Il Passatore, un ribelle in lotta con la società

Il Passatore, un ribelle in lotta con la società Il dramma di Dursi all'Alfieri Il Passatore, un ribelle in lotta con la società L'allestimento dello Stabile di Bolzano, protagonista Pino Micol Questo Stefano Polloni detto il Passatore, che dà titolo e argomento al dramma di Massimo Dursi in scena dall'altra sera all'Alfieri per il cartellone in abbonamento dello Stabile, era «l'infamissimo ladrone e assassino» dei rapporti della polizia pontificia o il «Passatoi- cortese» di pascoliana memoria? Né l'uno né l'altro, ma forse soltanto uno di quei ragazzi — aveva ventisei anni quando i gendarmi lo uccisero — «invecchiati precocemente ai margini di una rivoluzione dove non sanno entrare dalla parte giusta, o che li ha illusi e abbandonati» come li presenta l'autore nell'introduzione al suo testo ristampato dall'editore Marsilio. Chi volesse sapere qualcosa di più del Passatore, e dei tempi e dei luoghi della sua breve vita, potrebbe leggersi un piacevolissimo libro dello stesso Dursi sull'Ottocento romagnolo: La spelonca di Pio IX. Ma già queste «cronache popolari», che lo Stabile di Bolzano, a dodici anni dal primo allestimento di Virginio Puecher, ripropone con la regìa di Maurizio Scaparro, tracciano un ritratto niente affatto sfuocato di un giovane contadino, spinto al mal fare più da una società ingiusta che dall'ingiusta denuncia di un prete fanatico. Se il Passatore non si fosse fatto brigante, sarebbe forse diventato un seguace di quel Garibaldi che idolatrava ma dal quale fu tenuto lontano perché le sue mani erano allora già troppo lorde di sangue per non insozzare l'impresa. Ma, teatralmente, il Passatore è anche qualcosa d'altro. Mi sembra cioè che, nonostante la sua figura sia diversissima, abbia non poche affinità con il villano saggio e diffidente di Bertoldo a corte poiché entrambi appartengono al filone, poco esplorato ma prezioso (si pensi solo al Ruzante). del personaggio pooolare nel teatro italiano che il Dursi ha arricchito con duella sua felicissima commedia del 1957 e poi ha continuato a coltivare, appunto col dramma sul Passatore. Non a caso entrambe le opere vennero incluse nelle stagioni dello Stabile torinese (e la prima addirittura messa in scena) da Gianfranco de Bosio che su quel filone aveva impiantato la sua attività di direttore e regista a Torino. E' questo che andava ribadito a proposito di un testo del quale ò più importante sottolineare la ripresa che rinnovare gli antichi lamenti — lusinghieri per il Dursi solo in apparenza — sul teatro di un autore d'oggi costretto per troppo tempo a tenere i copioni nel cassetto e rappresentato sempre in ritardo. E' inutile piangere sul latte versato, ormai quel che conta è che il teatro del Dursi torna sempre più spesso sui nostri palcoscenici e registriamo le buonissime accoglienze che esso riceve specialmente dagli spettatori più giovani. Della presa sul pubblico di Ste/ano Polloni detto il Passatore è una conferma lo spettacolo che ne ha cavato Scaparro lavorando su un testo che l'autore ha rivisto, alleggerito, chiarito: scomparso ad esempio, il quartetto dei nobili, il personaggio del prete patriota, contrapposto a quello del reazionario don Fiumana, ha assunto, con una fisionomia più precisa, l'identità storica, prima solo adombrata, di don Giovanni Verità. E anche lo spettacolo, per chi ricordi la messinscena di Puecher, è più scarno e meno complicato di quello, del quale tuttavia ha conservato le belle musiche di Sergio Liberovici. L'impianto scenico di Roberto Francia — una nuda pedana che si anima solo con la famosa irruzione del bandito nel teatro di Forlimpopoli, pochi oggetti tra i quali un carro agricolo che si scompone anche in albero della libertà — è di una severità persino eccessiva e insinua talvolta una fredda ombra nella rappresentazione alla quale gli attori, quasi tutti giovani, infondono invece vivacità e calore. Pino Micol ha l'età e anche la malinconia del suo personaggio, Fernando Pannullo è un sobrio don Giovanni e Giulio Pizzirani un efficace don Fiumana. Agostino De Berti, Piero Nuti. Delia Bartolucci. Patrizia Milani sono qui nominati quasi a caso per lodare tutta la compagnia, Anna Casalino e Silvano Spadac cino si fanno applaudire nelle canzoni. Alberto Blandi

Luoghi citati: Bolzano, Torino