Bertoli: si contraddicono i testimoni dell'attentato di Francesco Fornari

Bertoli: si contraddicono i testimoni dell'attentato Il processo per la bomba alla questura Bertoli: si contraddicono i testimoni dell'attentato Tutti hanno descritto in modo diverso il lancio dell'ordigno e il comportamento del sedicente anarchico - Un detenuto ("sono nazista"), che accusava Bertoli di non essere capace di agire da solo, ritratta in aula : "Lo dissi per far piacere al giudice" (Dal nostro inviato speciale) Milano, 21 febbraio. Chissà che cosa sarebbe accaduto se Bertoli non avese confessato di essere l'autore dell'attentato di via Fatebenefratelli: stamane i racconti dei testimoni hanno creato soltanto una gran confusione, sovente si sono contraddetti a vicenda. Ognuno ha visto le cose a modo suo: chi è certo che Bertoli ha lanciato la I bomba facendo il classico gesto insegnato alle reclute durante l'addestramento; chi afferma di avergliela vista scagliare come un sasso; chi l'ha notato in un posto, chi dieci metri più lontano. Chi assicu-1 ra che subito dopo ha cercato di allontanarsi, di scappare; chi dice che, al contrario, non si è neppure mosso. Si tratta, ovviamente, di un paradosso: vi sono molti altri fatti che dimostrano a sufficienza la responsabilità dell'anarchico Nella prima parte dell'udienza hanno deposto alti ufficiali, agenti, carabinieri, uo- j mini e donne che quella mat1 tina hanno vissuto un'indi| menticabile e tristissima i esperienza. C'era Roberto Bo netti, il barista che pochi mi ■ nuti prima aveva servito una ì bibita all'imputato (Bertoli | nega di averla bevuta); il ca i rabiniere Giancarlo Aloisi, \ uno dei primi a balzargli ad > importante e significativa ; L'Aloisi, infatti, è forse l'uni | dosso dopo l'esplosione. La sua è stata la deposizione più tps1 co in grado di descrivere ctì^V^ .esattezza i movimenti del] c I Bertoli prima e dopo l'atten-1 tato perché gli aveva tenuto gli occhi addosso già da parecchi minuti, «insospettito» dal suo atteggiamento. «E' sempre rimasto solo, con le mani in tasca. Era vicino a me, non si è mai mosso». Il teste ha detto che l'anarchico ha fatto «un movimento repentino: con la mano destra ha lanciato qualcosa, un affate nero, poi ha cercato di allontanarsi». La bomba non era ancora esplosa quando il carabiniere I gli è balzato addosso. «Non l'ho sentito gridare, gli ho vi- -, sto soltanto lanciare l'ordigno e poi cercare di andar via», j Ciò contrasta con le dichiarazioni dell'imputato, che ha sempre sostenuto di aver gridato una frase inneggiante a Pinelli per «dare un significato al mio gesto e farlo capire a tutti». Subito dopo il Bertoli è stato circondato da una fella minacciosa. Sono volati pugni: colpito, Aloisi è svenuto. Preso a bastonate anche il colonnello Piero Rossi, dei carabinieri. Il colonnello ha detto però di aver sentito l'imputato gridare: «Viva Pinelli». Ha ag- ì giunt0 che sec0ndo lui non ha ì tentat0 di scappare: «Voleva essere linciato, urlava: "lasciatemi qui", mentre la gente spìngeva per afferrarlo e tra scinarlo via». Anche l'ex agente Pietro Carlucci è certo che Bertoli abbia gridato qualcosa mentre lanciava la bomba. «Non ricordo bene, ma disse il nome dì Pinelli» E' la volta di Pierino Coser attualmente detenuto nel car- i cere di Volterra dove sconta ' una condanna a 12 anni di re- ! clusione. Definito nella sen-1 tenza di rinvio a giudizio «ti-, pico esponente della malavita j padovana con idee nazional socialiste», è l'uomo che per primo aveva detto al giudice I istruttore Lombardi che Ber- toh «per incapacità di trasformare in azione le sue idee e per mancanza di mezzi aveva sempre la necessità di appoggiarsi a qualcuno, era in realtà un gregario che si faceva V^S^^T^Tta contrasto TaùèSto catorbia? contrasto a quanto caparbia- mente sostenuto dal Bertoli. Coser aveva conosciuto l'imputato nel '68, nel carcere di Venezia. Coser, a sorpresa, rinnega tutto: non è vero che Bertoli fosse un ubriacone; non è vero che lo riteneva incapace di aver agito da solo; non è vero I che fosse privo di personalità. ' Il pm Riccardelli e la parte civile insorgono, chiedono spiegazioni. Il presidente Del Rio agita il fascicolo dell'istruttoria per imporre silenzio. Imperturbabile Coser dice che «il giudice istruttore Lombardi mi convocò per interrogarmi (risulta, invece, che fu egli stesso a chiedere al magistrato di essere interrogato. N.d.r.). Voleva sapere da me cose che non potevo rivelare perché non le sapevo». «Si spieghi meglio», esorta Del Rio. «Non potevo sottrarmi all'interrogatorio perchè era ancora aperta la mia istruttoria presso lo stesso giudice Lombardi e ciò avrebbe potuto pregiudicare ì miei interessi — dice infine il teste — doveva decidere in merito alla mia richiesta di libertà provvisoria. Diedi risposte di comodo che in parte corrispondono al vero, in parte no». A che cosa è dovuto questo improvviso voltafaccia? E' un altro interrogativo che si aggiunge ai molti affiorati durante l'istruttoria e nelle prime giornate del dibattimento. La figura dell'anarchico, squarciata a tratti da lampi improvvisi (la sua amicizia con Tommasoni, amico di Freda; l'accusa di concorso in strage con Eugenio Rizzato, l'ex repubblichino, capo riconosciuto della cellula fascista eversiva padovana della «Rosa dei venti») si tinge sempre più di nero. Francesco Fornari I 1 Milano. Gianfranco Bertoli in aula (Telcfoto Ansa)

Luoghi citati: Milano, Venezia, Volterra