Bartok con Schubert da Bruxelles e programma russo con Aronovitch

Bartok con Schubert da Bruxelles e programma russo con Aronovitch I concerti all'Unione musicale e all'Auditorium Bartok con Schubert da Bruxelles e programma russo con Aronovitch Un quartetto d'archi costituisce il perno dell'« Ensemble instrumentale di Bruxelles », con l'aggiunta di un pianista ed occasionalmente anche di altri esecutori. Si intitola a Brahms, ma nel concerto tenuto per l'Unione musicale Brahms era presente soltanto indirettamente, nella palese imitazione del giovanile Quintetto di Bartók, scritto nel 1904 sotto l'influenza dell'amico Dohnany, autorevolissimo filobrahmsiano. Era quella per Bartók un'epoca — si potrebbe dire con Vittorini — di « astratti furori » giovanili: lugubri adagi, allegri scatenati e vivacissimi, sonorità piene e ipertese, unisoni fastidiosi, tutto è spinto all'eccesso e alla esagerazione, salvo l'originalità. Bartók non era ancora nemmeno alla ricerca di se stesso, contento della bravura artigianale nell'imitare le strutture accademiche di Brahms, con uno spolvero di vivacità zigana. Sostituito il secondo violino col contrabbassista Maurice Aerts, il complesso ha poi eseguito il prezioso Quintetto della trota di Schubert, dimostrando l'esperienza dei componenti, tutti competenti musicisti camerali, un po' sovrastati dalla bravura del pianista Van den Eyden e del primo violino Augostin Leon Ara. Vivissimi applausi e bis. Programma russo all'Auditorium sotto la direzione di Juri Aronovitch, che in queste cose è maestro e si vale d'un sicuro controllo dell'orchestra per estrarne ogni sorta di magie timbriche, fino agli estremi del forte, ma anche, fortunatamente, agli estremi del piano. Il secondo Concerto per pianoforte e orchestra appartiene agli anni ruggenti di Prokofiev, quando il giovane musicista mandava in bestia il timorato pubblico russo con ardimenti che oggi non impressionano più nessuno. E' una macchina per suonare, questo Concerto, che Prokofiev si era costruita su misura per le sue potenti mani di virtuoso. L'ha fronteggiato degnamente la pianista Laura De Fusco, eccellente prodotto di quella scuola napoletana di Vincenzo Vitale che rinnova ai giorni nostri i fasti d'una tradizione locale pressoché ininterrotta fin dal Seicento, quando il napoletano Trabaci era uno dei pochissimi organisti capaci di reggere il confronto col grande Frescobaldi. Prima esecuzione in Italia, e pertanto attesa con curiosità, una versione del poema sinfonico di Mussorgski Una notte sul Monte Calvo, col concorso del coro e d'una vo¬ ce di basso. Questo pezzo, che aveva già avuto una prima origine collegata al teatro, per un dramma su Le streghe, d'un certo barone Mengden, fu da Mussorgski inserito nella sua opera comica La fiera di Sorocintsi, sotto forma di racconto d'una visione diabolica. Ma l'opera rimase incompiuta, e solo nella stesura per canto e pianoforte. Provvide poi a strumentarla il compositore Shebalin, che dovette perciò ritoccare l'orchestrazione originale del poema sinfonico, per far posto alle voci. Queste sono infatti semplicemente sovrapposte, placcate sulla partitura, senza che in realtà intervengano nuove invenzioni musicali. Splendida conclusione del concerto con L'uccello di fuoco si Strawinsky. Sala pienissima, e grandi applausi al direttore, alla pianista, al basso Boris Carmeli e al maestro del coro Fulvio Angius. Curiosa reazione del direttore agli applausi dopo il pezzo di Mussorgski: sollevata la partitura dal leggìo l'ha mostrata ripetutamente al pubblico, tributando così un onore eccessivo a Vissarion Shebalin, perché tutto sommato, il pezzo suona assai meglio nell'incisiva orchestrazione originale del poema sinfonico. m. m.

Luoghi citati: Bruxelles, Italia