di marzo, la legislatura in corso si avvia alla conclusione e non si raccolgono che previsioni cariche di pessimismo. Pare che la de sia divisa e incerta, benché il progetto di legge sia stato presentato dall'assessore democristiano all'agricoltura, Enrico Ghio, assieme al vice presidente della Regione, Sergio Ferrari. Soltanto un estremo scatto di vitalità politica e culturale potrebbe garantire il salvataggio della legge prima delle elezioni. Non è una legge ottima. Sarebbe però possibile migliorarla con pochi emendamenti e non soltanto con fini vincolistici. Vediamone anzitutto i punti principali. Il disegno di legge regionale non prevede i parchi veri e propri; si limita a vincolare per tre anni le aree destinate a parco, suddividendole in tre zone: la prima, zona «A», comprende poco più di settemila ettari in cui la tutela è quasi integrale (divieto di edificare, di aprire strade e cave, di esercitare la caccia e la pesca), facendo salve le attività agricole e silvo-pascolari. Ricadono nella zona «A» i boschi di Baiardo e del Melogno, la Rocca dell'Orerà e di Perti, nel Finalese, il monte di Portofino, le foreste della Aiona, del Penna e del Zatta, il promontorio del Mesco e Punta Manara, le isole del golfo della Spezia, una parte della costa fra Lerici e Tellarc. Mi pare che nessuno possa gridare allo scandalo per eccessiva ampiezza deile zone «A» a meno di considerare lottizzabili anche le foreste demaniali o l'isola Palmaria. Zona «B»: 62.304 ettari: alte valli di Ponente, Melogno, altopiano delle Manie, massiccio del Beigua, piani di Praglia, monte Antola, parte del monte di Portofino, parte delle Cinque Terre, monte Gottero, monte Marcello (fra Tellaro e Bocca di Magra) e altre aree meno note. Nella zona «B» sarebbe vietato costruire e aprire nuove strade, ma sa¬ rebbe permessa la ricostruzione degli edifici esistenti, ampliati del 20 per cento. Sarebbero permesse caccia e pesca, si potrebbero aprire strade a servizio dell'agricoltura, purché limitate a una larghezza di metri 2,50. Soltanto chi ha interesse a impedire ogni forma di conservazione del territorio ligure può far credere alle popolazioni locali che la zona «B» sia troppo severa e nociva per l'economia locale. Nelle aree indicate proprio i piccoli proprietaricontadini dispongono di un notevole patrimonio di case rustiche in abbandono, ridot! te a ruderi e rottami, che la legge regionale consentirebbe di ricostruire, aggiungendo nuovi volumi, pari al 20 per cento di quelli esistenti. Si dovrebbe finalmente far capire che il benessere delle ridot-1 tissime popolazioni dell'entroterra non è affidato alle nuove costruzioni; queste consumano territorio, provocano erosioni, fanno guasti all'agricoltura e al paesaggio. Perché costruire case nuove se è possibile restaurare, con contributi della Regione (questo è un punto da precisare) i bellissimi nuclei antichi della Liguria interna? Zona «C»: 46 mila 562 ettari (crinale da Bordighera a Triora, Alpi Marittime attorno a Monesi, Calizzano, Bardineto, parte del Finalese, Urbe, Sassello, Tiglieto, Isoverde, Cravasco, Val Vobbia). In pratica una tutela molto blanda. Se i comuni hanno un piano regolatore valgono le norme comunali. In mancanza di un piano, l'indice di edificabilità è ridotto a metri cubi 0,03 per metro quadro. Le critiche, per la zona «C» vengono soprattutto da parte delle associazioni di tutela. «Italia nostra» osserva che la zona «C» è troppo permissiva e troppo estesa, fino a intaccare le Alpi Marittime, le Cinque Terre, una parte del monte di Portofino (soprattutto Paraggi e San Rocco). Ma il punto debole della legge è un altro: si limita a porre dei vincoli, senza prevedere il sistema dei parchi, la loro amministrazione, i finanziamenti, gli incentivi per l'agricoltura. Non si poteva fare diversamente, almeno in un I primo tempo? Ebbene, era almeno possibile informare megito le popolazioni locali, j aprire un esteso dibattito, ottenere un effettivo consenso dalla base che si sarebbe tradotto in una forte spinta politica, tanto più in vista delle elezioni. Forse si è ancora in tempo per illustrare meglio ai contadini, ai piccoli proprietari, ai cacciatori, i benefici e i limiti dei parchi. E' necessario riaprire il discorso per impedire che la legge regionale, a carattere di salvaguardia, finisca negli archivi dopo aver fatto pubblicità agli speculatori, piombati sui terreni dei parchi disegnati sulla carta. Mario Fazio