"Un'auto che duri il doppio ma che non costi il doppio" di Giulio Mazzocchi

"Un'auto che duri il doppio ma che non costi il doppio"Inchiesta Aci sulPindustria automobilistica "Un'auto che duri il doppio ma che non costi il doppio" Il futuro dell'occupazione dipende dalle decisioni governative - I pareri di Sette, Girotti, Camiti, Trentin, Umberto Agnelli, Mattei, Cortesi, Parravicini e Luraghi Roma, 18 febbraio. Il destino degli occupati nell'industria dell'auto e in quelle collegate dipende enormemente da una serie di decisioni che dovrebbero essere prese a livello di governo. Questo sembra poter essere il succo di un'inchiesta giornalistica di vertice condotta dal presidente dell'Automobile Club, avv. Filippo Carpi. Se ne ha oggi notizia da una lettera che egli trasmette in merito ai presidenti delle associazioni locali degli automobilisti. Per dare un'idea di come la crisi post-petrolifera dell'auto incide negativamente anche su altri settori, e molto nel Sud, valga la dichiarazione dell'avvocato Sette, presidente dell'Efim (gruppo di Sta¬ to): la Siv, che ha sede in Abruzzo e lavorava moltissimo per le case automobilistiche, ha perso di colpo la metà della sua produzione di vetri. Una caduta ancora peggiore ha toccato la fabbrica pugliese Brema-Firestone di pneumatici dell'Efim. L'avvocato Sette fornisce inoltre una notizia del tutto inedita: si sta preparando una società finanziaria che raggruppi tutte le imprese italiane che lavorano per il trasporto ferroviario. Dovrebbe essere costituita entro un anno. I produttori di autobus continuano, invece, a incontrare gravi difficoltà soprattutto perché «ogni Comune vuole il suo autobus fuoriserie». Ma il dato principale dell'inchiesta è che occorre pensare «a un'automobile che duri di più e consumi meno benzina», dice il presidente dell'Eni Girotti. Anzi: «Si dovrà puntare soprattutto sui motori diesel». E' un'opinione generale. Camiti: «Nel futuro dell'automobile ci saranno nuovi problemi che toccano direttamente la qualità dell'automobile». Trentin: «Si tratta di riprogettare l'automobile». Umberto Agnelli: «Il problema è di costruire un'automobile che duri il doppio ma che non costi il doppio». L'esigenza di creare un'automobile diversa deriva dal fatto che «non è pensabile», dice il presidente dell'Iri Petrilli, che il problema della mobilità sia risolvibile solo mediante il trasporto pubblico. Così dice pure l'avvocato Sette, il cui gruppo è presente in tutti i settori del trasporto, tranne che nell'auto. E così pure Camiti: «Non è pensabile rispondere alla crisi petrolifera tornando a un modulo di civiltà rurale ». Pure, per giungere ad avere l'auto nuova, del domani, occorre che il governo prenda delle decisioni. Secondo il direttore della Conf industria, Mattei, il problema sarebbe di ridurre il costo della benzina, facendone aumentare le vendite, laddove tutti gli altri intervistati (compreso l'amministratore dell'Alitalia Nordio) puntano invece a riduzione delle importazioni energetiche. Secondo molti il problema essenziale è infatti che il governo definisca esattamente il futuro energetico italiano. Per l'amministratore dell'Alfa Romeo, Cortesi, «il governo dovrebbe studiare come sostenere l'industria dell'auto, non già con nuove imposizioni fiscali, ma predisponendo per esempio misure finanzia rie straordinarie in aiuto al l'esportazione». Precisa Umberto Agnelli: «Mi si deve dire qual è il consumo delle automobili che potrà essere fatto dagli italiani, impostando le relative leggi programmatiche e fiscali e, di conseguenza, consentendo di stabilire la quota da destinare all'esportazione». Conclusioni? Sembra trarle il professor Parravicini, presidente del Consiglio scientifico della programmazione (oltre che del Medio credito): «Quella attuale è una crisi della società e delle sue strutture. E' il potere politico che ha nelle mani i mezzi per risolverle». E Luraghi, ex presidente dell'Alfa Romeo: «L'industria dell'auto è in Italia una delle poche che non soffra di ritardi tecnologici ver¬ so l'estero. Criminale sarebbe quindi da parte dei nostri governanti non dico uccidere, ma mortificare questo settore». Giulio Mazzocchi

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