La bomba di Napoli era destinata all'auto di un fascista
La bomba di Napoli era destinata all'auto di un fascista La bomba di Napoli era destinata all'auto di un fascista Così afferma Papale, il giovane rimasto ferito Perché è saltato fuori il nome di Mander Gli investigatori si aggrappano ad ogni filo (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 14 marzo. «Dobbiamo trovare chi tira le fila, tagliare la testa di questo serpente prima che colpisca ancora». Con questa raccomandazione, quasi un ordine, i magistrati che indagano sui Nuclei armati proletari dopo l'esplosione di martedì sera nell'appartamento di Puorigrotta (un morto e un ferito) hanno chiuso il terzo vertice con gli altri investigatori, ufficiali dei carabinieri, funzionari della questura e dell'antiterrorismo, alcuni dei quali arrivati in giornata da Roma. Entro stanotte potrebbero esserci i primi ordini di cattura: ma a che livello? I Nap sono organizzati come una cellula mafiosa: prendere un appartenente, perquisirgli casa e «covo», non significa mettere a terra l'intera rete. Gli investigatori speravano che almeno Alfredo Papale, rimasto ferito nell'appartamento di Fuorigrotta, volesse e potesse aprire nuovi orizzonti all'inchiesta. Ufficiali di polizia giudiziaria hanno tentato di interrogarlo senza neppure aspettare l'arrivo dell'avvocato, ma è stato inutile. Papale era accanto a Giuseppe Vitaliano Principe, lo studente di medicina morto dilaniato dall'ordigno che stava costruendo. Se l'è cavata per un miracolo. E' ancora pieno di ferite. E' stato martellato di domande per quattordici ore, più volte s'è sentito dire che finirà all'ergastolo. «Se la sono presa anche con me, perché, secondo loro, assisto troppi giovani di sinistra», dice Giovanna Lombardi, che lo difende. Ma il racconto del giovane serve a ben poco. Ha detto Papale: «Ho conosciuto Principe a una manifestazione un paio di mesi fa. Abbiamo cominciato a parlare. Di politica, naturalmente. Fu in quel periodo che lasciai Lotta continua, subito dopo il congresso nazionale. Principe diceva che bisognava dare ai fascisti una risposta più energica». Lo studente di belle arti era d'accordo: i neofascisti l'anno scorso, non gli spararono forse un colpo di pistola alle spalle, solo perché affig geva manifesti divorzisti? II giorno dell'esplosione fu Principe a telefonare a Papale, di mattina: «Devo vederti», gli disse. Il discorso, nell'appartamento di Fuorigrotta, fu estremamente chiaro: «Que sta notte deve saltare la macchina di un fascista», disse Principe, indicando i candelotti di dinamite. Papale si tirò indietro, aveva paura non se la sentiva. Principe fu duro: «Fai come vuoi. Non posso obbligarti. Ma non sperare di sapere altro. Leggi i giornali, domani ». Papale, racconta ora, stava per andarsene. Ma decise di restare ancora per qualche minuto. L'altro armeggiava intorno all'esplosivo. Poi lo scoppio. Sono decine i nomi che i magistrati stanno rovesciando sullo studente ferito: «Conosci questo? Conosci quest'altro? E questo chi è?». Nomi che vengono dagli schedari sequestrati nella casa dell'esplosione e in altri tre appartamenti, subito definiti covi, comunque luoghi la cui utilizzazione è poco chiara: li ha affittati tutti Giuseppe Vitaliano Principe, dando sempre nomi diversi e presentando falsi documenti. Il Principe doveva essere uno dei vertici dell'organizzazione: un semplice gregario non ha in casa 40 milioni. Fece parte anni addietro di gruppi di sinistra universitari. Ma pochi lo conoscevano a fondo, nessuno sapeva della sua attività terroristica. I nomi dei complici negli schedari non ci sono o, se ci sono, sono confusi fra centinaia di Andrea Barberi (Continua a pagina 2 in quarta colonna)
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