Gli ebrei estromessi dalla legge in favore degli ex combattenti di Marco Tosatti
Gli ebrei estromessi dalla legge in favore degli ex combattenti Denuncia del Rabbino della comunità di Roma Gli ebrei estromessi dalla legge in favore degli ex combattenti I benefici della 336 sono stati estesi agli ex perseguitati politici e razziali - Per poterne godere occorre un apposito certificato - Questo documento può rilasciarlo soltanto un'apposita commissione che però si è dichiarata incompetente - Un appello al Capo dello Stato Roma, 2 febbraio. Fino a questo momento i cittadini italiani perseguitati per motivi razziali, cioè i membri delle comunità ebraiche, non hanno potuto godere dei benefici dì carriera e pensionistici disposti dalle legge «336» per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato. Questo è avvenuto perché la commissione per le provvi¬ denze ai perseguitati politici e razziali ha dichiarato la sua «non competenza» sul caso. «La commissione — ha detto il rabbino capo della comunità di Roma, dottor Elio Toaff — ha dichiarato oralmente e per iscritto di non essere competente a stabilire chi va considerato perseguitato razziale, ed ha respinto pertanto ogni domanda di certificazione rivoltale dagli ebrei aspiranti ad ottenere i benefici della famosa legge "336", in quanto tale commissione venne costituita solo per attribuire determinati benefici, come regolarizzazione di posizioni Inps ed altre». La legge «336» riguarda gli ex combattenti che dipendono dalle amministrazioni dello Stato, ed è stata estesa anche agli ex perseguitati politici e razziali; il provvedimento riconosce particolari trattamenti giuridici ed economici, sìa in relazione alla previdenza che alla liquidazione. La Corte dei conti, per stabilire l'idoneità dì una persona a godere della «336», richiede il certificato di «perseguitato politico» dalla commissione, che però sostiene la propria incompetenza. I certificati presentati dalle comunità israelitiche sono stati respinti, e così anche documenti preparati da alcune prefetture. La consulta della comunità israelitica di Roma ha inviato un documento al Capo dello Stato «per far cessare una situazione vegognosa per la democrazia italiana, che colpisce ancora una volta chi ha sofferto anche troppo». Finora l'unico documento accettato è la certificazione di ex deportato o ex internato rilasciata dalle rispettive associazioni nazionali. «Ma per tutti gli altri ebrei, incarcerati, braccati, spogliati dei loro beni, delle loro aziende, espulsi dagli albi professionali, licenziati dagli uffici pubblici e privati non c'è finora nessuno che possa aiutarli con un certificato a dimostrare la loro qualità di perseguitati razziali». L'unione delle comunità ebraiche da tre anni a questa parte si è rivolta ai vari ministri dell'Interno affinché preparassero un disegno di legge che autorizzasse qualcuno a stilare il certificato necessario. «L'anno scorso — conclude Toaff — il ministro Taviani preparò un disegno di legge che inviò al Consiglio dei ministri per l'approvazione e poi alla commissione parlamentare, ma da allora tutto tace, e tutto è rimasto come prima». Marco Tosatti
Persone citate: Elio Toaff, Taviani, Toaff
Luoghi citati: Roma
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