Il Cairo: l'accordo è possibile Ma solo disimpegno militare? di Igor Man

Il Cairo: l'accordo è possibile Ma solo disimpegno militare? Continua la missione-spola di Kissinger in Medio Oriente Il Cairo: l'accordo è possibile Ma solo disimpegno militare? (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 13 marzo. « Credo che siano possibili progressi, ma lenti ». ha dichiarato stasera, prima di incontrarsi nuovainente con Sadat, il segretario di Stato. Sull'aereo che ieri lo portava da Tel Aviv all'alto Egitto, Kissinger aveva detto ai giornalisti americani che lo accompagnano: « Certo, Israele e l'Egitto desiderano un accordo e si sforzano di arrivarci. Ma sarà possibile avvicinare i rispettivi punti di vista sino a farli incontrare? Questo è un altro problema ». Il fossato che divide le due posizioni di partenza «è più profondo che mai». Se le parti non daranno prova di «.elasticità tattica», il negoziato potrebbe incepparsi. Il ministro della Difesa israeliano, Peres, ha affermato che «non è affatto sicuro che un accordo interinale possa essere realizzato. Il problema noti è geografico, si tratta della pace. Ebbene, quando gli arabi parlano di pace non fanno che esercizi di retorica». Israele si rifiuta di «pagare due volte» le «concessioni» egiziane: riapertura del Canale, ricostruzione delle città lungo la via d'acqua. La riapertura di Suez, affermano infatti gli israeliani, era già contemplata nel primo accordo di disimpegno del 18 gennaio 1974. Gli egiziani replicano che della pace si dovrà parlare a Ginevra. Per il momento si tratta di raggiungere un secondo disimpegno militare. Ricordano che, fra le altre condizioni implicite nel primo accordo, vi era quella di un secondo disimpegno: avrebbe dovuto iniziarsi nell'ottobre del 1974, ma fu giocoforza rinviare tutto, a causa della crisi interna americana che portò alle dimissioni di Nixon. La riapertura del Canale potrebbe ora essere compresa «esplicitamente» nelle condizioni del secondo accordo militare tra Egitto e Israele. Rimane in piedi l'ostacolo maggiore: l'impegno alla non belligeranza preteso da Israele. L'Egitto rifiuta di impegnarsi con chicchessia (Israele o Stati Uniti) in questo senso. Una dichiarazione di «non belligeranza» finché un soldato israeliano occupa territori arabi, ha detto il presidente Sadat, «sarebbe lo stesso che invitare Israele a continuare l'occupazione». Proclamare in questa fase la fine dello stato di guerra significherebbe annullare la Conferenza di Ginevra, la stessa missione di Kissinger e tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Il nuovo accordo, pertanto, deve avere, come il primo, carattere militare, deve costituire un nuovo passo verso l'applicazione della «Risoluzione 338» e la premessa indispensabile alla ripresa dei lavori di Ginevra per la realizzazione della pace. Al termine dei colloqui tra Sadat e Kissinger, il portavoce del dipartimento di Stato, Anderson, ha dette che essi sono stati «molto buoni»; Kissinger e il Presidente hanno affrontato problemi «gravi e complicati» e sono tuttora fiduciosi che si possa pervenire a un accordo. «Ma il grosso del lavoro rimane ancora da fare». Il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Tahsin Bachir, ha ammesso che «esistono delle difficoltà». Durante tutta la mattinata di oggi, prima di incontrarsi nuovamente con Kissinger, Sadat si era consultato col suo ministro degli Esteri, Fahmi, e col generale Gamassy, ministro della Guerra. Sono state esaminate mappe, la situazione sul terreno, si è parlato delle rispettive « concessioni». L'impressione è che si sia, da parte egiziana, alla ricerca di una formula di compromesso. L'eventuale accordo per il secondo ritiro israeliano nel Sinai dovrà necessariamente contemplare una riaffermazione del «rispetto del cessate il fuoco». Basterebbe forse per uscire dall'impasse stabilire una tregua di lunga durata. Si arriverebbe cosi a una «non belligeranza» di fatto, garantita dall'estensione del mandato dei caschi blu, revocabile solo dal Consiglio di Sicurezza. Per quanto riguarda il ritiro israeliano dai passi di Mitla e Giddi e dai campi petroliferi di Abu Rodeiss, si potrebbe considerare la nuova zona cuscinetto delle Nazioni Unite come «territorio egiziano recuperato». In pratica, l'Egitto avrebbe una sovranità nominale sui territori lasciati da Israele ma presidiati dall'Onu. La nuova linea di disimpegno lascerebbe fuori i pozzi di Balaim, il cui grezzo verrebbe spartito dalle Nazioni Unite o da altri fra egiziani e israeliani in base a cifre proporzionali da stabilire. Beninteso, tutte queste sono solo pure e semplici «speculazioni», possibili in base a indiscrezioni e pareri di os¬ ' servatori qualificati. Esse, in ogni caso, lascerebbero pensare che Damasco si sia impegnata a non ostacolare la missione di Kissinger. Si vuole 'che nelle ultime ore sia avvenuto un «chiarimento» tra la Siria e l'Egitto. Qualcuno, addirittura, avanza l'ipotesi che Sadat abbia compiuto in segreto un viaggio lampo a Damasco. Per saperne di più bisognerà attendere qualche giorno. La spola si infittisce: la fase preliminare è terminata, siamo entrati nel vivo del negoziato. Un negoziato aspro e difficile, che potrebbe durare oltre il previsto, in ogni caso sino alla fine del mese di marzo. Come ha ripetuto il portavoce Anderson, Kissinger è deciso a rimanere in Medio Oriente fino a che riterrà possibile il raggiungimento di un accordo. Scrivono i giornali egiziani che questa è «la missione della dernière chances». Kissinger considera, l'attuale, un tentativo di mediazione che non potrebbe rinnovarsi in caso di fallimento. Igor Man