Urbino: messo in libertà l'uomo arrestato per il furto. Chi l'accusa è un mitomane?

Urbino: messo in libertà l'uomo arrestato per il furto. Chi l'accusa è un mitomane? E' ancora "distante,, la possibilità di recuperare i quadri rubati Urbino: messo in libertà l'uomo arrestato per il furto. Chi l'accusa è un mitomane? L'inchiesta riprende da capo - Gli indizi contro Antonino Arcidiacono si sono rivelati inconsistenti - Stefano Serpa, l'«accusatore», resta in carcere - Ora deve rispondere anche di calunnia - Eppure, continua a dire di essere stato l'autore materiale del furto (Dal nostro inviato speciale) Urbino, 14 febbraio. A sera, colpo di scena nell'inchiesta per la razzia di Urbino: Antonino Arcidiacono, l'agente immobiliare di Milano arrestato ieri l'altro per furto aggravato, è stato liberato. Gli indizi raccolti a suo carico si sono rivelati inconsistenti e la sua posizione è apparsa del tutto chiara al sostituto procuratore della Repubblica, Gaetano Savoldelli • Pedrocchi, che ne aveva ordinato l'arresto. Antonino Arcidiacono è ap parso sulla porta del carcere, nella stradetta di via San Gerolamo, alle 19,15. Era tranquillo. Accanto, il suo legale, Luciano Merlini, raggiante. «Perdono chi mi ha accusato — ha detto —. E' questa la prima volta che vengo ad Urbino. Quel pazzo, davanti a me, ha detto al magistrato che ero assieme a lui, la notte di giovedì dell'altra settimana, a portar via i quadri dalla gallerìa. Mi ha compromesso, io ho un'attività, sono stato messo in mostra, rovinato, comunque lo perdono, dev'essere un folle». «Quel pazzo» è Stefano Serpa, 24 anni, il calabrese arrestato la notte scorsa a Torino. E' lui che ha messo in moto l'indagine che ha portato ai cinque ordini di cattura; è lui che per primo con il capo della Criminalpol di Napoli, Arcuri. con il ministro plenipotenziario Siviero e, ancora ieri sera con il vicequestore di Torino, Montesano, si è autoaccusato del furto di Palazzo Ducale ed ha fatto, con il nome di Antonino Arcidiacono, quelli di altri tre complici. Adesso è in carcere e contro di lui c'è una nuova accu- sa, quella di calunnia ed auto- - calunnia. Lasciando l'antica villa dei Girolmini, adattata a carcere, il magistrato è apparso sereno: «Ero stato costretto ad emettere i provvedimenti restrittivi: mi erano stati portati indizi sufficienti; ma ora tutto cade e l'inchiesta riprende da capo. Purtroppo, la pista labile che ci faceva intravedere il ritorno dei quadri nella pinacoteca, s'è definitivamente chiusa». Sulla scena, adesso, c'è rimasto soltanto il personaggio «chiave» dell'inchiesta, Stefano Serpa, sommozzatore a Ventimiglia, uomo del «clan» calabrese che, in Liguria, monopolizza il controllo delle notti «balorde». Piccolo, lo sguardo di chi è salito sul «ring» troppo giovane, il volto e il naso sformati dai colpi che lo hanno costretto a lasciare in fretta il giro delle palestre di quart'ordine, oggi si accusa del furto del giorno, ma, ad Urbino, nessuno lo crede. Non ha «le physique du róle», non mostra i riflessi pronti. Dice di poter recuperare i «Piero della Francesca» ed il dipinto di Raffaello, scomparsi dalle sale dei Montefeltrc. ma alla prima domanda di Montesano «batte le ali come una farfalla in gabbia». Eppure, nei giorni scorsi, è stato creduto ed il sostituto procuratore di Urbino ha firmato cinque ordini di cattura. Savoldelli-Pedrocchi, stamattina, lo ha visto soltanto per pochi minuti. «Lei è qui — gli ha detto — per dire la verità, la interrogherò stasera, in carcere; rifletta bene su quello che vuol dire». Il magistrato lascia il commissariato di polizia ed i giornalisti riescono a parlare con Stefano -1 Serpa. E' l'uomo che, per pri¬ mo, ha avvicinato a Napoli il capo della Criminalpol Arcuri, è l'informatore che, per tre ore, è rimasto a colloquio con il ministro plenipotenziario Siviero. Il suo gioco si è rive lato scadente, ma ancora oggi sostiene la parte e «spara a zero» su entrambi. «Arcuri ha sbagliato» dice nascondendo il volto ai fotografi. «Siviero non ha capito, dovevano lasciar fare a me». Poi si decide, si volta ai «fla- shes» con un sorriso incerto e risponde: «Sono stato io a rubare, ho portato fuori i quadri tra l',30 e le 2,15». Dice di essere entrato nel pomeriggio a Palazzo Ducale e di aver atteso l'ora della chiusura. «Sono rimasto nascosto, ho succhiato delle caramelle per passare il tempo». Quando gli si domanda quale sia stata la strada percorsa per lasciare la pinacoteca, resta nel vago e taglia corto: «Non entriamo in particolari». Dove sono i quadri? «Si possono ritrovare — risponde Serpa con un sorriso smorzato, lo sguardo spento —. Sono ancora in Italia, li ho avuti in mano per un paio d'ore; mi si lasci libero: ho tre mandati di cattura sulle spalle, mi si lasci andare ed io riconsegno i quadri». Promette, assicura, giura. Ha il sorriso di chi si diverte; si sente un protagonista. Un mitomane, un balordo, coinvolto in un gioco pericoloso? E' presto per dirlo. Il compito è del magistrato: la polizia è scettica, c'è grande prudenza. I funzionari sfogliano il fascicolo di Stefano Serpa e viene fuori un solo episodio che lo accredita come fuorilegge: una rapina. Gli è stata attribuita dalla questura di Imperia che, per questa storia, ha accostato il suo nome a quello più noto di Vincenzo Mammoliti, il bandito calabrese implicato nel rapimento di Paul Getty junior, nipote dell'uomo più ricco del mondo. Parla degli uomini che ha denunciato: «Mi hanno "bidonato" — dice — mi hanno lasciato al secco». Su Antonio Arcidiacono, l'agente immobiliare di Milano che per primo è finito nel carcere di San Girolamo ad Urbino, insinua tranquillo: «E' un intermediario». Chi è Stefano Serpa, se non è l'autore del furto; perché ieri notte si è costituito alla Criminalpol di Torino? Francesco Santini Stefano Serpa