Agli sceicchi c'è rimedio

Agli sceicchi c'è rimedio NON SONO I CANNONI L'ALTERNATIVA AL CARO-PETROLIO Agli sceicchi c'è rimedio L'Europa ha scelto la carta nucleare, con la costruzione di nuove centrali, per superare la crisi energetica - Pareri favorevoli e motivi di opposizione - Si prevede di ridurre al 40% nel 1985 la dipendenza della Comunità dalle importazioni - Tra le altre fonti: il carbone e il gas naturale - Dal 1980 diventeranno produttivi i giacimenti del Mare del Nord (Dal nostro inviato speciale) Bruxelles, 26 gennaio. / reattori nucleari salveranno l'Europa dalla crisi energetica nella quale si dibatte dall'autunno del '73, oppure saranno un rimedio peggiore del male? Nel palazzo a tre punte, sede della Commissione economica, le due tesi hanno all'incirca schiere di sostenitori equivalenti. Ma ve n'e una terza, che riesce a far superare la contrapposizione e, quasi, crea un fronte compatto: che sia più o meno valida, la carta nucleare è la sola che si possa oggi giocare. L'alternativa è quella di continuare ad essere esposti al buonumore dei Paesi produttori di petrolio. Su questa premessa essenzialmente politica, la Commissione ha elaborato un piano (che dev'essere approvato dal Consiglio) che prevede di ridurre, nel 1985, al 40 per cento la dipendenza energetica delta Comunità nel suo complesso dalle importazioni, contro il 63 per cento del 1973. Si tratta di un «progetto indipendenza» (o quasi indipendenza) analogo a quello americano, e che indica una serie di strumenti per raggiungere l'obiettivo. Il risparmio Il primo di questi strumenti è il risparmio, o meglio «l'utilizzazione razionale dell'energia». I dati relativi al 1974 dimostrano che si è già su questa strada: il consumo complessivo è aumentato dell'I,5 per cento rispetto al '73 (decisamente al di sotto delle previsioni che si facevano prima dell'embargo) e la voce petrolio in particolare ha registrato un calo del 6 per cento (la differenza è stata coperta da un maggior sfruttamento del carbone e del gas naturale). Per il futuro, il tasso d'incremento di domanda interna dovrebbe mantenersi entro il 3,5 per cento all'anno (contro il 5 per cento di cui si favoleggiava all'epoca in cui gli sceicchi avevano un carattere più docile e remissivo). Questo dovrebbe consentire, nell'85, di ridurre i consumi del 15 per cento rispetto al ritmo attuale. Aboliti gli sprechi, stabilita questa saggia economia, la Commissione pianifica gli apporti che ogni singola fonte energetica oggi a disposizione dovrà fornire nel prossimo decennio. Vediamole a una a una, incominciando dal grande accusato, il petrolio. Oggi assicura il 61,4 per cento del fabbisogno globale. Nel 1985 questa quota dovrebbe scendere al 41-44 per cento. Ma non basta: di questo 41-44 per cento, solo il 30 per cento dovrebbe arrivare dall'estero; i giacimenti del Mare del Nord (produttivi, si prevede, dal 1980) forniranno quanto manca. Il carbone, fino a ieri la cenerentola energetica, viene rivalutato. Come si sa, negli anni passati, i Paesi europei (con l'eccezione della Germania) hanno via via chiuso le loro miniere abbandonandosi all'abbraccio del petrolio, diventato oggi un po' troppo stretto. La Commissione vuole che non si chiudano altre miniere, ma non arriva a consigliare che si riaprano quelle abbandonate: ciò presenta problemi tecnici di lunga soluzione e di dubbia validità economica. Quindi nel «progetto '85» si prevede caso mai un xpiù realistico ricorso alle importazioni di carbone» la cui quota percentuale di copertura del fabbisogno energetico scende dal 22,6 per cento attuale al 17 per cento, pur crescendo lievemente in valori assoluti. Un aumento più deciso in valori assoluti, ma un sostanziale mantenimento della percentuale attuale (attorno al 3 per cento) è indicato per le fonti idrauliche e geotermiche. Passiamo invece agli astri in ascesa. Il gas naturale che soddisfa ora l'I 1,6 per cento del fabbisogno totale dovrebbe balzare al 20-23 per cento. Questo sia grazie a nuove importazioni, sia soprattutto grazie allo sviluppo della produzione comunitaria che si spera di ottenere «proseguendo attivamente l'esplorazione nelle zone che si presume contengano giacimenti». Una di queste è la Pianura Padana dove si è trovato il pozzo di Malossa e dove se ne sta trivellando un altro a Turbigo. Ma la grande protagonista del «progetto indipendenza» è l'energia nucleare. Oggi la sua quota è dell'1,4 per cento. Nel 1985 sarà del 16 per cento. Fra 10 anni l'Europa pullulerà di centrali nucleari: la Francia, soprattutto, ne sta mettendo in costruzione 10 nel '75; sempre entro V85 ne avrà installate complessivamente fra 40 e 50. Come dicevamo all'inizio, sull'avventura nucleare le posizioni sono diverse. Incominciamo dagli oppositori: secondo questi l'Europa sta commettendo un errore, sia economico, sia tecnico. Economico perché non è detto che il prezzo del petrolio debba restare sempre alto: i Paesi esportatori incominciano già a parlare di «indicizzazione negativa» (cioè diminuzione del prezzo per mantenere il petrolio concorrenziale nel caso i consumatori ricorressero massicciamente a fonti alternative). Quindi — sostengono — non è detto che la carta nucleare, oggi competitiva, lo sia anche domani. Ma insistono ancor più sull'errore tecnico. Primo: l'energia nucleare potrà fornire soltanto la cosiddetta elettricità di base, cioè quella che si immette sempre sulla rete, a prescindere dall'intensità dei consumi (che variano, come sì sa, a seconda delle ore e dei periodi dell'anno). Il reattore, dicono, è una macchina per nulla flessibile: non può produrre di più o di meno a seconda delle necessità, come invece possono fare le centrali termiche o idriche. Quindi potrà caso mai affiancare i sistemi tradizionali, non sostituirli. Pericolosità? Secondo: restano ancora insoluti i problemi della pericolosità di una centrale nucleare in funzione (potrebbe succedere di non poter più fermare una reazione) e dell'inquinamento delle scorie radioattive di uranio. Per i due ordini di obiezioni, una schiera altrettanto nutrita di tecnici ha già risposto. Per quanto riguarda i pericoli, dicono che questi oggi sono ridotti al minimo. Inquinamento: «Nulla, nella storia umana, è stato tanto inquinante come il petrolio, che sta distruggendo la vita marina. Cambieremo genere di inquinamento». Le scorie poi: da qui al Duemila, quelle francesi occuperanno uno spazio equivalente a due piscine: «Si tratterà di creare dei cimiteri, e tutto il problema sarà risolto». Ancora più decisa la risposta alle obiezioni economi¬ che: «Il problema non è più quanto si paga, ma a chi si paga. I reattori costano, certo, ma non gravano sulle bilance dei pagamenti». Ma la motivazione di fondo che ha spinto l'Europa verso l'avventura nucleare è stata un'altra: non esiste oggi alcuna altra fonte energetica in grado di assicurarci a breve-medio termine quell'indipendenza (almeno parziale) che cerchiamo dal petrolio e dai suoi produttori. L'avventura nucleare sarà forse pericolosa e costosa: lo sarebbe ancora di più mandare le cannoniere nel Golfo Persico. Gianni Gambarotta

Persone citate: Gianni Gambarotta

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Francia, Germania, Turbigo