I carabinieri perlustrano le cascine abbandonate nel triangolo dove forse fu imprigionato Garis

I carabinieri perlustrano le cascine abbandonate nel triangolo dove forse fu imprigionato Garis I carabinieri perlustrano le cascine abbandonate nel triangolo dove forse fu imprigionato Garis Alcuni piccoli indizi sembrano legare al caso dell'impresario le località dove fu pagato il riscatto per il bimbo e dove questi fu rilasciato - Uomini in borghese e "gazzelle" perlustrano la campagna fra Torino, Carmagnola e Villastellone L'agricoltore Elia Tommaso La periferia sud di Torino è stata messa sossopra. Così Nichelino, Moncalieri, Villastellone, Piobesi e Carignano, dove non s'è mai visto uno schieramento di polizia e di carabinieri folto come in questi giorni. Uomini armati di mitra fanno irruzione nelle cascine abbandonate, guardano dietro ogni porta, frugano ogni angolo, scendono nelle cantine, visitano sottoscala, soffitte, stalle, vecchi pozzi, ruderi soffocati dalle erbacce. Non lasciano nulla di intentato, muovendosi fra la curiosità della gente. Obiettivo: una traccia che porti al ritrovamento di Renato Lavagna, l'imprenditore inquadrato nel mirino dell'anonima sequestri sebbene ai più non fosse noto come persona particolarmente facoltosa e si confondesse, anzi, con i suoi operai, pronto a rimboccarsi le maniche e a incaricarsi dei lavori più umili o a trascorrere le ore della notte in ufficio fra conti e planimetrie. Forse è vittima della mafia dei cantieri; di quella delinquenza che vive ai margini dell'edilizia. Ma l'indirizzo preso nelle ultime ore dalle indagini porta immediatamente a una considerazione: i nomi delle località che ricorrono nella mappa dell'inchiesta sono gli stessi citati nella vicenda di Pietro Garis, 5 anni e mezzo, figlio di un industriale del legno. Non vi sono prove, ma si sospetta che la sua prigione possa essere stata un cascinale nella zona di Piobesi. La liberazione, comunque, è avvenuta a Villastellone. Le indagini sui due rapimenti si confondono, seguono le stesse piste, si staccano, ma per avvicinarsi di nuovo. Sono soltanto coincidenze? O non siamo piuttosto di fronte ai due più recenti attacchi sferrati dall'anonima sequestri, ramo torinese? E' vero che nella zona di Carignano Renato Lavagna è presente come imprenditore; ma è altrettanto vero che questo particolare non smentisce le coincidenze. A ben vedere, anzi, rafforza l'ipotesi secondo cui i suoi acquisti di terreni e di cascine potrebbero aver suscitato l'interesse proprio dei carcerieri di Pietro Garis, ammesso che si muovessero in quella zona dai confini incerti a Sud della città, ma individuabile da alcuni elementi precisi: case abbandonate, maneggi. E su questo sfondo, personaggi indefinibili, con fedine penali macchiate e legami con il mondo mafioso. Ai Tetti Gorra di Carignano, sul Po, Renato Lavagna ha impiantato una cava di ghiaia. «Fra terreno e macchinari il valore è di almeno un miliardo», calcola Franco Baruffaldi, direttore della cava, 45 anni, che abita in corso Turati 13, nel complesso condominiale con uffici, autosaloni, negozi, bar, decine di appartamenti, piscina e giardino pensile sul tetto che la « Lavagna Candido Sas » ha costruito (progetto Manfredi, Todros, Nicola e altri) su un terreno acquistato cinque anni fa dall'Alleanza cooperativa per 2 miliardi e mezzo (l'operazione suscitò vivaci polemiche e discussioni in Consiglio comunale). Franco Baruffaldi e Renato Lavagna si sono incontrati mercoledì mattina. « Appariva tranquillo », ricorda il direttore della cava. Mercoledì sera, l'impresa- I rio si sarebbe dovuto incontrare con Elia Tomaso, 60 anni, agricoltore a Gorra, che gli ha ven- I duto alcuni terreni e che avrebbe dovuto informarlo su altre operazioni possibili nella zona. A Gorra non è arrivato. Almeno ufficialmente. Gli inquirenti non escludono che ve l'abbiano portato i rapitori. Se non a Gorra, in una zona vicina, dentro la presunta « area parcheggio » dell'anonima sequestri. E' p6r questa ragione che ì carabinieri stanno battendo la campagna e gli abitati con tutti gli uomini a disposizione. Si controllano anche le perso- titiiiiiiiirjiiiiFi! )iiiÉiiiiiiiiiiiiiii]iiiiiiiEi[ii ne, si fanno identificazioni, interrogatori; si cerca di ricostruire i movimenti di alcuni individui che vivono d'espedienti. Gli inquirenti cercano anche di stabilire la posizione di tre giovani che abitavano a Piobesi e che ora si sono divisi. Si cerca un ex dipendente del Lavagna, che lavorava alla cava di Tetti Gorra. A Borgonuovo Osasio, fra Pancalieri, Lombriasco, Castagnole e Carignano si ricorda che c'era in passato una base di malviventi. Nel settembre del '69, i carabinieri scoprirono un arsenale di armi. Ma venne scoperta anche refurtiva per un valore di 300 milioni. C'erano anche cavalli ponies, che risultarono rubati. Si cerca ogni possibile riscontro con gli indizi emersi durante l'inchiesta che portò all'arre¬ i>iitrt iiiiiiti[iiii[ii>*iiiiiL iiiiiiiiii!iii[iitiiiiiiici>.^i.ji|[iiiiiiiiiiiLiiiitiiiiiiiiiiiiii]iirtiiijriiiiEiiii]tiiii[iiiiii[i[it[i[!ti(iiiiteiiJiiti;i[ti]iitiiiiit[Carignano, la cava di ghiaia del rapito. Terreno e macchinari valgono un miliardo sto di due uomini di Moncalieri, sospettati del kidnapping di Pietro Garis. Sono soltanto coincidenze o prime, concrete prove di un legame fra i due sequestri? Per il rapimento Garis i banditi pensarono anche di bloccare corso Lanza con transenne, che risultarono rubate in un cantiere. Prima di quest'impresa, ci fu un sequestro fallito, del quale doveva essere vittima una ragazza, 13 anni, figlia di un impresario edile. Coincidenze anche queste? A Carignano, il comandante della stazione carabinieri maresciallo Tedesco tiene d'occhio alcune persone. Controlla soprattutto i movimenti di giovani che frequentano « La Cometa », locale pubblico di Piobesi. Vengono controllati tutti i numeri di serie delle banconote con cui pa¬ gano le consumazioni. La stessa operazione viene fatta in altri locali pubblici, a Torino, a Carignano, a Villastellone. Le « gazzelle » dei carabinieri si spostano da un paese all'altro, non lasciano nulla d'intentato. Uomini in borghese perfezionano gli accertamenti condotti dai colleghi in divisa. Le piste appaiono e scompaiono all'improvviso. E' difficile muoversi. La famiglia del rapito non rivela particolari. E' l'ennesima dimostrazione che la ormai collaudata industria dei sequestri impone una precisa condotta ai parenti dell'ostaggio. Il copione è semplice: zitti e pagare, se si vuol rivederlo vivo. Servizi di Ezio Mascarino, Arturo Rampini, Roberto Reale e Renato Romanelli Nelle indagini non si trascurano nemmeno le più remote possibilità