I comunisti occidentali rilanciano l'automobile di Mario Salvatorelli

I comunisti occidentali rilanciano l'automobile Esaminata a Dusseldorf la crisi del settore I comunisti occidentali rilanciano l'automobile Contestata la "politica-punitiva" adottata in molti Paesi - Divergenze tra le varie delegazioni suT ruolo di questa industria nell'ambito delle economie nazionali - Il problema dello sviluppo del trasporto pubblico (Dal nostro inviato speciale) Dusseldorf, 1 marzo. I dieci partiti comunisti dell'Europa occidentale che si sono riuniti due giorni a Dusseldorf per esaminare la crisi dell'automobile, si sono trovati d'accordo nel contestare la politica punitiva adottata nei suoi confronti in molti Paesi e nel chiedere ai governi misure fiscali, creditizie, operative, per risolvere una recessione che non ritengono giustificata dai problemi petroliferi. Nei Paesi rappresentati alla Conferenza si producono in un anno — meglio, si sono prodotti nel 1973 — oltre tredici milioni di autoveicoli, mezzo milione più che negli Stati Uniti. Oggi, invece delle automobili prodotte, si contano le centinaia di migliaia di lavoratori a orario ridotto e quelli messi a riposo e non sostituiti dalle nuove leve. Da qui la necessità di un rilancio della produzione, subito, e di una politica di diversificazione, a più lungo termine, di un piano per i trasporti in cui quelli collettivi siano complentari, non sostitutivi dell'automobile che ha e deve avere un futuro. Sulle «dimensioni» di questo futuro c'è qualche divergenza. I comunisti italiani, ieri nella relazione di Lucio Libertini e oggi nell'intervento del capo-delegazione, Eugenio Peggio, hanno riconosciuto il ruolo dell'automobile e giudicata «non ragionevole» una politica punitiva nei suoi confronti, ma hanno detto di ritenere che l'industria dell'auto «ha un futuro più limitato», non può essere più l'industria trainante dello sviluppo economico. Per affrontare la crisi dell'automobile, ha affermato Peggio, non bastano iniziative volte a incrementare in modo più o meno artificioso le vendite di automobili. E' difficile, se non impossibile, dire quando inizierà la ripresa, anche perché la situazione sta ancora peggiorando, né si sa quando cesserà la recessione. «Ma noi comunisti italiani — ha aggiunto — riteniamo che una ripresa consistente e duratura possa avvenire solo sulla base di una politica economica, nazionale e internazionale, che si proponga di realizzare un diverso tipo di sviluppo, capace di soddisfare realmente i bisogni delle grandi masse popolari dei singoli Paesi, e più in generale quelli dei miliardi di uomini che nei Paesi così detti in via dì sviluppo muoiono di fame o vivono in condizioni di estrema indigenza». I comunisti tedeschi, invece, hanno affermato che un aumento della produzione di automobili «è non solo possibile, ma necessario», anche perché si allungano le distanze dalla casa alla fabbrica, ed aumentano e più dovranno aumentare le ore del tempo libero (in Germania, la settimana lavorativa è ancora di quarantaquattro ore). Quindi chiedono: un alleggerimento di tutte le tasse che gravano sul mantenimento dell'auto mobile, un maggior numero di giorni di ferie, riduzione degli orari di lavoro (naturalmente, a parità di salario), Infine, sono favorevoli alla nazionalizzazione delle impre se e contrari all'iniziativa della Volkswagen, che vorrebbe costruire negli Stati Uniti uno stabilimento di produzione per un valore di quattro miliardi di marchi (quasi due miliardi di dollari, al cambio odierno in Germania). Ma i portabandiera di questo «rilancio dell'automobile», sono forse i comunisti francesi. Intanto, partono dalla constatazione che l'industria automobilistica occupa in Francia, direttamente o indirettamente, circa il dieci per cento della popolazione attiva (in Italia la percentuale non è certo inferiore, n.d.r.), cioè due milioni di lavoratori dipendenti. Poi osservano che non hanno l'automobile il quaranta per cento delle famiglie di operai e di impiegati e il settanta per cento dei giovani, delle donne in cerca di occupazione e dei pensionati. Quindi, i comunisti francesi «rifiutano l'austerità», sottolineano che esiste un vaòto mercato potenziale dell'automobile e affermano che la sua crisi si può risolvere con il pieno impiego e l'aumento del livello di vita. Per ottenere l'uno e l'altro, il relatore della loro delegazione, Claude Poperen, ha proposto l'aumento dei salari e delle pensioni, la riduzione vpsrtcmfmhpuspppnstuddamlsftmTmdella settimana lavorativa a quaranta ore (in Francia è ancora a 42,5 ore) e l'anticipo del pensionamento a sessanta anni per gli uomini, a cinquantacinque per le donne. Inoltre, ha chiesto la riduzione della «Twa» (l'Iva italiana), il ribasso del prezzo di vendita dei carburanti e dei premi di assicurazione e lo sblocco del credito (vendite a rate) per l'acquisto delle automobili nuove. Sono proposte, queste dei comunisti francesi, che ovviamente ci interessano tutti, francesi o non francesi, comunisti e non comunisti. Ne hanno fatte altre, di carattere più politico, come quella di un controllo parlamentare sull'utilizzazione del denaro pubblico da parte delle imprese private, controllo che potrebbe arrivare «fino alla nazionalizzazione delle imprese che dipendono direttameli te dall'aiuto dello State, con una partecipazione effettiva dei sindacati» (al controllo della nazionalizzazione, non all'aiutofdello Stato, ovviamente). E' chiara allusione alla Peugeot, che, secondo questa relazione, si avvierebbe a formare un gruppo con la Citroen, grazie al prestito di un miliardo di franchi ottenuto dallo Stato a un tasso privilegiato. Nelle diverse valutazioni del rapporto tra mezzi collettivi e mezzi individuali di trasporto, nella schermaglia di aggettivi usati dalle varie delegazioni per i due settori (complementari, sostitutivi, prioritari) non è difficile scorgere una divergenza di vedute, una polemica tra i comunisti italiani da una parte, e quelli tedeschi e francesi dall'altra: sarebbe difficile, caso mai, non vederla. In realtà, esistono obiettivamente situazioni locali diverse, cheddevono essere tenute presenti anche nel quadro di quella «collaborazione internazionale» sulla quale tutte le delegazioni hanno insistito e che sarà meglio precisata nella conferenza stampa indetta lunedì mattina a Bonn, per fare il punto sui risultati di questo incontro di Dusseldorf, il primo del genere, Mario Salvatorelli

Persone citate: Claude Poperen, Eugenio Peggio, Lucio Libertini

Luoghi citati: Bonn, Europa, Francia, Germania, Italia, Stati Uniti