"Bisogna vendere, sarà un sequestro lungo"

"Bisogna vendere, sarà un sequestro lungo" L'avvocato della famiglia Lavagna: "Devo trasformarmi in un contabile,, "Bisogna vendere, sarà un sequestro lungo" Il legale aggiunge: "Ci sono immobili, partecipazioni, ma non contanti. Sto controllando che cosa si può fare per ricavare liquido e quanto" - Carabinieri e polizia: "Le indagini non si fermano" - Ma la famiglia non collabora: "E' una nostra questione privata, lasciateci stare" - La moglie è crollata, il medico prescrive: "Non deve lasciare il letto" -1 sospetti si addensano sulla "mafia dei cantieri" - Perquisiti dalla squadra mobile alloggi vuoti nel complesso di corso Turati Gli investigatori che indagano sul rapimento di Renato Lavagna, l'imprenditore edile sequestrato mercoledì sera da un commando di banditi all'uscita del suo ufficio, dicono: « Sarà lunga almeno 20 giorni ». Ieri si è compreso il perché di questa dichiarazione. L'avvocato Giancarlo Ledda lo ha spiegato: « In queste ultime ore mi sono trasformato in un contabile, sto tentando di analizzare tutto il giro d'affari del geometra Lavagna, di prendere visione della reale consistenza del suo patrimonio. A tutt'oggi è presto per parlare di contatti con i rapitori: prima bisogna prepararsi alle loro eventuali richieste, cercare di monetizzare beni immobiliari, partecipazioni azionarie, cointeressenze in proprietà terriere nel più breve tempo possibile. Ci sono beni ma non contante. Il problema è di trasformare in liquido quel che è possibile ». Nella cronaca di questa seconda giornata del sequestro, non uno spiraglio di luce. Silenzio e solo silenzio. I familiari sono stretti in una morsa d'angoscia, gli inquirenti battono piste che sìnora sembrano soltanto vicoli ciechi. La moglie, le due figlie e la sorella del costruttore scom- | parso chiedono di poter vivere questi momenti senza che nessuno renda ancora più straziante, con domande, la loro angoscia. Ieri la signora Lavagna dopo una notte di veglia è crollata, il medico l'ha costretta al letto. Ma questo silenzio della famiglia, comprensibile sul piano umano, si rivela in queste ore un'arma a doppio taglio: in questo assoluto «black-outn sono inclusi anche polizia e carabinieri, le loro ricerche vengono condizionate e bloccate dalla mancanza di collaborazione d'una famiglia disperata. E' il gioco dei rapitori: speculare ignobilmente sugli affetti più intimi per stringere in una morsa i congiunti del rapito. Questo il dilemma che sempre si pone: affidarsi agli investigatori con il rischio di veder interrompere eventuali trattative o pagare il riscatto senza troppa pubblicità anche con il rischio di agevolare l'impunità dei banditi? Da alcune indiscrezioni sembra che il telefono sia squillato due volte nelle ultime ore in casa Lavagna: la prima alle 22,15 di mercoledì sera, l'altra nella giornata di ieri. Dall'altro capo del filo sempre la stessa voce: dura, incisiva, con un marcato accento piemontese. Gli inquirenti lavorano su labili ipotesi. Ma, nel quadro confuso del rapimento si fa sempre più strada una supposizione: il sequestro potrebbe essere stato organizzato dalla «mafia dei cantieri» da quelle frange che vivono ai margini dell'attività edilizia (e della legalità) e che in questo periodo di crisi si trovano probabilmente con l'acqua alla gola. Un particolare che, in qualche modo, potrebbe dar credito a queste illazioni; da qualche tempo Renato Lavagna aveva chiesto ed ottenuto il porto d'armi. Temeva aggressioni? Era stato minacciato? E mercoledì sera, al momento del sequestro, aveva con sé la rivoltella? Dalla ricostruzione che la Scientifica ha fatto della breve lotta accanto alla Mercedes dell'imprenditore e dalle testimonianze degli inquilini della zona, risulta che, a quell'ora, nessuno ha sparato in strada. I banditi, sapendo che forse Lavagna era armato, lo hanno immobilizzato prima che potesse difendersi? Siamo stati in località La Gorra di Carignano per parlare con Elia Tomaso, l'agricoltore di 60 anni che aveva appuntamento con il costruttore, quella notte. « Avevo telefonato nel pomeriggio al geometra — dice — per parlargli d'affari e lui mi aveva risposto che sarebbe venuto al termine del lavoro ». Gli « affari » riguardavano alcuni terreni che Lavagna tempo fa aveva acquistato dal Tomaso in una zona adiacente alla cava di ghiaia: « Mi aveva concesso di coltivarli ugualmente, anche se non erano più miei — ha aggiunto —, sino a che non gli fossero serviti. E' un uomo buono, schivo: ricordo che alcune volte, quando passava di qui tornando dalla cava volevo offrirgli un coniglio o un pollo. E lui: "Lascia stare. Totnaso. non disturbarti, tienli per la tua famiglia"». Da qualche anno Renato Lavagna pensava di espandere l'attività di cavatore: nuovi macchinari, trivelle, macinasassi da affiancare a quelli che già possiede e che gli consentono di raggiungere anche 80 metri di profondità sotto il letto del Po per ricercare la ghiaia. Il direttore della cava, Franco Baruflaldi, 45 anni, abita a Torino proprio nel condominio di corso Turati 13. Del suo datore di lavoro dice: « L'ho incontrato mercoledì mattina proprio all'uscita di casa, siamo scesi insieme in garage, abbiamo parlato del più e del meno ». Quasi a fugare l'ipotesi che Renato Lavagna si sentisse minacciato aggiunge: a Era tranquillo come sempre ». Abbiamo chiesto a Baruffala! quale possa essere il valore della cava di Carignano. Ci ha risposto: « Almeno un miliardo fra terreni e macchinari. Un'azienda che il geometra Lavagna curava con particolare attenzione. Ma forse dire "particolare" per un uomo come lui è errato: seguiva quotidianamente tutte le sue proprietà come se fossero suoi figli». A Tetti Gorra abbiamo raccolto una voce che, se confermata, potrebbe rivelarsi almeno singolare e rivestire qualche interesse. Una cascina non molto lontana da quella di Elia Tomaso era abitata sino a pochi mesi fa da una famiglia di pregiudicati: « I tre figli erano dei poco di buono: uno attualmente è in Sardegna, l'altro vive a Villasiellone. il terzo a Piobesi ». I nomi di queste ultime località fanno fatalmente tornare alla memoria un altro rapimento: quello del piccolo Pietro Garis. Il bimbo fu tenuto prigioniero in quella zona, rilasciato a Villastellone, dietro pagamento di un riscatto di 450 milioni a Santena. Ed ancora: le transenne con cui i sequestratori volevano bloccare corso Giovanni Lanza per agire indisturbati, erano state rubate in un cantiere di Moncalic ri. E, ancora a Moncalieri, vivevano i due uomini arrestati alcune settimane fa per il « kidnapping ». Pure coincidenze? Nel pomeriggio gli agenti della Squadra Mobile hanno prequisito una decina di alloggi vuoti nel condominio di corso Turati, costruito dallo stesso Lavagna. L'impresario sequestrato Renato Lavagna con la moglie, in una foto dell'estate scorsa

Luoghi citati: Carignano, Moncalieri, Santena, Sardegna, Torino, Villastellone