Sceicchi non più onnipotenti

Sceicchi non più onnipotenti Sceicchi non più onnipotenti Ora per il petrolio l'offerta risulta superiore alla domanda - Qualche riduzione di prezzo è già avvenuta (Dal nostro corrispondente) I Washington, 3 marzo. Tra 8 e 10 milioni di barili di petrolio al giorno — dicono statistiche americane pubblicate oggi — restano invenduti sui mercati internazionali: ciò significa che un quinto della produzione globale dei Paesi Opec non trova acquirenti. Il cartello dei produttori, l'organizzazione che ha provocato nel mondo la più grave scossa economica del secolo dopo la «grande depressione» degli Anni 30, è in crisi, dicono le «fonti» americane, e nella diga dei petrolieri sono già visibili le prime crepe. La Exxon (Esso) ha ordinato alle sue navi di ridurre la velocità di crociera, quattro petroliere sovietiche sono ferme al largo di Rotterdam perché non trovano acquirenti per i 600 mila barili che trasportano, 60 altre petroliere «parcheggiano» nel Golfo Persico in attesa di ca ricare petrolio che nessuno si è offerto di comprare, 180 tank e supertank sono immobilizzate nel mondo per mancanza di noli. Si ripete, rovesciata, la situazione dell'autunno-inverno '73-74: allora le navi facevano lunghe file per riempire i loro serbatoi, oggi hanno problemi a vuotarli. Il mito degli sceicchi onnipotenti, del cartello Opec che tiene il mondo per la gola, è già finito? Certamente no. Ma le paure apocalittiche del 1974 hanno lasciato oggi il posto alla speranza, che Kissinger coltiva sapientemente per dimostrare che il mercato può aver ragione del monopolio dei produttori. E come 12 mesi fa fiumi di statistiche angosciose vennero ad alimentare le paure, così ora nuove statistiche giungono a dar corpo a queste speranze, ristabilendo forse un equilibrio più ragionato e meno emozionale. Un inverno eccezionalmente mite nell'emisfero occidentale, le misure di conservazione energetica decretate da tutti i governi, e, soprattutto, la recessione indotta dal boom dei prezzi del petrolio, hanno drasticamente ridotto la domanda internazionale di greggio. Il prezzo nominale del petrolio (intorno agli 11 dollari al barile) si è fatto insostenibile per i venditori: a New York, nei quartieri generali delle «7 sorelle» corre voce che le maggiori compagnie abbiano concluso contratti segreti con Paesi produttori per acquistare petrolio a prezzi nettamente inferiori a quelli ufficiali. Dimenticando le «voci» (ma sarebbe interessante esplorarle a fondo e vedere quali profitti ricavino le «sorelle», visto che i prezzi di rivendita dei prodotti petroliferi restano invariati) anche le notizie certe puntano tutte in una sola direzione: le scorte di greggio aumentano, la produzione si contrae, alcune nazioni «minori» del cartello Opec sono in difficoltà. Quattro Paesi — Libia, Algeria, Nigeria e Abu Dhabi — hanno già abolito la sovrattassa di 50 centesimi (300 lire) al bari¬ le che essi imponevano sul loro miglior petrolio, a basso contenuto sulfureo. Sono i piccoli Stati, o i piccoli produttori, che soffrono il costo maggiore della contrazione produttiva. Alcuni, come Ecuador, Abu Dhabi, Oman, sono alle soglie di seri problemi finanziari; e politicamente si parla di un notevole malumore di questi membri minori dell'Opec nei confronti delle maggiori «potenze» petrolifere (Iran e Arabia Saudita), accusate di non accollarsi una quota onesta della diminuita produzione. Inevitabilmente, questa modifica dei singoli addendi muta profondamente anche il risultato totale dell'equazione petrolifera. Le proiezioni sull'arricchimento globale delle nazioni Opec subiscono quasi quotidianamente revisioni al ribasso. Nel 1974 la Banca Mondiale, un'istituzione di provata serietà, calcolò in 650 miliardi di dollari, 429 mila miliardi di lire, il surplus in petrodollari accumulato dai petrolieri nel 1980, e in 1200 miliardi di dollari (700 mila miliardi di lire) per il 1984. VEconomist stabilì che fra 9 anni l'Opec avrebbe avuto danaro a sufficienza per comprare tutte le società quotate a Wall Street, e fra 15 anni abbastanza per acquistare tutte le società nel mondo occidentale. Ma questa corsa alla previsione apocalittica si è interrotta all'inizio del '75. Il ministero del Tesoro Usa crede che il totale dei petrodollari (dollari ricavati dalla vendita di petrolio) sarà «solo» di 250 miliardi nel 1980, ma il sottosegretario al Tesoro americano, Parsky, pensa che non supererà neppure i 170 miliardi, sempre nel 1980. Sono cifre pari a un terzo, addirittura ad un quarto delle prime previsioni, nascono ovviamente dalla tendenza alla contrazione del consumo mondiale manifestatasi durante il 1974. Il mondo industrializzato ha certo compreso che fra la bancarotta generalizzata e un contenimento dei consumi non esisteva scelta, anche se la austerity ha i suoi dolorosi prezzi economici e sociali. Il pendolo del mercato petrolifero mondiale, completamente dalla parte dei venditori (l'Opec) nel '74 Si è mosso, ed è ora sempre più vicino alla posizione dei compratori (il mondo industrializzato,, in primo luogo). Ma, appunto perché pendolare, il movimento può facilmente, se non inevitabilmente, continuare: il prezzo diminuisce, il consumo aumenta, i venditori riprendono il controllo della situazione calcando ancora la mano sui compratori. E' il pericolo che Kissinger si propone di evitare con la sua proposta di un accordo a lungo termine produttori-consumatori imperniato su un prezzo minimo garantito e indipendente dal gioco della domanda e dell'offerta. Fermare il pendolo, dunque, in una posizione verticale e mediana fra le parti. v. z.

Persone citate: Kissinger

Luoghi citati: Abu Dhabi, Algeria, Arabia Saudita, Ecuador, Iran, Libia, New York, Nigeria, Washington