Ora risparmiamo anche sulle scarpe
Ora risparmiamo anche sulle scarpe Esportazione in aumento Ora risparmiamo anche sulle scarpe (Nostro servizio particolare) Bologna, 8 marzo. La grande rassegna calzaturiera, che presenta fino a tutto il 10 marzo la moda scarpa per l'inverno 1975-76 in 12 padiglioni con oltre 1600 espositori, a cura dell'Ente Fiere di Bologna, è come ogni anno occasione di incontri fra associazioni di categoria, operatori, pelletterie e concerie. Si fa il punto sulla situazione, si valutano i dati statistici del 1974, si progettano provvedimenti per una migliore diffusione del prodotto e per la ricerca di una scarpa di costo medio, ma fornita di tutte le caratteristiche dell'artigianato calzaturiero italiano. Le statistiche sull'andamento della produzione e dell'esportazione farebbero pensare ad ttn 1974 favorevole per il settore. L'esportazione è aumentata rispetto al 1973 del 10,5 per cento in quantità e del 34 per cento in valore, con un attivo che supera i 700 miliardi di lire. Ma il mercato interno è in netta fase recessiva, tant'è vero che per quanto riguarda la produzione, l'aumento può essere valutato intorno nd un 7 per cento. Il settore calzaturiero ha un ciclo particolare; flessibile nel rispondere alle esigenze della moda, perché formato più da aziende piccole che da grosse imprese, risente del costo della mano d'opera, che incide mediamente del 30 per cento sulla spesa di produzione, e della stretta interdipendenza dalle imprese collaterali: pelli, concerie, materie prime sintetiche. L'aumento di prezzo delle scarpe, che si aggira sul 20 per cento, non è affatto congruo con i costi: gli operatori delle calzature affermano che, almeno per quanto riguarda l'esportazione, ha contribuito all'andamento positivo la sempre minore redditività del prodotto per chi lo produce. Nel 1974 sono state vendute all'estero quasi 172 milioni di paia di scarpe in pelle, 16 milioni in più dell'anno precedente. Il mercato regge bene, nonostante la concorrenza dei Paesi a basso regime salariale come Brasile, Spagna, Grecia e Jugoslavia, grazie alla qualità e all'abilità tradizionale dei calzaturieri italiani. L'esportazione, a cui è destinato il 70 per cento della produzione, è assorbita per il 65 per cento dagli Stati Uniti e per il resto dalla Germania: inoltre oggi l'industria calzaturiera italiana ha superato Austria e Francia nel fornire scarponi soprattutto al Giappone attra¬ verso un gruppo che agisce a Montebelluna. Il divario esìstente fra incremento dell'export e incremento della produzione è oggetto di preoccupata indagine: sempre meno remunerativa la scarpa esportata, si dovrebbe poter contare su un mercato interno, che al contrario si è contratto, anche se 11 consumo annuo prò capite di calzature è in Italia tradizionalmente itno dei più bassi della Comunità europea. Del resto non è scevro di problemi nemmeno l'attuale risultato positivo all'estero: è sentita l'esigenza di una più capillare azione pubblicitaria sui mercati stranieri, d'una migliore organizzazione commerciale, con il sostegno degli organi pubblici: il settore dovrebbe sviluppare gli aspetti che gli sono più congeniali e favorevoli, dall'avanzata tecnologìa al gusto, dalla moda alla qualità. Ma le numerosissime pìccole e medie aziende dì cui è formato il settore calzaturiero non hanno la struttura per promuovere direttamente tali iniziative, tanto più che non saranno in grado per molto di sopportare altri sacrifici, assottigliando ì margini di utile. L'aliquota Iva non è stata ridotta come si sperava dal 12 per cento al 6 per cento, in considerazione del rincaro dei costi e del livello prezzi mantenuti a quotazioni ancora accessibili alla maggior parte dei consumatori. Lucia Sollazzo
Persone citate: Lucia Sollazzo
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