Parlano i protagonisti

Parlano i protagonisti PRESENTANDO "STORIA DEL DOPOGUERRA Parlano i protagonisti Roma. 14 marzo. Anche la presentazione di un libro di storia può essere affascinante se vi partecipano, come raramente capita, i protagonisti del periodo trattato nel volume. La fortunata circostanza è accaduta l'altra sera a Roma. Nel salone della casa editrice Laterza, a trent'anni di distanza, La Malfa, Gemella, Amendola, Lombardi e Foa hanno ricostruito per un pubblico attento e qualificato le vicende-chiave dei primi tre anni del dopoguerra ai quali è dedicato il libro di Antonio Gambino: Storia del dopoguerra: dalla liberazione al potere de. Nella « tavola rotonda » i cinque personaggi non hanno solo rievocato, ma anche criticamente analizzato fatti e misfatti di quel periodo che va dal 25 aprile '45 (liberazione) al 18 aprile '48, quando la de conquistò la maggioranza assoluta. Fu realmente il triennio della rivoluzione mancata rispetto alle attese della Resistenza o servì, almeno, a gettare le basi dello Stato post-fascista? Quali successi e quali errori vanno ascritti, trent'anni dopo, ai partiti impegnati nell'impresa, sotto le pressioni interne e internazionali? La Malfa ha ricordato che il partito d'azione, del quale era autorevole esponente, sin dall'ottobre del '43 aveva posto nel Cln l'esigenza di rinnovare lo Stato e proprio per questo motivo fece battaglia al governo Badoglio che rappresentava la continuità con lo Stato monarchico e prefascista. Le condizioni degli azionisti per partecipare a un governo del Cln erano: nessun giuramento di fedeltà al luogotenente del re, impegno per una Costituente e per un referendum istituzionale. Badoglio, reincaricato da Umberto di Savoia, l'8 giugno '44 accettò queste richieste fattegli da La Malfa in una famosa riunione al Grand Hotel di Roma. Però nuovo presidente del Consiglio fu Ivanoe Bonomi, tutt'altro che favorevols al rinnovamento statale. « Io proposi, senza essere ascoltato, che la burocrazia dello Stato fascista non fosse epurata, ma congedata e poi riassunta dal nuovo Stato ». Successe a Bonomi il neo presidente Parri che, ricorda La Malfa, piacque a De Gasperi quando Nenni glielo propose: ma si rivelò una candidatura troppo anticipata sui tempi e bloccò involontariamente il progresso socia¬ le e politico perché, per La Malfa, espose la sinistra ai contraccolpi della situazione. E ancora: il dissenso di La Malfa con Nenni e Lussu, che volevano la Costituente e le elezioni politiche nell'ottobre '45; l'intervento dell'ambasciatore americano che sconsigliò le politiche e preferì le elezioni amministrative, provocando la caduta del gabinetto Parri. « Proposi a Nenni la candidatura di De Gasperi, ha detto La Malfa; Nenni mi rispose: "Ci penserò, ma come faccio a mandare a capo del governo un cardinale?" ». Seguì la polemica La Malfa-Nenni. La Malfa sosteneva la necessità di una coalizione depsi-azionisti-liberali: «Una sorta di centrosinistra ante luterani che, se costituito nel '45, avrebbe dato un diverso sviluppo al Paese, anziché nel '62 quando quella formula fu una ricucitura ». Ma Nenni si oppose « non potendo spezzare, disse, la classe lavoratrice », essendo escluso il pei, Amendola ha amichevolmente rimproverato a La Malfa di limitare l'analisi ad episodi, spesso personali, mentre il gioco di allora s'imperniava su rapporti politici, interni e internazionali, di ben più vasta portata. Sino al '42 i partiti antifascisti non erano organizzati in Italia tanto che non provocarono la caduta di Mussolini dovuta al voto del gran consiglio e all'iniziativa del re. Lo stesso pei, che era più organizzato degli altri, era scarsamente solido. In più c'erano divisioni tra le forze politiche e nelle forze politiche. « Il partito d'azione e il partito socialista erano un bell'imbroglio, tra riformisti e massimalisti, moderati e innovatori. Le scelte dipendevano, spesso, dalla presenza progressista di La Malfa o da quella moderata di Fenoaltea a una riunione ». La Malfa: « Non è vero ». « Sì, Fenoaltea, che conosco dalla terza elementare, era più prudente di te »: per questo, secondo Amendola, la Resistenza fu l'avvio del rinnovamento e non una rivoluzione. Tuttavia in quel triennio emersero la de e il pei (Gonella: « Eravamo al governo insieme »), mentre il psi ondeggiò sempre, compreso il mancato appoggio a Parri che Amendola difese su l'Unità con un articolo « strappato a Togliatti ». Il disegno che De Gasperi attuò fu quello di fare della de il partito unico dei cattolici per realizzare la dottrina sociale della Chiesa. Foa, anch'egli azionista in quei tre anni, ha criticato la scelta dell'alleanza fra de, psi e pei (tre partiti di massa) in cambio del non impiego delle masse per rinnovare lo Stato. Ha criticato la de sostenendo che non solo subì, ma sollecitò pressioni statunitensi, anche se De Gasperi si oppose al tentativo americano di considerare provvisorio il referendum istituzionale. « Lombardi e io avevamo paura di essere tacciati come agenti americani quando indicavamo una terza via», ha concluso Foa ponendo la domanda se le sinistre fecero realmente scelte adeguate alle necessità. Gonella ha difeso la de dicendo che se i sogni rinnovatori della Resistenza non fu¬ rono attuati dipese non da pregiudizi contro il rinnovamento, ma dall'incapacità delle forze politiche. Tuttavia la Repubblica, la Costituzione, l'europeismo (con l'atlantismo e il piano Marshall « oggi elogiato») furono innovazioni profonde. C'è stata la continuità dello Stato, ma non del regime. Per Lombardi, la caduta del fascismo fu provocata dagli scioperi operai del marzo '43; la Resistenza rappresentò per milioni di cittadini una scelta fra democrazia e dittatura, anche se poi fu ripristinato il «vecchio ordine» perché « De Gasperi fece da ammortizzatore per raffreddare la lava della Resistenza». Lamberto Fumo

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