Un principe delle gemme di Lietta Tornabuoni

Un principe delle gemme CHI E' GIANNI BULGARI, L'«AMBASCIATORE» DELLA DITTA Un principe delle gemme Buon commerciante, sportivo e "playboy" - Gabriele d'Annunzio fu tra i primi clienti del nonno, profugo dall'Epiro Roma, 14 marzo. Stamane le saracinesche abbassate nascondono in via Condotti l'elegante fortezza e il sotterraneo blindato della gioielleria Bulgari. La gente passa, si ferma, s'avvicina a leggere la esposta targhetta d'ottone, lucente nella pioggia. Magari s'aspetta di vederci scritto «Chiuso per ratto», invece c'è scritta soltanto una bugia: «Questo negozio apre alle ore 9,30». Stamane non apre. «Chissà se domani...» dubitano i fotografi pazienti e annoiati, i cameramen cinici in abito da guerriglia, i cronisti infreddoliti. Stazionano lì davanti dalle sette, con poco profitto: ogni tanto qualcu- no della famiglia Bulgari, cappotto di Vienna e faccia tirata, s'infila rapido nel portone accanto: ma non parla, né risponde. Riuniti al caffé Greco per il rituale cappuccino delle dieci, i ricchi commercianti romani del quartiere mescolano nei discorsi paura e risentimento, quattrini e interrogativi: prima ammazzano la figlia dell'argentiere Pornari in trattoria, adesso rapiscono Gianni Bulgari in pieno centro, dovremmo chiudere tutti e scrìvere «Basta» sulle saracinesche, non siamo protetti in nessun modo, ma che fa il governo, che fa la polizia?, con tutti i soldi che spendiamo in sistemi elettronici d'allarme, in sorveglianza notturna privata, in regali pubblici a Pasqua e a Natale, in «gorilla» personali... Quanto sarà il riscatto, due, tre, cinque miliardi? Poveracci anche gli altri Bulgari, mica è facile liquidizzare in fretta per pagare sull'unghia, sono grane, si sa niente di nuovo? Niente, non si sa niente. Hanno rapito un quarantenne che tutti chiamano «ragazzo». Parenti, amiche e conoscenti, parlandone dicono tutti così: «un ragazzo». Un ragazzo di primissimo ordine, gran lavoratore, entrato in ditta appena finito il liceo a fare il suo tirocinio di «apprendista compratore» di pietre preziose, e intanto si laureava pure in legge. Un ragazzo bellissimo, alto un metro e ottanta, occhi celesti, sorrìso raro, castano chiaro già con un po' di capelli bianchi alle tempie, già un po' appesantito dalla golosità dalle ostriche e dai sigari cubani, ma atletico, attraente, una faccia da nordico, genere tedesco. Un ragazzo chiuso, laconico, niente affatto volgare, colto nella sua materia, timidissimo, un orso, spiritoso? Non direi proprio, anzi piuttosto pedante, meticoloso, molto educato, risultato d'una kinderstube severa, parla bene le lingue, vive con la mamma, per chic non brilla moltissimo anche se nel 1972 lo misero, unico italiano, in una di quelle stupide liste dei meglio vestiti al mondo, ambizioso? Non so... Cosa dice Shakespeare nel Giulio Cesare, com'è quella battuta? «Ma l'ambizione dovrebbe essere fatta di stoffa più dura»... Un ragazzo simpatico, ripetono tutti. Un ragazzo sportivo, golf, equitazione, a 17 anni guidava già da campione, di soppiatto e senza patente, la sua Stangvellini e poi l'Alfa modificata, sulla Gto correva la targa Florio con bei piazzamenti, Ferrari lo voleva per forza nella sua scuderia; invece nel '67 gli prese la passione degli aerei, fin negli Stati Uniti andò per imparare a pilotarli e il primo aereo, un Cessna, se lo comperò lì, adesso ne ha due nel suo hangar all'Aeroclub di Roma; moltissimo si dedica pure al volo a vela, per ore, giorni, e questo vuol dire, no? avere una grande capacità di solitudine. Un ragazzo nevrotico, dietro l'apparente imperturbabilità mondana e pacatezza professionale (con gli indiani, che sono esasperanti, è capace di negoziare una pietra per due anni, senza perdere i nerviJ, nevrotico come? Mah, non so spiegare, inquieto, uno che non sta mai fermo, che si stufa subito dei discorsi e delle persone, che mentre parla scrive cento volte su un foglietto il proprio nome, Gianni, e ogni volta lo cancella con una croce. Capito? Uno così. Un ragazzo viaggiatore, va a New York come tu andresti a Fregene, poi Anversa, Ginevra, Amsterdam, nella ditta è quello che si occupa degli acquisti sui mercati internazionali: quindi molti e continui viaggi anche in Asia perché i Bulgari sono specialisti in pietre colorate, zaffiri Cabochon di Ceylon, rubini stellati di Birmania, zaffiri blu del Kashmir. Un ragazzo seduttore, piace e le donne gli piacciono come genere di consumo, con preferenze per le belle piacenti bene in carne tipo Kim Novak o Gina Lollobrigida, per le attrici o indossatrici purché non magre e non troppo sofisticate, ma in giro non le porta mai: quando s'innamora entra in ritiro insieme con la ragazza del momento, in società invece va sempre da solo e dice che non si sposerà. Un ragazzo imprudente, dicono suo fratello Paolo, che porta la pistola a tamburo infilata nella cintura dei calzoni, e suo fratello Nicola, Nico, che ha il «gorilla» sempre dietro: loro glielo avevano detto, di prendersi il guardaspalle. Ma lui niente, non ne ha voluto sapere, e adesso... Tra le regine La lista dei ricchi italiani sequestrati è ormai lunga, ma questa volta la gente appare particolarmente impressionata: perché i rapimenti erano sinora forse l'unica voce mancante nel catalogo della criminalità a Roma, e perché il nome di Gianni Bulgari non evoca soltanto miliardi ma un mondo in cui la ricchezza si veste di lusso e bellezza, d'estetismo e preziosità, d'arte antica e di favola mondana. Il «ragazzo» sequestrato sembra ai romani qualcosa di diverso da un commerciante o un industriale: piuttosto un principe delle gemme, l'erede d'una dinastia di artigiani-artisti. Il portatore d'un nome che non è solamente una marca, come Alemagna o Moccia, ma un titolo nobiliare nella peculiare aristocrazia del consumismo dei ricchi internazionali. Una specialità italiana, una delle poche affermate in tutto il mondo: «In Italia voi avete Fellini nel cinema, Bulgari nei gioielli», dicono gli americani: e non c'è regina in trono o detronizzata, orientale o occidentale, della corona dei soldi o dello schermo, non c'è Elisabetta o Liz, Anna Maria, Sophìa, Imelda, Ftirah o Jacqueline che quando è a Roma non veda Bulgari (magari per vendere), come non c'è turista snob che non entri nel negozio di Via Condotti (magari per comprare «una scemenza da cinquantamila lire».;. Tra le firme famose di grandi gioiellieri, Winston, Van Cleef, Cartier, Tiffany, quella dì Bulgari è poi quasi sola a non essere l'etichetta d'un commercio industrializzato o la ragione sociale di una società per azioni, ma il nome d'una famiglia: intorno al clan familiare s'intrecciano infatti i miti ottimisti, le leggende avventurose e la storia della loro irresistibile ascesa. Nel 1877 i Bulgari, che allora si chiamavano ancora Bulgaris, piccoli argentieri in Epiro, nel Nord della Grecia, sfuggono ai massacri della guerra russo-turca rifugiandosi a Corfù; da Corfù emigra Sotirio Bulgaris per cercare fortuna in Italia. Una bottega d'argenti a Napoli, in piazza dei Martiri, poi a Roma: una bancarella di monili e bracciali d'argento a Trinità dei Monti, un negozio in via Sistina nel 1890, il negozio di via Condotti nel 1904, con D'Annunzio e Marconi tra i primi amici-clienti. I primi a portare il nome Bulgari, i figli di Sotirio, Giorgio e Costantino, si dividono i compiti: uno bada all'amministrazione, l'altro diventa studioso e intenditore di argenteria antiquaria. I messi di Costantino girano l'Italia alla ricerca d'argenti antichi, registrano bolli e ceralacche delle corporazioni degli argentieri, rastrellano gli argenti appartenuti alle corti di Modena e di Parma o alla corte pontificia. Costantino li esamina e descrive nei tre volumi esaurienti e costosi (il secondo tomo, 95 mila lire) della sua opera monumentale Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, un saggio ad alto livello di specializzazione. L'argenteria italiana, sino allora ignorata, diventa nota e valutata, si compie un'abile operazione commerciale-culturale: una caffettiera di Modena finisce per venir quotata quattro milioni, e di argenti simili sono piene le otto casseforti dei Bulgari. Nella ditta entrano adolescenti i figli di Costantino e di Giorgio: la nuova generazione, non più di religione ortodossa, educata con rigidezza tradizionale alla solidarietà di clan e alla dedizione azìendal-familiare, eredita una firma celebre, una raccolta assai notevole di antiquariato prezioso, una ricca collezione di pietre di colore, una collezione ricchissima (certi pezzi valgono anche 50 milioni) di tabacchiere, portapillole e scatole da tasca del Settecento. Le donne, Anna e Marina, gestiscono l'antiquariato e l'amministrazione; tra gli uomini, Paolo si occupa di disegnare gioielli e dirigere gli artigiani orafi che li realizzano, Nico guida la filiale di New York aperta dopo le succursali di St. Moritz, Londra, Lucerna e Amsterdam. A Teheran Gianni viaggia sei mesi l'anno per acquistare pietre sui mercati internazionali, sovrintende alle pubbliche relazioni: è lui a trattare e intrattenere i clienti più ghiotti, è lui l'ospite alle mostre di gioielli al Waldorf Astoria di New York, è lui che partecipa alle aste internazionali e viene sconfitto a Montecarlo nella gara per gli smeraldi della impoverita Maharani di Baroda. E' lui a ' intuire già due anni fa il mutare del mercato dei ricchi e a prendere in affitto a Teheran l'elegante appartamento — negozio che serve da punto d'appoggio nei contatti con la nuova clientela mediorientale dei miliardari del petrolio. Non è magari il componente più importante della ditta familiare, ma è, per quanto tutt'altro che esibizionista, il più in vista: tanto da diventare la vittima prescelta dai rapitori. Nei ruoli fiscali è iscritto per 80 milioni d'imponìbile annuo. Non vuol dfr niente,-si sa. Due miliardi di riscatto, tre miliardi, cinque miliardi? S'interrogano al caffè Greco gli spaventati commercianti di via Condotti. Ma il timore del clan Bulgari è anche un altro, i loro pensieri non girano soltanto intorno al numero dei miliardi, a quella anomala transazione commerciale che i sequestri di persona paiono ormai divenuti. Gianni «è un ragazzo di grande coraggio fisico e, nella sua timidezza, anche fisicamente aggressivo», dicono. Se lo ripetono allarmati, con sgomento: e se tentasse di ribellarsi, di liberarsi? Lietta Tornabuoni