I fascisti scatenati assediano il tribunale al processo per la strage di Primavalle di Fabrizio Carbone

I fascisti scatenati assediano il tribunale al processo per la strage di PrimavalleNuovi scontri, cariche della polizia, aggressioni I fascisti scatenati assediano il tribunale al processo per la strage di Primavalle Tentano d'impedire l'ingresso in aula degli extraparlamentari di sinistra, amici dell'imputato Achille Lolle) - Il deputato missino Marchio: "Lollo libero lo impicchiamo noi" - Insultato un giornalista Roma, 25 febbraio. La seconda udienza del processo per il «rogo di Primavalle» si è arenata su uno scoglio pratico e non giuridico: gli avvocati di parte civile, i difensori di Achille Lollo e il pubblico ministero erano tutti d'accordo per mettere in funzione l'impianto di registrazione e poter ascoltare «anche i respiri» dell'unico imputato presente in aula (Marino Clavo e Manlio Grillo, accusati anche loro di strage per l'incendio doloso in cui morirono Virgilio e Stefano Mattei, sono latitanti). Ma rimpianto non era in funzione e così l'udienza è stata rinviata a venerdì prossimo. Prima c'era stata la rievocazione - relazione del presidente Giovanni Salemi: i precedenti, la notte dell'incendio, le indagini. Anche questa udienza è stata caratterizzata da un clima pesante di tensione per la presenza massiccia dei provocatori e degli squadristi missini che aspettano solo un accenno di scintilla per scatenarsi: urla, insulti, minacce. E' una orchestrazione precisa, studiata. Come ieri gli incidenti si sono verificati dentro e fuori l'aula del piano terra. Lo spiegamento dei carabinieri e degli agenti di polizia ha impedito scontri più gravi: la cittadella giudiziaria è circondata strategicamente e abbastanza controllabile. Con tutto questo i picchiatori fascisti riescono a prendere posizione dall'alba e formano un muro alle transenne d'ingresso. Con le macchine si muovono intorno al tribunale e dalle macchine scendono di corsa non appena hanno individuato un gruppo di extraparlamentari di sinistra. Dagli uffici della pretura sono stati visti caricare bastoni e sassi su cinque automobili. Un magistrato ha informato del fatto i carabinieri che stanno ora svolgendo le indagini. Alle 9,15 i primi incidenti: ammassati all'ingresso del «penale» i neofascisti impediscono l'entrata ai gruppi extraparlamentari di sinistra. Una decina di questi ultimi incappano in un «blocco»: vengono circondati e dagli insulti si passa ai calci e ai pugni. Polizia e carabinieri caricano immediatamente, manganelli alzati. Le due fazioni si dividono: l'azione delle forze dell'ordine dura pochi mi- nuti ma è durissima soprattutto contro gli estremisti di destra rimasti imbottigliati in un cortile interno. Il processo comincia con l'aula affollata. Fuori dalla porta centrale i missini proseguono la loro opera quotidiana di provocazione, lanciando parolacce contro tutti quelli che entrano e non conoscono. Il fotografo de «Il Secolo d'Italia» (il foglio del partito di Almirante) è interessato a riprendere, uno per uno, i giornalisti presenti. Il fatto più grave è accaduto a udienza finita. L'avvocato missino Michele Marchio, testimone al processo, deputato al Parlamento in sostituzione del defunto generale De Lorenzo, ha preso lo spunto da una aggressione verbale contro un giornalista, il redattore dell'Agenzia Italia Romano Milani, per scandire a voce alta, seguito dai suoi: «Lollo libero, lo impicchiamo noi». C'è da dire inoltre che contro il giornalista erano piovuti insulti irripetibili, senza motivazione. Su questo episodio YAvantì! di domani pubblicherà un corsivo. Il giornale socialista denuncia il clima di aperta intimidazione del «bivacco di manipoli» squadristi, abituati ai tribunali speciali, ai linciaggi, alla Repubblica di Salò e alle fucilazioni. «Noi domandiamo — scrive il giornale del psi — al primo presidente della corte d'appello e al primo presidente del tribunale se ritengono che, in queste condizioni, la terza corte d'assise di Roma sia realmente in grado di rendere giusti zia o se, come si ha ragione di temere, la sentenza debba scaturire dalla paura fisica e morale che sui giudici, uomini come gli altri, finirà con il prevalere su ogni diritto o retta applicazione della legge». Il comitato di redazione dell'Agenzia Italia ha emesso stasera un comunicato affermando che «contro la teppaglia fascista — in doppiopetto o con manganello — lo Stato deve intervenire con la più assoluta decisione, a salvaguardia delle istituzioni democratiche, della libertà di stampa e dell'incolumità dei cittadini». Che dire del dibattimento in aula? Il presidente Salemi ha svolto una pacata relazione dei fatti immediatamente precedenti all'incendio doloso che provocò la morte dei due fratelli Mattei, secondo i verbali di polizia giudiziaria, dei primi interrogatori a caldo degli scampati e delle indagini che portarono alla individazione di Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, presunti responsabili di strage. Salemi ha parlato di processo indiziario e di testimoni chiave: U missino Angelo Lampis, imputato a piede libero per falsa testimonianza, e lo spazzino Aldo Speranza, accusato di incendio doloso, detenzione e trasporto di materiale esplosivo, fabbricazione di ordigni esplosivi. La relazione — ha concluso — servirà ai giudici per avere un quadro generale di una situazione complessa e ricca di interrogativi. Punto centrale è l'incendio: scoppiò all'interno o all'esterno di casa Mattei? Fabrizio Carbone Roma. Angelo Lampis (Telefoto Ansa)

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