Addis Abeba: rinforzi in Eritrea Da oggi ponte aereo per l'Italia di Alfredo Venturi

Addis Abeba: rinforzi in Eritrea Da oggi ponte aereo per l'Italia All'Asmara non si spara più, ma il dramma continua Addis Abeba: rinforzi in Eritrea Da oggi ponte aereo per l'Italia Stasera dovrebbero giungere a Roma 450 donne e bambini, avanguardia dei duemila italiani che hanno già lasciato l'Asinara - Il Sudan tenta la mediazione tra secessionisti e governo etiopico - Primi soccorsi della Croce Rossa agli eritrei (Dal nostro inviato speciale) Addis Abeba, 9 febbraio. La città di Asmara si avvia in un'atmosfera fisicamente calma e carica di sotterranea tensione, verso un importante anniversario. Fu nel febbraio di un anno fa che un improvviso ammutinamento dei soldati della Seconda divisione, di stanza nel capoluogo eritreo, diede il via alla rivoluzione etiopica. Tutto cominciò con le proteste per lo scarso soldo, la pessima qualità del cibo, il cattivo trattamento dei militari di truppa (l'ufficiale caduto sul campo, diceva fra l'altro il primo manifesto degli ammutinati, viene portato via per essere sepolto, il soldato è invece lasciato alle iene): ma i motivi più profondi, politici e sociali, presero il sopravvento. Si arrivò così, per tappe, alla sostituzione dei corrotti governi imperiali poi alla destituzione di Ailè Selassiè, quindi alla sanguinosa auto-epurazione del movimento rivoluzionario e della proclamazio- ne del «socialismo etiopico». Una delle cause che hanno affrettato la rovina del vecchio regime resta oggi il più grosso problema del nuovo. Si tratta di quella rivolta dei secessionisti eritrei che il governo provvisorio militare liquida sotto l'etichetta de) banditismo, ma non per questo sottovaluta: questa mattina altre truppe sono state viste lasciare la capitale dirette verso Nord. Oggi intanto un « Boeing 727 » della Croce Rossa ha avuto il permesso dalle autorità etiopiche di partire per l'Asmara con un carico di cinque tonnellate di viveri e medicinali. Le testimonianze dei residenti italiani arrivati oggi da Asmara confermano che in questo momento i governativi hanno il controllo della città. Dopo le cannonate udite in lontananza la notte fra venerdì e sabato, nel capoluogo eritreo non si è più udito sparare. Ieri, nelle strade di Asmara sono ricomparsi gli autobus ed alcuni negozi hanno riaperto, ma il cibo scarseggia. Domani riapriranno anche gli uffici, e il quotidiano pubblicato dal ministero dell'Informazione insiste sulla «normalizzazione» della vita nel capoluogo settentrionale. Ma a questa normalità mancherà quell'elemento che è sempre stato fra quelli caratteristici della città eritrea e senza il quale l'Asmara non sarà mai più la stessa. Invece dei cinquemila italiani di qualche anno fa, dei tremilacinquecento dell'inizio del '74 dei duemilacinquecento di alcuni mesi or sono, ce ne saranno soltanto poche centinaia. Sta per concludersi, infatti, il ponte aereo che in cinque giorni avrà trasportato ad Addis Abeba circa duemila residenti italiani di Asmara. E sta per iniziarsi — un primo volo partirà domani sera — un altro ponte aereo, attraverso il quale una buona parte di quei duemila raggiungerà l'Italia. Sono circa quattrocentocinquanta, quasi tutti bambini e donne. Ma il governo militare vuole che il trasferimento sia graduale, che non abbia gli imbarazzanti caratteri dell'esodo: e così potrà partire ogni giorno uno solo dei cinque «Hercules» dell'Aeronautica militare italiana che attendono d'imbarcare i nostri connazionali. Il fatto che l'Italia abbia mandato per questa operazione aerei militari, e non civili, ha provocato qualche critica: i grossi apparecchi con i contrassegni dell'Arma acrea urtano parecchie suscettibilità e comportano problemi di sorvolo su molti Paesi. Inoltre, sono scomodi e lenti, e questa gente ha già sofferto abbastanza. Comunqus, più che dalla rapidità degli aerei, il ritmo delle partenze sarà dettato dalle pendenze burocratiche: e per molti capifamiglia non ancora in regola con la documentazione, o ritenuti debitori fiscali, o che lavorano in una delle centouno imprese nazionalizzate dal governo, il visto di uscita è ancora un miraggio. Così, il transito ad Addis Abeba si prolunga, come si prolunga la gara di solidarietà fra le famiglie italiane di qui. Ogni casa rigurgita di ospiti venuti da Asmara e attorno alle tavole affollate si discute mestamente della fine di un'epoca. Il ministro degli Esteri sudanese, Gamal Mohammed Ahmed, è giunto stasera ad Addis Abeba alla guida di una delegazione, per « un tentativo per attivare una mediazione tra governo etiopico e ribelli eritrei ». In precedenza il presidente sudanese Nimeiry aveva rivolto un appello all'Etiopia e agli indipendentisti eritrei affinché ricerchino una soluzione pacifica del problema. Alfredo Venturi

Persone citate: Gamal Mohammed Ahmed, Selassiè