Un grande della musica moderna di Massimo Mila

Un grande della musica moderna Un grande della musica moderna Scompare in modo brutalmente repentino uno dei protagonisti della musica contemporanea. Se Dallapiccola è stato il vicario dell'espansione dodecafonica in Italia, il valore artistico delle sue opere straripa fuori dal quadro nazionale, per assurgere a importanza mondiale. La cosa si farà tanto più evidente quando le nebbie inevitabilmente connesse coi fatti presenti si saranno dissipale. Nato a Pisino d'Istria il 3 febbraio 1904, Dallapiccola traeva dalla patria istriana — la patria di Svevo, la terra segnata dalla presenza di Joyce — quell'alacre irrequietezza, quell'insaziabile curiosità intellettuale ch'egli stesso attribuiva ad una terra situala all'incrocio di tre frontiere. «E' ben noto quali buoni conduttori siano le frontiere per le mescolanze di razza e di sangue; inoltre la mentalità che si incontra nelle regioni di frontiera è molto diversa da'quella che generalmente si trova all'interno di un Paese. Come definire tale mentalità? Forse con l'aggettivo "irrequieta"». E irrequieto Dallapiccola lo era, oh se lo era, fino al punto di consumare troppo presto l'esistenza nella totale incapacità di riposo, nella smania di «fare». Portava dentro una fonte inesauribile d'idee artistiche, non era mai alla ricerca di un tema, di un argomento, di un nuovo stile. Sicurissimo di quel che faceva, cercava soltanto il tempo per dire tutto quello che aveva dentro. Un bisogno irresi- stibile di valicare burriere e frontiere, congiungendo nell'universalità dell'arte esperienze lontane, governa tutta l'opera dì questo musicista, che da giovane, nella sua stanzetta fiorentina tappezzala di manifesti ferroviari e di viaggio, teneva costantemente il passaporto bene in vista sul tavolo di lavoro. «Se no — diceva — mi sembra d'essere in prigione». Attraverso la sua mediazione la musica italiana ha preso contatto con le trasformazioni del linguaggio operate nella cerchia dell'espressionismo viennese ed è così entrala in una nuova fase della sua evoluzione, tuttora in pieno svolgimento. Iniziato lo studio del pianoforte a sei anni, lo continuò a Trieste, dopo l'internamento della famiglia a Graz durante la prima guerra mondiale, e poi a Firenze, dove si trasferì nel 1921, iscrivendosi a quel Conservatorio. Comincia a dare concerti di pianoforte, dedicati specialmente a musica recente (i Quadri d'una esposizione di Mussorgski erano uno dei suoi successi), e si volge alla composizione. Un viaggio a Vienna e a Berlino, nel 1929, lo pone in contallo con Egon Wellesz e Wladimir Vogel. Fin dal 1924 aveva avuto occasione di ascoltare il Pieirot lunaire di Schònberg, con miglior frutto di quanto ne avesse tratto, nella medesima occasione, Puccini. Nel 1931 entrò al Conservatorio di Firenze come insegnante di pianoforte complementare e nel 1934 vinse il concorso per la relativa cattedra. Ma al suo insegnamento privato si perfezionarono molti giovani compositori. Cominciò ad affermarsi col successo della Partita (1933). In quell'anno conobbe a Firenze Alban lierg. Viaggiò poi a Praga e a Vienna (1935), e a Ginevra ( 1936), dov'era già stato eseguito il suo Divertimento per soprano e 5 strumenti (1934), e dove la sua Musica per tre pianoforti (1935) vinse un concorso. Nel 1956 a Parigi conobbe Militatiti e Poulenc. Nel 195S l'ascolto di Das Augenlicht di Webern, a Londra, gli causò profonda impressione, Conoscerà poi Webern a Vienna nel 1942. Frattanto lavorava alla sua prima composizione teatrale, l'opera in un atto Volo di notte, di cui s'era tratto egli stesso il libretto dal romanzo di Saint-Exupéry. La cultura letteraria di Dallapiccola fu un fattore essenziale della sua personalità: nella sua stessa formazione musicale, Proust, Joyce e Thomas Mann ebbero importanza pari a quella di Mahler, Schònberg, Webern. In genere la sua produzione musicale, in larga misura destinata al canto, si vale d'una scelta accortissima dei testi letterari: la parola fu un elemento di primaria importanza netta sua musica. In coincidenza con l'adozione del metodo dodecafonico, nell'atmosfera d'oppressione del fascismo, maturarono le tipiche ispirazioni «carcerarie» di Dallapiccola: i Canti di prigionia per coro e strumenti (1938-41), una pietra miliare della musica moderna, e l'opera II prigioniero (1944-49), su libretto ch'egli si era tratto da uno dei Contes ctuels di Vittiers de l'Isle-Adam, mescolandovi spunti della Legende d'Ulenspiegel di Charles de Coster. Sono documenti cospicui dell'intensa partecipazione di questo musicista alla problematica del nostro tempo. Una vigile coscienza morale sostanzia infalli le trasformazioni del linguaggio e l'evoluzione stilistica del compositore. Dopo la guerra Dallapiccola si recò a Londra per ottenere la riammissione dell'Italia nella Società internazionale di Musica Contemporanea, e diede concerti a Parigi, a Bruxelles, in Svizzera e a Copenaghen. Nel 1951 si recò per la prima volta negli Stati Uniti e tenne un corso di composizione nella scuola estiva di Tanglewood. Ritornò in America l'anno seguente, incontrandosi con Thomas Mann e con Toscanini, e spingendosi a Città del Messico per un concerto di musiche sue. (Ohimè, ricordo che mi raccontava della fatica fisica provata a dirigere l'orchestra a 2400 metri di altezza). Nel 1956 e 1959 tenne corsi di composizione al Queen's College di New York e nel 1962 all'Università di Berkeley, Califor¬ nia. Nel 1964 insegnò «//'Instituto Toronato di Telia a Buenos Aires. La sua produzione si era costantemente arricchita, sia di lavori per il teatro, come il balletto Marsia (1942-43) e l'azione sacra Job (1950), sia di composizioni strumentali e vocali, come le Liriche greche (1942-45), i Canti di liberazione (1951-55), la cantata An Mathilde e quella recentissima, Commiato, i Cinque canti per baritono e 8 strumenti, le due Tartiniane per violino e orchestra, il Quaderno di Anna Libera per pianoforte, il Concerto per la notte di Natale (1937), il Requiescant per coro e orchestra (1958), le Preghiere per baritono e orchestra da camera (1962), le Parole di San Paolo per una voce media e alcuni strumenti (1964). Con la grande opera Ulisse, rappresentata per la prima volta a Berlino nel 1968, aveva coronato trionfalmente un progetto di tutta la vita. Nell'insonne navigatore omerico si rifletteva ancora una volta quello «spirito di frontiera», quella benefica irrequietezza della inente, quel gusto dell'avventura intellettuale ch'egli ripeteva dalla patria istriana e di cui tutta la sua musica è espressione. Nell'estate del 1972, in Inghilterra, lo avevano colto i primi sintomi di affaticamento cardiaco, li suo fisico avrebbe avuto bisogno di riposo, ma il suo spirilo ne era totalmente incapace. Massimo Mila