Il dissenso moderato di Medvedev di Paolo Garimberti

Il dissenso moderato di Medvedev NASCE UNA RIVISTA SEMICLANDESTINA IN URSS: DURERÀ? Il dissenso moderato di Medvedev (Dal nostro corrispondente) Mosca, 11 marzo. Dopo averlo espresso in decine di fogli sparsi — dichiarazioni, lettere aperte, documenti — lo storico Boy Medvedev cerca di dare un carattere organico, di corrente di pensiero, al suo dissenso moderato e legalitario, contenuto entro i confini di un socialismo militante e convinto, quindi antitetico al dissenso antisovietico (ma non antirusso), nazional-slavofilo di Aleksandr Solzenicyn. Nei prossimi giorni dovrebbe uscire il primo numero di Dvadcatyj Vele (Il ventesimo secolo), rivista che si autodefinisce « almanacco politico, sociale e letterario » e della quale Roy Medvedev è ispiratore, redattore capo, factotum. Sarà una rivista semiclandestina, in quanto non ha certo potuto ricevere l'imprimatur delle autorità; avrà il formato tradizionale di Novyj Mir e vuol essere la risposta di Medvedev a Kontinent, la rivista AeWintelligeneija emigrata, che ha appena visto la luce in Occidente. Per il socialismo « Guidato dalla preoccupazione per lo sviluppo della società socialista nell'Urss — scrive Medvedev in una breve nota introduttiva al primo numero — pensando che ima combinazione di socialismo e di democrazia debba essere il nostro principale obiettivo, un gruppo di persone dalle stesse idee comincia a pub-blicare un almanacco sociale, politico e letterario, Il vente-simo secolo ». La rivista usci- rà « ogniqualvolta si riuscirà a mettere insieme materiale 1 drammaticità \ tanto a Una sufficiente, approssimativa- mente una volta ogni due o tre mesi ». Essa pubblicherà non soltanto materiali di au- tori marxisti, ma anche di autori che « hanno punti di vista differenti, ma che, se- condo il comitato di reda- zione, meritano attenzione e discussione ». La rivista avrà circa 300 pagine e sarà divisa in quattro sezioni: la prima dedicata ad argomenti di storia, memorie e documenti; la seconda alla letteratura e all'arte; la terza a « discussioni » e la quarta conterrà informazioni e documenti vari. Medvedev ha deciso, all'ultimo momento, di sopprimere la quarta sezione per far posto, nella prima, ai ricordi di Dmitrij Petrovic Vitkovskij, intitolati Metà d'una vita. Il racconto, spiega Medvedev, è un'eredità di Tvardovskij, il defunto ex direttore di Novyj Mir: « Quando Tvardovskij lasciò la rivista — dice Medvedev — mi consegnò una serie d'interessanti lavori, dicendomi: lei è più giovane di me e potrà vivere fino a quando tutti questi lavori potranno essere pubblicati ». Medvedev riferisce che Tvardovskij considerava Dmitrij Vitkosvskij — oggi anch'egli defunto —■ un eccellente scrittore e il suo racconto Metà d'una vita secondo per qualità di scrittura e narrativa solgiornatu nella 1 vita d'Ivan Denisovic. Del re ' sto, lo stesso Aleksandr Solze nicyn, nella prefazione di ' Arcipelago Gulag scrive: « Do- Ma la struttura del primo numero, datato gennaio-feb-braio 1975, sarà diversa da quella pianificata in quanto veva essere redattore di que sto libro un vecchio detenuto nelle Solovki, Dmitrij Petro vie Vitkovskij. Ma una metà della vita passata laggiù (a questo alludono appunto le sue memorie sui campi) ha avuto per conseguenza una ! prematura paralisi. Quando già gli mancava la parola, ha potuto leggere solo alcuni capitoli terminati e convincersi che tutto sarà raccontato ». Ora Metà d'una vita, che com'è facile intendere rappresenta un altro capitolo della lagernjaja tematika che ha ispirato alcuni dei migliori scrittori russi contemporanei I verrà pubblicato per la prima 1 volta, in due puntate, dalla rivista di Medvedev. Memorie del terrore La prima sezione della rivista s'aprirà con altre memorie, quelle di Michail Petrovic Jakubovic, un vecchio menscevico, che passò ventisei anni in carcere, tra il 1930 e il 1956. In lui racconto dal titolo La vita di un'idea Jakubovic ricorda gli avvenimenti tra il 1914 e il 1917 e i suoi incontri con Plechanov, Cernov, Dan, Kerenskij. Nella stessa sezione vi sono due saggi di una nota giornalista, ora in pensione, Raisa Eorisovna Lert. Il primo saggio — Non torno in redazione — è dedicato al tragico destino di molti giornalisti sovietici, eliminati nelle « purghe » staliniane del 1937-38. Il secondo, Shtemenko contro Shtemenko, è una critica delle memorie del maresciallo Shtemenko (7/ quartier generale durante la guerra): Raisa Lert afferma che Shtemenko, nel tentativo di rivalutare Stalin, ci dà invece l'immagine di un despota crudele e stupido, responsabile delle disfatte dell'Armata Rossa nel 1941 e 1942. La seconda sezione della rivista s'inizia con le prime due parti del lungo studio dello stesso Medvedev su II placido Don di Sholochov (La Stampa del 2 febbraio) e si conclude con una critica del romanzo La quarantena di Vladimir Maksimov, firmata da Serg. Elagin. Nel suo saggio intitolato La sanguinaria cristianità di Maksimov, Elagin afferma che il libro di Maksimov non è soltanto profondamente immorale, ma contraddice gli insegnamenti del Cristo e del Testamento. Nella terza sezione, si trova una critica alla Lettera ai dirigenti sovietici di Aleksandr Solzenicyn. L'autore, anonimo, pur esprimendo il proprio consenso per le critiche formulate da Solzenicyn all'indirizzo dei dirigenti sovietici, respinge le conclusioni dello scrittore come irreali, utopistiche e reazionarie. «Né il ritorno ad una vecchia cristianità, né la restaurazione di un nazionalismo militante — afferma l'autore della critica — può aiutare l'Unione Sovietica ad uscire dal punto morto in cui si trova in questo momento ». La sezione si chiude con un saggio di Herman Andreev dal titolo La cristianità di Tolstoj e la cristianità degli autori del libro Da sotto i blocchi. In Dvadcatyj Vek, dunque, membri del partito e, in qualche modo, rappresentanti dell'ufficialità del regime, come Raisa Lert, e vecchi oppositori, come Michail Jakubovic, si mescolano in quello rappresenta un nuovo tenta¬ che tivo di fare, in terra sovietica, una rivista democratica e aperta. E' ben difficile che l'esperimento piaccia alle autorità e non è troppo arduo predire alla nuova rivista un'esistenza precaria, come quelle di altri tentativi politico-letterari del genere, che portarono i loro autori sui banchi dei tribunali in base all'articolo 70 del codice penale («attività antisovietica»). Paolo Garimberti

Luoghi citati: Mosca, Unione Sovietica, Urss