Ergastolo per Ber foli di Francesco Fornari
Ergastolo per Ber foli Ma non agì da solo Ergastolo per Ber foli La sentenza lascia aperte tutte le ipotesi sui mandanti, assolvendo per insufficienza di prove il terrorista dall'accusa di avere introdotto in Italia la bomba a mano usata per la strage (Dal nostro inviato speciale) Milano, 1 marzo. Ergastolo. Come si sapeva fin dall'inizio del processo, come non è mai stato messo in dubbio. Per Gianfranco Bertoli, l'autore della strage di via Fatebenefratelli — 4 morti, 46 feriti — non poteva esservi condanna diversa. Ma ancor prima di conoscere la motivazione della sentenza, già dalla lettura del dispositivo si apprende che la corte non ha creduto alla tesi disperatamente sostenuta dall'imputato e, contro ogni logica difensiva, dal suo difensore d'ufficio nell'arringa che ha occupato tutta la mattinata, tendente a dimostrare che quell'orribile attentato altro non era che il gesto di protesta di un solo individuo, di un anarchico individualista, co i riofinitA fir, aennito iin | me Bertoli si dal momento dell'arresto. 11 giudici non gli hanno creduto e lo hanno dimostrato assol-i vendolo «per insufficienza di prove» dall'accusa di aver introdotto clandestinamente delle armi da guerra nel nostro paese, ovvero la bomba a mano usata per seminare terrore e morte. Durante l'istruttoria, durante il dibattimento, Bertoli ha sempre dichiarato che quella bomba lui se l'era portata appresso da Israele, dove l'aveva rubata fin da un anno pri I j ma. Evidente lo scopo: Berto-1 li non vuole avere dei complici in questo suo gesto, nessuno deve averlo aiutato, ha agito da solo, ha architettato da solo tutto il piano. Nonostante tutti i suoi sforzi, i giudici non gli hanno cre- dùto. Resta perciò il dubbioche la bomba gli sia stata da ta da qualcuno. Per Bertoli questa è la vera sconfitta. 1 Non la condanna al carcere perpetuo, alla quale si era votato fin dal momento in cui aveva accettato di compiere il tragico attentato. La sentenza della Corte d'assise milanese condanna dunque il criminale, il killer, ma lascia aperte tutte le ipotesi sinora formulate sui mandanti. Spiana la strada all'inchiesta stralcio sulla strage di via Fatebenefratelli che vede il Bertoli accusato di concorso con l'ex repubblichino Eugenio Rizzato, coinvolto nell'inchiesta sulla cellula eversiva neofascista «Rosa dei venti». Quando il presidente Del Rio ha letto la sentenza, Bertoli è rimasto indifferente. Ha reagito, invece, Rodolfo Mersi, il fascista amico dell'imputato, colui che l'aveva ospitato in casa sua per alcune ore la sera della vigilia dell'attentato, la cui figura comi pare nella vita del Bertoli in maniera ambigua. Era in fon | dQ alraulai confuso fra il pub- 1 L„ "^°-^ve.mes^parf."dare al- ^mProvvl|,°- <<Mer.S1 fn0P,ha i paura», «E ora di finirla». Era agitato, furioso. Che cosa può aver provocato questa reazione? Si può azzardare soltanto un'ipotesi: la condanna del Bertoli non come anarchico individualista ma semplicemente come criminale autore della strage, coinvolge nella vicenda tutte quelle persone — e fra queste c'è anI che lui, Mersi — che hanno j avuto a che fare con l'imputa- 1 to (in modo ancora oscure, perché né l'istruttoria né il dibattimento sono riusciti a chiarire certi fumosi particolari), in occasione dell'attentato. E' soltanto un'ipotesi, ma è certo che i rapporti di Bertoli col fascista Mersi han- !11? sollevato più di una per plessità, contribuendo a rendere ancor meno credibile il personaggio dell'anarchico che l'imputato si era cucito addosso per giustificare il suo gesto davanti all'opinione pubblica. Francesco Fornari
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