La crisi della casa: quel che si fa in Austria

La crisi della casa: quel che si fa in Austria La crisi della casa: quel che si fa in Austria Vienna "capitale ingiusta,, rimedia con il prefabbricato L'intervento pubblico nell'edilizia è ben più massiccio e coerente di quello italiano - Più di un terzo del territorio è proprietà comunale - L'esperienza dei "poli verdi" (Dal nostro inviato speciale] Vienna, 4 marzo. L'ex capitale asburgica invecchia e si dissangua come il prodotto di un laboratorio neomalthusiano: pochissimi nati, 14 mila in un anno, con tro 24 mila morti. I due milioni e mezzo di viennesi degli anni d'oro sono diminuiti a 1 milione 640 mila, con netta prevalenza di anziani; nei giardini della Heldenplatz, davanti al Palazzo Imperiale, le giovani donne con carrozzelle sono rare anche sotto un sole tiepido da inverno inconsueto. La passeggiata al Graben e nell'isola pedonale che arriva a Santo Stefano è un'occasione di incontro fra signore piuttosto avanti negli anni. I pochi caffè rimasti (quelli della tradizione viennese hanno ceduto il posto a negozi di lusso, banche, agenzie di viaggio) sembrano ritrovi pomeridiani di pensionati; la sera sono deserti. Una città elegante ed ariosa, disegnata all'inizio del '900 per accogliere 4 milioni di anime nel 1950, oggi sottopopolata, nasconde squilibri e problemi che nelle città italiane vengono giustificati con la crescita demografica. A Vienna mancano le abitazioni, mentre 70 mila appartamenti risultano vuoti perché malsani o troppo costosi. Il viceborgomastro Pfoch mi dice: «Arrivano a 20 mila le domande di nuovi alloggi a basso costo presentate in Comune da nuove coppie in coabitazione, da famiglie costrette a lasciare il centro storico, oppure le case popolari della periferia più degradata. Dobbiamo tenere conto, inoltre, dei 200 mila viennesi residenti nei sobborghi operai, in alloggi sotto lo standard oggi accettabile». I tecnici del Comune aggiungono: «Le condizioni igieniche sono pessime in alcune zone. Abbiamo ancora casi di tbc». Dico subito, per evitare equivoci, che il confronto con le nostre periferie sarebbe per noi umiliante. Gli austriaci non hanno nulla di paragonabile alla periferia disastrata di Roma. I loro dati negativi offrono il risvolto di un'ottima edilizia pubblica su vasta scala, come vedremo. Le origini della «crisi della casa» a Vienna vanno ricercate nella politica di sviluppo urbano del secolo scorso, direttamente in funzione della Corte e del prestigio imperiale in funzione del mercato dei suoli e del massimo sfruttamento edilizio nelle periferie operaie. Alla fine dell'Ottocento questa era sommariamente la suddivisione: a Nord-Ovest, verso il bellissimo «bosco di Vienna», i quartieri residenziali della borghesia ricca; a Sud e al di là del Danubio i quartieri della povera gente, mescolati agli acquitrini, alle cave di ghiaia, ai cimiteri, alle fabbriche; al centro la fastosa città imperiale, in parte compresa entro i viali del «Ring», con le proiezioni verdi e aristocratiche del « Belvedere » e di Schoenbrunn. Per tutti, a metà strada, la festa del «Prater» con la gran ruota e i giardini. «Nella vecchia Vienna il verde pubblico effettivamente godibile dagli abitanti era pochissimo. Oggi nel centro la media è di soli 90 centimetri a testa, contro i 40 dell'intera città» mi dicono alla Direzione dei giardini. Per riequilibrare la capitale ingiusta, gli amministratori comunali hanno puntato dal dopoguerra all'acquisizione più larga possibile di aree e di case, e all'edilizia residenziale sovvenzionata. Sentiamo il viceborgomastro: «Il Comune è diventato proprietario di 210 mila abitazioni sul totale di 770 mila. Costruiamo ogni armo da 8 a 10 mila alloggi, per metà direttamente. Il 35 per cento è affidato a cooperative sovvenzionate, il resto a privati che ricevono agevolazioni in cambio dell'impegno a non vendere per speculare». L'intervento pubblico nell'edilizia è ben più massiccio e coerente di quello italiano. Le case «popolari» di Grossen Feld e di altri quartieri nuovi a Sud di Vienna hanno i chiari segni della razionalità. Sono tutte prefabbricate col sistema «Camus»; un palazzo di 10 piani viene consegnato a 9-12 mesi dall'inizio delle fondazioni. Visito un cantiere al di là del Danubio. Cinquecento alloggi, palazzi a 11 piani con autorimesse sotterranee. Le altezze interne sono limitate a m. 2,50. Le pareti sono isolate termicamente; pavimenti di legno; tutti i vetri sono doppi. L'appartamento più grande, di tipo «C», offre un soggiorno, due stanze, tinello e cucina, bagno e gabinetto separati, ripostiglio. L'affitto equivale a circa 45 mila lire mensili (il reddito medio di un lavoratore dipendente è sulle 300 mila). Al canone va aggiunto un contributo «una tantum» di 1 milione e 200 mila lire, da versare al Comune anche a rate. Sono esenti le famiglie con reddito infe¬ riore alle 300 mila mensili. La precedenza nell'assegnazione dei nuovi alloggi viene data alle famiglie che vivono in case malsane, alle nuove coppie, ai pensionati. I tecnici del Comune mi fanno osservare che i servizi di quartiere, realizzati contemporaneamente agli alloggi, vengono distribuiti in rapporto alla densità dei bambini e degli anziani, dopo aver accertato la struttura per età e i desideri dei futuri abitanti attraverso apposite inchieste. Vedo le scuole in costruzione a due passi dai blocchi di appartamenti; hanno, in media, un metro quadrato di verde per alunno, da aggiungere al verde di quartiere. Abbondano gli spazi, i campi da gioco per ragazzi (3,5 metri quadri a testa). Il Comune può ottenere questi risultati grazie alla politica di acquisto di aree: più di un terzo del territorio di Vienna è in mano pubblica. «Esattamente 146 milioni e 702 mila mg su 414 milioni», mi dice l'ingegner Tomani, direttore dell'urbanistica e del verde pubblico. « Compriamo terreni per una somma equivalente a 14 miliardi di lire l'anno. Voglia¬ ino arrivare al traguardo dei lo mila ettari di verde, per darne in media 75 mg ad ogni viennese», mi dice ancora l'ingegner Tomani. Il nuovo piano regolatore prevede la ricucitura della fascia verde progettata nel 1905 e compromessa dalle due guerre. Al di là del Danubio il Comune ha affittato per 99 anni mille ettari destinati alla ricreazione. Sta nascendo il parco di Suessenbrunn. Esemplare la tutela della natura: è vietato abbattere alberi più alti di un metro, con circonferenza superiore ai 40 centimetri (da 2 settimane a 6 mesi di carce- i re). Le eccezioni vengono concesse contro l'impegno a sostituire gli alberi entro un raggio di 300 metri. Visito uno dei nuovi «poli verdi» di Vienna, creato nel settore meridionale devastato dalle cave e dai depositi di rifiuti. Il restauro dell'ambiente è perfetto, ed ha fini sociali; il nuovo parco è al servizio di un quartiere di edilizia sovvenzionata con 300.000 abitanti. Cento ettari sono stati acquistati dal Comune, risanati, arricchiti di alberi', con un lago, piscine di acque sulfuree, padiglioni per il tennis coperto, campi gioco per i bambini, sedi sportive e cul- turali. Ecco un giardino botanico e vastissimi roseti; la località è sede dell'esposizione internazionale di giardinaggio «Wig '74» non concepita come mostra effimera. Tutto questo è possibile perché il Comune di Vienna è molto più ricco di Comuni italiani con popolazione equivalente. Vogliamo fare un paragone con Milano? Il bilancio '74 di Vienna era di 28 miliardi di scellini, pari a 1100 miliardi di lire. Quello di Milano era di 970 miliardi. Direi che gli amministrato- ri comunali di Vienna non na- vigano nell'oro, ma hanno alle spalle un sistema di finanza pubblica e una burocrazia che consentono d'incassare e investire senza gli enormi pesi passivi dei nostri Comuni. E sanno fare le giuste scelte, se la sola edilizia di iniziativa comunale assorbe 60 miliardi di lire l'anno, per non dire delle grandi opere pubbliche (un depuratore da 80 miliardi sul Danubio, la metropolitana). Bisogna infine ricordare che gli austriaci non sono mediamente ricchi; ma quelli ricchi pagano le tasse che consentono ai Comuni di fare molto. Mario Fazio

Persone citate: Camus, Feld, Mario Fazio, Tomani