Storia di Tripodo il "boss" mafioso accusato di molti delitti e assolto di Filiberto Dani

Storia di Tripodo il "boss" mafioso accusato di molti delitti e assolto Arrestato in un casolare del Casertano con tre gregari Storia di Tripodo il "boss" mafioso accusato di molti delitti e assolto E' sospettato di essere responsabile di traffico di droga, sequestro di persona (Paul Getty e Daniele Alemanna) e un'altra lunga serie di delitti di marca mafiosa - Non si esclude che il suo arresto possa dare il via a una sanguinosa lotta di successione (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 25 febbraio. Domenico Tripodo, «don Mico», l'uomo che viene indicato come il numero uno della mafia calabrese, è caduto in trappola. I carabinieri, che gli davano la caccia da più di un anno, lo hanno catturato a Carinola, nel Casertano. E' stato sorpreso nel sonno, in un casolare di campagna, insieme con tre gregari, tutti1 armati sino ai denti. La rapidità dell'operazione ha stroncato sul nascere ogni tentativo di resistenza: c'erano cinquantacinque carabinieri, mitra e pistole spianate, cani poliziotti. Ora che Domenico Tripodo è sorvegliato a vista nel carcere di Poggioreale, sono in molti a pensare che, forse, tanti grossi nodi della criminalità calabrese saranno sciolti. A lui, infatti, è attribuita la responsabilità, diretta o indiretta, di una serie di imprese che vanno dai delitti di marca mafiosa al traffico di droga, ai sequestri di persona (tra gli altri quelli di Paul Getty jr. e del piccolo Daniele Alemagna). Ma c'è anche chi teme che l'arresto di «don Mico» dia il via a lotte sanguinose all'interno della «'ndrangheta», l'organizzazione mafiosa calabrese. Domenico Tripodo lascia un largo vuoto ai vertici gerarchici e questo, si dice, può scatenare appetiti e ambizioni, specie fra le leve più giovani e irrequiete. La biografia di «don Mico», quale risulta da documenti ufficiali, è preceduta da una considerazione: «Ha sempre esercitato ufficialmente l'attività di autotrasportatore per conto terzi, ma come si può facilmente evincere dai suoi precedenti penali, la sua rag- \ guardevole posizione econo- ' mica non è frutto di questa attività, ma piuttosto di sistemi di mafia da lui messi in atto». Cinquantadue anni, nativo di Sampatello, provincia di Reggio Calabria, Domenico Tripodo ha nella «'ndrangheta» un ruolo di grande rispetto, qual è quello di «capobastone». Basterà ricordare che la simbologia mafiosa in Calabria è dominata dall'«albero della scienza» e che il fusto dell'albero rappresenta appunto l'autorità del capobastone. Nei quadri subalterni (tronchi e ramoscelli) vengono collocati personaggi come il contabile, il mastro di giornata, il camorrista di sgarro, il puntaiolo, il picciotto. Solo il capobastone detiene il potere decisionale (nei limiti delle I sue competenze circoscrizionali) e mantiene i collegamenti con i capi delle altre cosche mafiose, secondo norme e rituali tipici di una organizzazione clandestina. Ciò spiega l'importanza della cattura di Domenico Tripodo. «Don Mico» non ha alle spalle una storia semplice. Processato cinque volte per omicidio, e sempre assolto per insufficienza di prove, nel 1955 era stato confinato a Ustica. Non vi era rimasto a lungo. Fuggito dall'isola, aveva fatto perdere le sue tracce sino al 1964, anno in cui era stato rintracciato a Perugia. Frattanto era maturata a suo carico una accusa di tentato omicidio che gli aveva procurato sei anni di carcere. Mentre si trovava in prigione, il 28 ottobre del '69 era avvenuta sull'Aspromonte la famosa «assemblea» della mafia calabrese. La polizia aveva circondato chi vi partecipava, c'erano stati centinaia di arresti. La Criminalpol di Reggio Calabria accertò successivamente che la riunione doveva servire a «unificare» le tre più potenti cosche mafiose della Calabria: quella jonica, capeggiata da don Antonio Maciì, quella tirrenica che aveva per capo don Filippo Mirta e quella dell'Aspromonte il cui boss era «don Mico» Tripodo. Quest'ultimo, pur essendo in carcere, era stato accusato di aver organizzato l'assemblea,! grazie ai contatti che riusciva a mantenere con l'esterno. Ma il tribunale di Locri, che nel '70 processò il capobasto-i ne e altri mafiosi calabresi,1 condannò soltanto chi era I stato preso sull'Aspromonte. Scarcerato quello stesso anno, Domenico Tripodo doveva ancora scontare un periodo di soggiorno obbligato. Era stato destinato a Lodi e successivamente a Fondi, in provincia di Latina, dove aveva trovato modo di inserirsi nelle attività del mercato ortofrutticolo e dell'industria edilizia (.«Facendo valere la sua personalità di mafioso, spadroneggia non solo nella zona di Latina ma anche nei Comuni viciniori» dirà di lui un rapporto della polizia all'autorità giudiziaria). Giugno 1971: arriva l'ordine di trasferire «don Mico» ma l'uomo riesce ad eclissarsi. Settembre 1972: il capobastone viene arrestato a Torino, dove si era stabilito da qualche mese, e condotto all'isola di Asinara, in Sardegna. Novembre 1973: Domenico Tripodo torna sotto scorta nel continente per essere ricoverato in un ospedale ma dopo pochi giorni scompare; ripreso, scompare di nuovo. Da allora è passato più di un anno e di cose ne sono successe tante. Il nome di «don Mico» si riaffaccia con veemenza ogni volta che si riprendono le fila di vecchie e nuove vicende criminose. Di lui si parla, tra l'altro, come mandante di un omicidio ed un tentato omicidio avvenuti nello scorso novembre a Reggio Calabria e dei quali sono state vittime i fratelli Giovanni e Giorgio De Stefano; si dice anche (ma su questo capitolo i carabinieri sono abbottonatissimi) che la sua cosca abbia avuto una parte di primo piano nei rapimenti di Paul Getty, di Daniele Alemagna, di Franco Cribari e di Francesco Cali; inoltre si dà quasi per certo che il capobastone tenesse le fila di un vasto traffico di banconote false praticato da un capo all'altro della penisola con carri funebri. Il giro degli affari illeciti non si ferma qui. I carabinieri battono parecchie piste, droga, contrabbando di sigarette, tangenti di varia natura, che potrebbero portare a scoprire uno stretto legame tra la «'ndrangheta» calabrese e la camorra napoletana con gli affiliati in attività al Nord. Gli sviluppi dell'indagine, che si preannunciano clamorosi, sono attesi a breve scadenza. Filiberto Dani 1 Napoli. Domenico Tripodo poco dopo la cattura (Ap)