LA BARCA A VELA

LA BARCA A VELA LA BARCA A VELA Acquistare lo scafo in gruppo tra soci «Cerco 11 soci per acquistare un "soling"-: l'annuncio non dovrebbe stupire se avessimo un po' di fiducia nello sport della vela esercitato collettivamente, non inteso come un privilegio personale. Proviamo a immaginare: trovo 11 soci, sottoscriviamo 12 quote da 500 mila lire e compriamo un «soling» di seconda mano in buone condizioni, con un certo corredò di vele. Per la manutenzione e l'esercizio spenderemo 50 mila lire l'anno a testa (non facendo regate fuori zona, né partecipando a selezioni). D'estate, anche se le vacanze dei 12 soci cadessero nello stesso mese, si avrebbe la possibilità di uscire in mare almeno per 4-5 ore a giorni alterni. Quanto basta per divertirsi e imparare molto. Ho fatto l'esempio del «soling» perché è una barca attuale e raffinata, utile come scuola-vela per tutti. Potrebbe andare benissimo un vecchio «5,50 S.l.» (se ne trovano a prezzi molto convenienti) che «bagna» meno del «soling» regge venti molto più forti senza imporre acrobazie poco gradite agli equipaggi maturi d'età. Ma a vantaggio del «soling» stanno la sua modernità e l'appartenenza a una classe olimpica. «Una barca del genere in società? Impossibile. Gli italiani sono individualisti, 12 soci per una sola barca sono una follia eccetera eccetera» sarà la prima reazione di molti lettori. Siamo infatti schiavi di luoghi comuni, perpetuati non a caso, che ci Impediscono di riconoscere noi stessi come parti di una comunità, anche sportiva. Quando cominceremo a ragionare? I prezzi delle barche e i costi di esercizio sono arrivati a tali livelli (più di 2 milioni per un «470») che il godimento individuale non ha più senso né giustificazione, a parte i casi delle «derive» minime e dell'agonismo ufficiale in vista delle Olimpiadi. In Francia e in Inghilterra si compra il «diritto alla barca» per 15 giorni l'anno («Multibat», La Croisette, Cannes), e non la barca intera. Non è una novità, anche se il sistema va estendendosi da poco tempo. Il discorso vale soprattutto per la barca da crociera. Non è assurdo che un cabinato a vela, usato 15 o 20 giorni l'anno, paralizzi un capitale di 10 o 20 mi! Moni? Qui dovrebbe scattare l'impegno Idei circoli velici. Tutti i soci dovrebbero ricondurre i circoli alla loro funzione naturale: promuovere attività sportive, nel nostro caso veliche, con la partecipazione dei soci. Ogni circolo velico dovrebbe possedere una o più barche sociali, di tipi diversi, compresa una barca-scuola, e dovrebbe stimolare gruppi di soci a unirsi per acquistarne altre da usare a turni con la consulenza di tecnici, specialisti, soci più esperti. Sarebbero quanto mai utili, per creare veri marinai, crociere su barche a vela cabinate, appartenenti al Circolo e affidate ai soci che si prenotano versando una quota proporzionata. Anche per la vela dobbiamo accorgerci che qualcosa sta cambiondo nella società e nel costume. I Circoli velici dovrebbero sentire maggiormente il problema della sicurezza in mare e istruire i loro soci anche con prove pratiche, al di là degli obblighi di legge per le patenti. Siamo in una situazione assurda: non è ammessa la navigazione oltre le 20 miglia se la barca non è dotata di impianto antincendio idrico in coperta, con pompe meccaniche e elettriche (le prime ad essere fuori uso in caso di incendio), ma si lascia libero di andar per mare anche chi non è in grado di saper tracciare una rotta, di stimare con approssimazione il punto in cui si trova, di riconoscere un faro, di valutare la tela da tenere a riva. Perché oltre alla bussola non si rende obbligatorio il contamiglia, che ci fa sapere almeno quanto cammino abbiamo compiuto in una certa direzione? Perché gli esami non sono fatti in mare, con le vele alzate e con vento gagliardo? Forse perché gli esaminatori stessi non se la sentono? Mario Fazio

Persone citate: Mario Fazio

Luoghi citati: Cannes, Francia, Inghilterra