Una spia di nome Kalinin di Paolo Garimberti

Una spia di nome Kalinin Il "caso,, che appassiona i cittadini sovietici Una spia di nome Kalinin Oltre le schermaglie politico-propagandistiche, notizie sui porti "corrotti" del Baltico (Dal nostro corrispondente) Mosca, marzo. La sera del 20 febbraio, con l'anonimo titolo « Cronaca », le Izvestija pubblicarono la notizia che «il collegio militare dell'Urss aveva esaminato il caso di V. G. Kalinin, accusato di alto tradimento » per aver raccolto e trasmesso a servizi segreti stranieri « informazioni che costituiscono segreto militare di Stato ». « Il criminale — concludevano le Izvestija enigmaticamente — ha ricevuto la punizione che meritava » (con ogni probabilità, la pena di morte mediante fucilazione). La stessa sera, la notizia venne diffusa dall'agenzia ufficiale Tass nei suoi servizi in lingua straniera, destinati alle ambasciate e ai giornalisti occidentali. Il « caso Kalinin » fece correre brividi d'eccitata e inquieta curiosità negli ambienti diplomatici di Mosca. Nel frenetico giro di cocktails e di cene in « cravatta nera », che dovrebbero animare l'èternamente annoiata colonia straniera, non si parlava d'altro. Con impazienza, ma invano, s'attese che qualche diplomatico o addetto militare fosse «cortesemente pregato» di lasciare il Paese entro ventiquattr'ore per individuare così lo Stato al servizio del quale lavorava la spia. Ma il « caso Kalinin » appassionò ancor più l'opinione pubblica sovietica, che adora le storie di spionaggio e di agenti segreti e consuma avidamente l'ancor giovane letteratura poliziesca russa. Tanta curiosità non fu appagata dai giornali. Un paio di giorni fa, però, fonti sovietiche autorizzate cominciarono a far circolare tra i corrispondenti stranieri alcune informazioni supplementari sul « caso Kalinin ». Secondo queste fonti, la spia si chiamava Vladimir, aveva 25-30 anni, lavorava come ingegnere a Leningrado e, per la sua professione, aveva accesso a documenti e dati tecnici riservatissimi relativi alla fiotta del Baltico. Ma, soprattutto, le fonti svelarono che egli lavorava per gli Stati Uniti e che il suo agente di collegamento era un diplomatico dell'ambasciata americana, che aveva lasciato Mosca subito dopo l'arresto di Kalinin, cioè circa un anno fa, ed era stato assegnato all'ambasciata degli Stati Uniti in un Paese mediterraneo. Le fonti assicuravano che tutti i dati, compreso il nome del diplomatico, erano raccolti in una serie d'articoli, che i giornali sovietici avevano già preparato, ma esitavano a pubblicare per timore di avvelenare i rapporti tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Il fine di queste « rivelazioni » era fin troppo scoperto: far anticipare dalla stampa occidentale le notizie sul caso e discreditare il diplomatico in questione per poi giustificare, nei confronti degli Stati Uniti, la pubblica¬ zione delle stesse notizie sui giornali sovietici. Ma, aldilà di queste schermaglie politico-propagandistiche, è interessante cercare di scoprire perché i sovietici hanno deciso, per la prima volta a tredici anni dal caso del colonnello Oleg Penkovskij, di dare tanta pubblicità ad una vicenda di spionaggio. La spiegazione viene, indirettamente, dagli stessi giornali sovietici, che, da un po' di tempo a questa parte, non perdono occasione per pubblicare articoli su come spie, agenti provocatori, commessi viaggiatori dell'antisovietismo s'infiltrano in Urss per indebolire « la base ideologica, spirituale e morale » dei cittadini sovietici. Il porto baltico di Klajpeda è un covo di spie e agenti sovversivi, ha scritto la Socialisticeskaja Industrija in un articolo dal titolo « I contatti sono diversi » (sottotitolo rivelatore: « Sui contatti umani e sulle diversioni ideologiche»). Marinai di tutti i Paesi, emissari di organizzazioni antisovietiche, incitano gli abitanti del luogo al contrabbando di valuta, al mercato nero, alla prostituzione. « Con dolore — scrive il giornale — dobbiamo ascoltare in continuazione le confessioni di giovani ragazze, educate nelle scuole e nella morale sovietica, e che, tuttavia, sono già riuscite a passare tra le mani sporche di Max (marinaio tedesco, n.d.r.) e di Mustafà (marinaio turco, n. d.r.) ». Naturalmente, sostiene la Socialisticeskaja Industrija, in un ambiente così contaminato, la propaganda antisovietica ha buon giuoco: « Ai nostri ospiti vengono sequestrati chili di letteratura pornografica o nociva sul piano ideologico... Uno degli autori preferiti è Solzenicyn ». La settimana scorsa, la Literaturnaja Gazeta ha dedicato un'intera pagina alla descrizione di una centrale di diversione ideologica, che, sotto il nome di comodo di « Associazione letteraria internazionale », aveva la sua sede a Roma in via Lutezia. L'organizzazione, secondo il giornale, lavorava in stretto collegamento con altre « centrali antisovietiche, come "Ymca Press", "Radio Monaco", "Radio Europa Libera" ». Un altro giornale, Sovetskaja Litva, organo ufficiale del partito in Lituania, s'è lamentato delle smanie occidentalizzanti che prendono, da un po' di tempo a questa parte, i giovani sovietici: «Registrare le canzoni di J. Lennon, indossare pantaloni Robins, mettersi all'occhiello un distintivo con la scritta "Faccio l'amore, non la guerra...". E' chiaro che i giovani del nostro Paese e quelli, mettiamo, degli Stati Uniti non possono comprendere nello stesso modo i valori del mondo nel quale vivono, soprattutto per il differente carattere di tali valori. Un consumatore accanito di droga, di musica assordante, di criminalità e di sesso: questo è il sogno dei sociologhi borghesi. Una persona armoniosamente sviluppata, il cui lavoro e pensiero sono consacrati all'ideologia comunista, la più nobile e la più umana: questo è lo scopo della formazione dei nostri giovani». Questa tambureggiante campagna di stampa — della quale abbiamo citato soltanto alcuni esempi — è esplosa in un momento in cui, a Ginevra, si tenta di stringere i tempi per portare a una conclusione la conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Con questo tipo di articoli, l'Unione Sovietica vuole evidentemente rispondere a coloro che chiedono una liberalizzazione degli scambi di uomini e di idee tra Est e Ovest. « Ogni società — ha scritto la Socialisticeskaja Industrija — vive secondo le sue leggi. Da noi ci sono, ad esempio, leggi volte a scongiurare fenomeni amorali, dirette contro la corruzione morale della società. Ci sono anche leggi che difendono la sovranità del nostro Stato socialista, dirette contro l'ingerenza nei nostri affari interni. Ma a molti stra nieri tutto ciò non va a genio ». Paolo Garimberti

Persone citate: Kalinin, Mustafà, Oleg Penkovskij, Robins, Solzenicyn