L'inchiesta sul golpe forse al Parlamento se Miceli accuserà ancora i due ex ministri

L'inchiesta sul golpe forse al Parlamento se Miceli accuserà ancora i due ex ministri Verso una svolta l'istruttoria della magistratura sui tentativi eversivi L'inchiesta sul golpe forse al Parlamento se Miceli accuserà ancora i due ex ministri Tanassi e Restivo hanno smentito l'ex capo del Sid: "Non sapevamo nulla" - Se il generale confermerà d'aver comunicato le notizie sul tentato colpo di Stato di Borghese ai due ministri, gli atti passerebbero alla speciale Commissione Roma, 8 marzo. I politici hanno abbandonato Vito Miceli al suo destino. L'ex capo del Sid aveva detto: «Franco Restivo e Mario Tanassi, ministro dell'Interno il primo, della Difesa il secondo! oll'epoca del tentato golpe di | Valerio Borghese, furono in- j formati». Ma di che cosa? La risposta è vaga: ebbero la ri- costruzione del piano d'azio- j ne del «principe nero», seppe- ; ro dell'occupazione dell'armeria del Viminale. Tanassi e Restivo hanno tagliato corto, quando ieri sera sono stati interrogati per la seconda voi- ta: «lo? — ha esclamato l'ex ministro dell'Interno — non ne sapevo assolutamente nulla». E Tanassi ha detto parole pili o meno simili. Miceli verrà interrogato ancora martedì. «Se dovesse confermare — questa la dichiarazione raccolta in ambienti giudiziari — non avremmo scelta. Potremmo tentare dei confronti, ma subito dopo dovremmo mandare al Parlamento la parte degli atti che riguarda gli ex ministri. E' slata proprio la commissione d'inchiesta per i procedimenti di accusa a pretendere l'invio di qualsiasi procedimento nel quale, an- che alla lontana, possa essere j ipotizzata la responsabilità di I uu ministro o di un ex mini- stio». L'invio degli atti al Parla mento non significherebbe la fine dell'istruttoria della ma gistratura ordinaria. Alla commissione finirebbe una parte soltanto dei documenti e non tutta l'inchiesta: lo ha chiarito la Corte Costituzionale nel recente conflitto di competenza fra il giudice istruttore di Roma Renato Squillante e la stessa commis¬ sicne per l'affare dei «fondi neri» Montedison Le responsabilità di Restivo e Tanassi ( ovviamente ancora da dimostrare) consisterebbero nel non avere avvisato la magistratura di quanto era avvenuto (quindi, favoreggiamento dei golpisti). I due ex ministri, pur essendo perfettamente al corrente, avrebbero assistito al ritiro del mandato di cattura contro Valerio Borghese e all'uscita dal carcere dei complici del «principe nero», permettendo in questo modo che restasse in piedi un'organizzazione che non ha mai smesso di tramare ai danni dello Stato e che si è rifatta viva nel 1973 e nel 1974 con altri tentativi ever sivi. Tanassi, per queste vicende, è già stato duramente attaccato dall'ex presidente della Repubblica Giuseppe Saragat: «Nulla seppi da chi aveva il dovere di informarmi». Saragat, a quell'epoca, era anche capo delle forze armate e presidente del Consiglio superiore della magistratura. Restivo avrebbe taciuto una parte della verità, oltre che alla giustizia, al Parlamento, quando fu invitato a rispondere, nel marzo 1971, a una lunga serie di interrogazioni. La magistratura, a questo punto, sembra avvertire la necessità di un intervento del Parlamento. Restivo e Tanassi hanno mancato? Ed esiste davvero una divisione dei poteri all'interno dello Stato? Perché, ad esempio. Miceli, quando pensava che fosse necessario compiere indagini e intercettazioni telefoniche, si rivolse per l'autorizzazione a un ministro e non al procuratore della Repubblica, l'unico che aveva il potere di dargli una risposta? Forse questa è la prassi? Il calendario, interrogatorio di Miceli ed eventuali confronti a parte, prevede sempre l'incontro con il presidente del Consiglio, Aldo Moro, che dovrà chiarire la posizione del governo sul segreto politico-militare (è stato ripristinato, o vale ancora l'invito a dire tutto fatto da Giulio Andreotti?). Se ne parlerà la prossima settimana, perché Moro è preso da impegni internazionali. Intanto, sarà interrogato Eugenio Henke, predecessore di Miceli alla testa del Sid e fino a poche settimane fa capo di stato maggiore della difesa. Andrea Barberi siederanno accanto al professor Conti le sue presunte complici: professoressa Isoline Mastrorilli, sua assistente, e la sorella di quest'ultima, la dottoressa Annunziata Mastrorilli. Il professor Conti oltre che per concussione è stato rinviato a giudizio per « falso, truffa e peculato ». Nell'ordinanza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Bruno Noli si dice che il professor Conti « abusando della sua qualità di direttore dell'Istituto di geologia costringeva o induceva numerosi docenti in servizio presso lo stesso istituto a versare o promettere indebitamente a sé o a terzi, anche solo in parte, retribuzioni o compensi percepiti ». Secondo quanto accertato dal giudice istruttore gli assistenti, i ricercatori e i professori incaricati dovevano versare al professor Conti una « tangente » di quanto guadagnavano.

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