Vertice a Bonn per decidere una risposta ai rapitori di Tito Sansa

Vertice a Bonn per decidere una risposta ai rapitori Vertice a Bonn per decidere una risposta ai rapitori Berlino: per la vita di Lorenz chiesta la libertà di 16 detenuti (Dal nostro inviato speciale) Berlino, 28 febbraio. I rapitori di Peter Lorenz, vicepresidente del Parlamento di Berlino e capolista democristiano per le elezioni di domenica, si sono fatti vivi. All'ufficio berlinese dell'agenzia di notizie «Dpa », in Savignypìatz 6, stamane alle 9 — esattamente ventiquattro ore dopo il clamoroso sequestro dell'uomo politico — un postino ha recapitato una «lettera-espresso» (peraltro non sufficientemente affrancata) contenente una fotografia del prigioniero e una lunga lettera dattiloscritta, nella quale gli autori ' dell'azione pongono precise condizioni per liberare il loro ostaggio. Nella fotografia, formato 8 per 8, fatta con una macchina Polaroid, si vede Peter Lorenz senza occhiali (li ha perduti ieri sulla sua vettura mentre, probabilmente, cercava di difendersi dai rapitori che gl'iniettavano un narcotico), seduto su un letto. Ha l'aspetto di un uomo fisicamente e psichicamente abbattuto, lo sguardo spento, è in camicia, dinanzi al petto gli è stato posto un cartello scritto a mano in lettere stampatello, con le parole «Peter Lorenz, prigioniero del Movimento 2 giugno)). Si tratta del gruppo di anarchici berlinesi costituitosi il 2 giugno 1967 quando, durante una visita dello Scià di Persia nell'ex capitale tedesca, lo studente Benno Ohnesorg fu brutalmente assassinato con un colpo alla nuca da un poliziotto. Nella lettera, scritta a macchina in un tedesco stilisticamente perfetto, i rapitori pongono al governo di Bonn, al senato di Berlino e ai comandanti alleati condizioni di un'estrema chiarezza. Dopo essersi scusati di avere impiegato le armi («Abbiamo dovuto farlo perché sapevamo che l'autista di Lorenz era armato») e avere assicurato che il loro prigioniero viene trattato umanamente e non torturato, «a differenza dei 60 mila detenuti nelle carceri di Berlino e della Germania federale», e avere raccontato che Lorenz «viene interrogato sui suoi legami con i boss e con i governi fascisti, con i sionisti, con gli aggressori e gli oppressori del popolo palestinese» e avergli rimproverato la sua partecipazione al golpe militare di Pinochet nel Cile, gli anarchici vengono al dunque. Chiedono: 1) l'immediata scarcerazione, mediante annullamento delle sentenze di condanna, dei dieci giovani arrestati a Berlino perché dimostrarono contro la morte dell'anarchico Holger Meins, avvenuta per fame il 9 novembre dell'anno scorso in un carcere nei pressi di Bonn. Per questo annullamento di sentenza, con conseguente scarcerazione, i terroristi pongono un limite di 24 ore, cioè le ore 9 di sabato. 2) L'immediata liberazione di sei anarchici detenuti in carceri di Berlino e delia Germania Occidentale. Il più famoso di essi è l'avv. Horst Mahler, condannato complessivamente a quattordici anni di reclusione per azioni di terrorismo, associazione per delinquere eccetera. I sei — tre dei quali si trovano nella Germania Federale, due in Baviera, uno in Westfalia — dovranno venire riuniti a Berlino. Questo ultimatum scade tra quarantotto ore, cioè domenica mattina. 3) Un quadrigetto del tipo «Boeing 707» dovrà essere pronto al decollo , con i serbatoi pieni, e avere a bordo soltanto quattro membri dell'equipaggio disposti a partire per una destinazione ancora da fissare. Come ostaggio, i sei anarchici liberati desiderano prendere con sé l'ex sindaco di Berlino Heinrich Albertz (sindaco ai tempi dell'uccisione di Benno Ohnesorg), il quale dopo la morte dello studente ebbe uno choc, abbandonò la vita politica e indossò l'abito talare. Inoltre, a ciascuno dei sei «compagni» dovrà venir consegnata la somma di ventimila marchi, circa cinque milioni e mezzo di lire. L'aereo dovrà partire entro settantadue ore, cioè entro lunedi mattina. 4) Il testo di questo comunicato dovrà venire pubblicata, sotto forma di pubblicità su 14 quotidiani di Berlino e della Germania federale (allegato vi è l'elenco dei giornali considerati «non reazionari») e le spese di questi annunci dovranno venire pagate dal partito democristiano. Più avanti, i terroristi (che evidentemente hanno cervelli di prima qualità) danno istruzioni alle autorità. «Chiediamo un'assoluta tregua d'armi — scrivono — l'assenza totale della polizia dalle strade, niente controlli, niente per quisizioni di case, niente arre sti o fermi, niente appelli di collaborazione alla popolazione». E, prima di concludere con un pistolotto di esaltazio ne politica e di promesse di liberazione per gli altri coiti- nei partiti, alla polizia) sono dell'opinione che l'incolumità di Peter Lorenz deve avere la precedenza e che sarà purtroppo necessario piegarsi al volere dei terroristi. L'ex sindaco e attuale prelato Albertz è venuto immediatamente a Berlino in aereo e si è messo a disposizione, offrendosi come ostaggio, «se ciò verrà trovato giusto e ittile dai responsabili». Le autorità alleate di Berlino (inglesi, francesi e americani) si sono dichiarate pronte a preparare il «Boeing 707», se una richiesta del genere verrà presentata. A nome di tutti, il vicecomandante britannico Scott George, ha detto: «Non abbiamo nulla in contrario, se si tratta di salvare una vita umana». La responsabilità di una decisione — politica e giuridica — è pertanto passata al governo di Bonn. Benché ancora convalescente per una polmonite e una pleurite secca, il cancelliere Helmut Schmidt ha tenuto oggi una riunione straordinaria di «uno stato maggiore generale di crisi», alla quale ha invitato i maggiori esponenti della vita politica del Paese, da Brandt a Strauss, da Kohl a Genscher, includendo anche i ministri degli Interni e della Giustizia di tutte le regioni e i più eminenti giuristi ed esperti di polizia criminale. Il problema di fronte al quale Helmut Schmidt è stato posto è di estrema gravità: i cedere al terrore, creando un precedente, oppure respìnge re le richieste dei banditi, sacrificando quasi certamente la vita di Peter Lorenz? E' per questo motivo che il «duro» Helmut Schmidt ha voluto attorno a sé tutti i responsabili della vita politica del Paese. Affinché la decisione venga presa in comune. Gli occhi di tutto il mondo — i tedeschi lo sanno bene — sono puntati sulla Cancelleria di Bonn. Un «no», con la probabile morte di Lorenz, rievo- cherebbe memorie naziste, un cedimento dinanzi alla violenza troverebbe invece comprensione. Le previsioni sono — per lo meno qui a Berlino — che i terroristi avranno partita vinta. I berlinesi aspettano calmi e fiduciosi, domenica è certo che andranno in massa alle urne. E' addirittura probabile — secondo gli auspici elettorali — che un cedimento di Helmut Schmidt venga onorato dagli elettori conservatori. «Willy Brandt — mi diceva stasera il taxista che mi ha portato dall'aeroporto in centro — a quest'ora avrebbe già ceduto per salvare la vita di Lorenz. E domenica, certamente, vincerebbe le elezioni. Sarà Schmidt cosi umano e così intelligente?». Tito Sansa come nel caso del presidente della Corte d'appello di Berlino, Guenter Von Drenkmann (assassinato il 10 novembre, il giorno dopo la morte dell'anarchico Holger Meins)». A Berlino, la diffusione del messaggio ha avuto effetti immediati: la polizia che ieri presidiava ogni quadrivio, è scomparsa del tutto, le autorità tirano un sospiro di sollievo, perché Peter Lorenz è in vita. Benché ufficialmente nessuno lo ammetta, i responsabili della città (al Senato, Berlino. La foto di Lorenz inviata dai suoi rapitori alla Dpa 2 " pagni (si ritiene che si rivolgano ai capi del gruppo Baader-Meinhof ) mettono bene in chiaro che «tutte le nostre richieste sono ugualmente importanti». «In caso dì non accoglimento di esse e anche solo nel caso che si tenti d'ingannarci, l'incolumità del prigioniero non viene garantita — scrivono —. In caso di accettazione di tutte le nostre richieste garantiamo la liberazione dì Peter Lorenz. Altrimenti, sarà inevitabile una conseguenza