I con ti in tasca a L'Avana

I con ti in tasca a L'Avana CUBA OLTRE LA FASE "EROICA,, DELLA RIVOLUZIONE I con ti in tasca a L'Avana Dalle riforme sociali si è passati al rilancio dell'economia, all'incremento della produzione - Lo sviluppo dei commerci e degl'investimenti stranieri sembra preludere a un "miracolo" - Gli americani pensano a riprendere i rapporti con l'Isola (Dal nostro inviato speciale) L'Avana, marzo. Tra ì Paesi del terzo mondo poveri di materie prime. Cuba è Quello che nell'ultimo quinquennio ha compiuto i maggiori progressi economici. Fiaccata dal «blocco» imposto dagli Stati Uniti, coi quali si svolgeva il 90 per cento dei suoi scambi e perduta nel caos amministrativo, causato dalla fuga all'estero dei suoi specialisti, nel '70 essa pareva sull'orlo della bancarotta. Oggi, invece, vanta una bilancia commerciale attiva, sia pure di poco, e un tasso di crescita annuo di circa il dieci per cento. Mentre prima era alla mercé del raccolto della canna da zucchero (« il salario della paura ») e degli umori dell'Urss, adesso elabora piani quinquennali, sognando il raddoppio del prodotto nazionale lordo entro un decennio. Nell'opinione del segretario della commissione Esteri del Senato Usa, Pat Holt, Cuba è « tra le nazioni meglio organizzate dell'America Latina », e in quella di Le Monde è « au seuil du décollage ». Per la prima volta, essa guarda al futuro con ottimismo. Molto è mutato Come gli Anni Sessanta saranno caratterizzati nella storia cubana della revolución e dalle riforme sociali, cosi gli Anni Settanta lo saranno dal rilancio dell'economia e dalle riforme politiche. L'Avana « sta girando la boa »: dall'età dell'indigenza e del volontarismo passa all'età dello sviluppo, sebbene modesto, e dell'istituzionalizzazione. Il suo socialismo, già improvvisato e avventuroso, diventa più realistico e preciso. Essa non pensa più a esportare la guerriglia, ma a incrementare la produzione. E' difficile dire dove la porteranno questi orientamenti. Ma è chiaro che il new deal è ben accetto nel continente latino-americano. Riprendere i rapporti con Cuba è oggi cosa conveniente oltre che rispettabile, e non si esclude che lo decidano anche a Washington. « Forse — ha scritto il New York Times — vedremo Maometto andare "alla montagna"». Che è mutato esattamente nell'ultimo quinquennio? « Molto » mi risponde Adriano Diegnez, professore di scienze politiche all'università. « La condizione esterna; la coscienza civile; la strategia economica; la struttura aziendale. Il Paese è diverso, sd è stato aiutato da alcuni eventi internazionali ». Me li elenca: « Il disgelo tra gli Stati Uniti e l'Urss che ha attenuato l'ostilità dei primi: che ha spezzato il nostro isolamento. I fermenti nazionalisti e anticoloniali dell'America Latina, l'aumento del prezzo dello zucchero da 5 a 50 centesimi la libbra, che ha rimpinguato le nostre tasche vuote: l'ingresso nel Comecon, il mercato comune comunista che ha riempito grossi vuoti; soprattutto, l'aiuto dell'Urss, nella forma di una moratoria che ci permetterà di restituire i suoi enormi prestiti dopo 1*86, senza interessi, in venticinque anni ». Siamo nella sala del partito, l'aria condizionata è accesa, fuori fa un caldo soffocante. Diegnez ha studiato nell'Europa orientale, è entusiasta ma dogmatico. « I cambiamenti, prosegue, incominciarono nel '70. Lo stesso Fidel Castro li pianificò e illustrò al popolo ». Fu il momento dell'autocritica del « maximo leader ». Quell'anno la crisi economica di Cuba raggiunse il suo apice. Fallì la «gran zafra», il raccolto della canna da zucchero, che aveva mobilitato tutti i cubani per tre mesi (a scapito delle normali attività) con lo slogan « Muy abajo con un solo tajo ». Gli investimenti nell'industria pesante, fatti nel nome del marxismo, si rivelarono improduttivi. Inoltre, circolavano « en la calle », per istrada, cioè inutilizzabili a causa della mancanza di beni di consumo, 3 miliardi e mezzo di pesos. La gente non lavorava più, e nasceva la « borsa nera ». Oggi, all'Avana si rievoca quel periodo con un misto d'orgoglio e di disagio. Carlos Rafael Rodriguez, l'uomo su cui Castro fa più affidamento per la ricostruzione del Paese, e responsabile delle relazioni coi partiti comunisti, ritiene che gli errori scaturirono « da un eccesso d'idealismo e dalla trascurarla dei fattori materiali ». A suo parere, il partito s'illuse che « l'uomo nuovo di Che Guevara » si fosse già formato, e la nazione fosse pronta per il comunismo. Mi riferiscono che le inevitabili contromisure vennere attuate con estrema decisione. Furono immessi sul mercato beni durevoli e di lusso a prezzi molto alti: furono votate leggi contro il parassitismo e i reati economici: fu introdotto il principio della produttività: fu modificata la scala salariale per premiare il merito: e la maggior parte degli investimenti fu destinata all'agricoltura e all'industria leggera. « La situazione si stabilizzò nel '73 », mi dice il sindacalista Antonio Betanzos. « Da allora, il circolante è in diminuzione e l'offerta d'impiego in aumento. Cresce il tenore di vita e s'attenuano i contrasti sociali. Lo sviluppo dell'economia diventa sempre più armonioso e equilibrato ». Quando accenno ai premi di produttività, sorride con un certo impaccio: « Vige la norma: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro. Lo sappiamo; nel comunismo, tutti dovrebbero ricevere in base al loro bisogno. Ma il nostro è uno stadio di transizione, ed è giustificato ». Finito l'assedio Betanzos è un uomo pratico e preparato, sfoglia continuamente un quaderno: « Guardiamo i risultati. Ora stiamo in piedi quasi da soli. Persino i Paesi occidentali ci fanno credito: i nostri assegni sono garantiti. Abbiamo compiuto più passi avanti del previsto ». A quali direttive s'informa l'attuale ripresa economica di Cuba, adesso che è finita la psicosi dell'assedio? Tutti coloro con cui ho parlato sono stati concordi: allo sfruttamento delle poche risorse naturali, alla diversificazione dell'attività manifatturiera. all'incremento del patrimonio tecnologico, e all'espansione dei commerci con l'Occidente. Tutti hanno anche auspicato una collaborazione con gli Usa « Non possiamo ignorare certe realtà, mi spiega Betanzos. Disponiamo soltanto di nickel e di carbone, importiamo dall'Urss 8 milioni di tonnellate di petrolio e derivati all'anno, abbiamo come industria pilota quella zuccheriera, il trentasette per cento della popolazione è al di sotto dei sedici anni. La nostra strada è obbligata: saremo un'economia di trasformazione, come l'Italia, e poggeremo sui mercati più vicini, anche non socialisti ». Guardando all'Est E i consumi? Betanzos si rifa a Fidel Castro e Carlos Rafael Rodriguez. La principale novità è l'impulso dato all'edilizia attraverso il lavoro volontario, le « microbrigadas » di trentatré operai luna, che quest'anno dovrebbero costruire 30 mila appartamenti, e poi sempre di più, fino a 100 mila nell'80. Il regime non è più ostile a una moderata acquisizione di beni: Cuba importa ormai automobili: ha liberalizzato la vendita di qualche capo d'abbigliamento, delle calzature, di suppellettili domestiche, prima « de groupo », ossia razionata: assegna, tramite, i sindacati, televisori e frigoriferi a prezzi di costo ai lavoratori e alle famiglie esemplari. Più volte, parlando del new deal, i miei ospiti mi hanno additato l'esempio sovietico, o bulgaro ma la mia impressione è che Cuba s'ispiri semmai, forse inconsciamente, per affinità di temperamento, all'Ungheria e alla Polonia. Discuto di democrazia aziendale con un dirigente del Cdr, il Comitato di difesa della rivoluzione, Hugo Rodriguez. E' un uomo energico, polemico, vecchio comunista. Mi offre biscotti e succhi di frutta anziché gli abituali sigari e caffè. Definisce il Cdr « la cinghia di trasmissione del partito » e « un anello della catena rivoluzionaria ». Del comitato fanno parte quasi tutti i cubani al di sopra dei 14 anni. Attualmente, esso dà il suo contributo all'emancipazione femminile: all'ingresso uno striscione proclama: « Le campagne popolari sono deboli, quando non v'aderisce il cuore della donna ». Nato per combattere « la sovversione interna e il nemico yanquee», il comitato ha ora innanzitutto una funzione civica, di quartiere. E' di fatto un insolito strumento di potere di base, che promuove la mobilitazione ver le opere «prioritarie», in stretto collegamento col governo e coi sindacati ». Rodriguez precisa che dal congresso sindacale dell'Avana a cui assistè anche il sovietico Shelepin, alla fine del '73, le rappresentanze operaie partecipano alle riunioni di direzione delle imprese; che hanno il diritto di veto (« reale, non nominale»; sugli straordinari e i ritocchi salariali; e che controllano tutte le attività, sociali e d'assistenza di fabbrica. Obietto, come ho già fatto con Antonio Betanzos, che la riforma economica promuo¬ ve innanzitutto la produttività, e che il sistema d'incentivazione adottato discrimina tra la manodopera. « Non si decide nulla senza consultare la base. Il nostro scopo è responsabilizzare l'individuo, ribatte Rodriguez. Dove è necessario, si ricorre anche al cottimo. L'inefficienza sarebbe la vera deviazione dal socialismo. La migliore e maggiore produzione a eguali condizioni è il segreto del nostro successo ». Sarebbe assurdo, o perlomeno prematuro, parlare di miracolo economico, o neoconsumismo, o parziale adesione al principio del profitto per Cuba. Una « via jugoslava » al socialismo dell'Avana è tanto inconcepibile quanto il suo ritorno ai modelli capitalisti, anche per la vigorosa, sebbene discreta sorveglianza russa. L'unica forma di proprietà privata rimasta nel Paese è quella dei fondi agricoli di meno di settanta ettari, e non v'è più spazio per la libera iniziativa. Ma lo sviluppo è autentico, e nel dialogo continuo voluto da Castro si delinea un tipo di presenza popolare senza precedenti nell'esperienza comunista, una sorta di travaso dall'alto al basso e viceversa. Ha dichiarato Carlos Rafael Rodriguez: « La nostra prassi sociale anticipa forse un regime d'abbondanza nella solidarietà, e di solidarismo nell'abbondanza ». La testimonianza più sicura della ripresa economica è data dal boom dei commerci e degli investimenti stranieri. L'anno scorso, le esportazioni cubane hanno superato per la prima volta i 2 miliardi di pesos c non sono andate nella maggioranza all'Urss. L'Argentina ha concesso un credito di 1 miliardo 200 milioni di dollari, la Spagna uno di 900 milioni, la Francia uno di 350. Il Canada e la Gran Bretagna finanziano le importazioni dei loro prodotti all'interesse dell'S per cento circa, con durata fino a 8 anni e mezzo. Sono particolari che rendono orgogliosa L'Avana. « L'Italia è stata tra le prime nazioni occidentali a concludere con noi importanti accordi quando versavamo in gravi difficoltà, mi ha detto un funzionario. Ora, correte il rischio di perdere il treno. Eppure, in una recente cena dal vostro ambasciatore Albertario, Castro stesso ha sollecitato la vostra collaborazione ». Ennio Caretto Cuba. Le soldatesse di Castro ricordano gli Anni 60, caratterizzati dalla « revolución » e dalle riforme sociali (Upi)